Ciao Boca, è stato comunque bello sognare con quel din don, din don, din don!

mercoledì, 02 Agosto 2017

 

Addio Boca, è stato bello. Adesso è ufficiale: Riccardo Bocalon è un giocatore della Salernitana: ha firmato un contratto di tre anni, fino al 30 giugno 2020.

Lascia Alessandria, dopo aver indossato la maglia grigia, in partite ufficiali, 85 volte, e aver realizzato 39 gol.

Vignetta di Carlo Dossola.

 

Pur avendo clamorosamente fallito la promozione in serie B, resterà per sempre il simbolo di quei Grigi, giunti fra mille sorprese alle semifinali di Coppa Italia dopo aver fatto fuori nell’ordine Palermo, Genoa e Spezia.

A sigillare le mitiche vittorie di Marassi e del “Picco” ci pensò proprio Bocalon: un gol al Grifone e due, pesantissimi, nella rimonta contro gli Aquilotti del Golfo che sono valsi l’ingresso nella storia dell’Alessandria allora allenata da Angelo Gregucci.

Da allora il Doge è diventato una sorta di “bello di notte”, tanto per copiare l’espressione che l’Avvocato Agnelli coniò per definire Boniek dopo quella finale di Supoercoppa Europea contro il Liverpool.

Numeri importanti per un ragazzo predestinato, che in Lega Pro è diventato uomo a suon di gol e con tante maglie diverse, la più preziosa certamente quella grigia.

Lo abbiamo conosciuto come il classico bravo ragazzo della porta accanto.

Il cognome non tradisce le sue origini, Venezia. Ci è subito piaciuto anche perché la sua passione per il calcio è nata per strada come succedeva spesso una volta, quando i ragazzini pensavano a giocare a pallone e a divertirsi mentre adesso probabilmente si pensa solo a stare sul telefonino o sui social, una tendenza che purtroppo sta prendendo sempre più spazio.

L’Inter, che lo prelevò dal Treviso, gli ha rapito il cuore. Sa pertanto cosa vuol dire crescere con la spocchia juventina. Al Portogruaro ci fu la sua prima vera esperienza nel calcio professionistico, e lì si è tolto la prima grande soddisfazione: il suo gol all’89’ col Verona fu decisivo perché consentì a una piccola provinciale costruita per salvarsi di vincere il campionato di C1 e volare per la prima volta in serie B. A Venezia poi ci ha lasciato l’altra fetta di sentimento libera dall’amore nerazzurro, tornandoci per un anno e mezzo nel 2013 dopo un grave infortunio patito col Sudtirol e vincendo i playoff dopo una rincorsa straordinaria con una doppietta al Monza. L’anno dopo in C1 ha segnato 17 gol: ricorderà sempre l’affetto della gente, che lo considerava una specie di profeta in patria; per lui quella è stata un’emozione indelebile, perché si sentiva in dovere di rispettare ancor di più la sua terra, senza pesi ma sempre a testa alta.

In fondo, con quel suo fare quasi infantile (per questo puro, incapace di suscitare critiche feroci e cattive), con la maniacale ossessione per il gol (Povera sua moglie! Limitiamoci a riassumere così l’espressione quasi triviale che ebbe modo di pronunciare lo scorso anno Mister Braglia) lo abbiamo sempre visto un po’ sognatore. Ma sognatore come intendeva Del Piero, che disse più o meno così: “nella mia carriera ho visto tanti sognatori che però quando c’era da sudare hanno smesso di sognare”. Per ottenere determinati risultati bisogna lavorare, e sognare aggiunge ingredienti che ti possono far arrivare in alto.

Riavvolgiamo il nastro e torniamo al 2016, che è stato l’anno dell’Alessandria, specie ovviamente per la Coppa Italia.

Trovare fra i Grigi, il Milan, la Juventus e l’Inter il vero intruso nelle semifinali di Coppa Italia era ed è fin troppo facile e proprio per questo ci siamo divertiti e inorgogliti. Sicuramente il gol partita di “Marassi” e la doppietta di Spezia li porteremo con noi per tutta la vita perché hanno ridato gioie ed emozioni indescrivibili a tutta la piazza e alla società che finalmente sono tornate a calcare palcoscenici importanti grazie a quei risultati. Per il momento sì, quella è stata la stagione in cui Bocalon ha vissuto il suo punto più alto nel calcio vero: riuscire ad affrontare e battere squadre di serie A e poi ritrovarsi contro il Milan ti dà quasi i giramenti di testa; poi purtroppo ci siamo svegliati e siamo tornati coi piedi per terra.

Nonostante il titolo di capocannoniere del girone A della Lega Pro, inevitabilmente anche il Boca è finito nel tritacarne dopo che l’Alessandria ha perso in maniera pazzesca – che farà sempre male – la promozione tra i cadetti nell’ultimo campionato. Forse un domani sapremo veramente cosa è successo.

Ma la lui, forse per il modo di essere e per debiti di riconoscenza per quelle magiche notti di TimCup, è sempre stato risparmiato dalla feroce contestazione palese.

Per caratteristiche, segna grazie al lavoro di squadra e in grigio ha avuto la fortuna di giocare con alcuni calciatori che sono il top della categoria e che sono pronti già per la categoria superiore, come Gonzalez, perciò segnare grazie alle loro giocate gli è risultato molto più facile.

A chi si ispira il Bocalon centravanti? Qual è il suo giocatore-esempio quando si allena e gioca?

Ha sempre detto Pippo Inzaghi, senza ombra di dubbio: viveva il gol e anche il momento prima del gol, pensiamo che sia l’emblema dell’attaccante d’area di rigore, un esempio unico da vedere e rivedere.

Oggi la sua nuova vita di chiama Salernitana. In serie B, Proprio quella serie B che sinora l’aveva solo sfiorata, sia a Portogruaro che a Treviso e sempre per pochi mesi; di cadetteria ne ha masticata poca e ora è pronto ad addentarla, viverla davvero come protagonista.

Se ne va e lascia una città, un club e un presidente (Luca Di Masi) che cullano proprio il sogno del secondo livello del calcio nazionale.

A rendere melanconico e struggente il distacco, quel Din don, din don, din don, din don, din don intervengo da La Spezia, ha se-gna-to Bocalon!

Noi siamo profondamente romantici e ci affezioniamo troppo ai bravi ragazzi.

Mario Bocchio

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