La puntata di ieri sera de “L’Orso in diretta”, è stata quasi tutta dedicata alla presentazione della partita Giana Erminio-Alessandria.
Tra i momenti più significativi, l’intervista in diretta a Cesare Albè, il tecnico del club di Gorgonzola.
Si è creato subito un certo feeling, seppur a distanza, con il nostro Marcello Marcellini.
Il 65enne tecnico della Giana Erminio era salito alla ribalta per uno sfogo shock nel quale aveva tirato in ballo Mihajlovic e criticato aspramente Balotelli. Nonostante abbia chiesto scusa anche tramite i nostri microfoni, le sue parole continuano a fare discutere e hanno messo in cattiva luce un personaggio che ha una storia di passione e dedizione alle spalle. È dal 1995 che guida la ininterrottamente la stessa squadra.
Francesco De Gregori, nella deliziosa “Leva calcistica del ’68”, rincuorava il dodicenne Nino dicendo che la bravura di un giocatore non si valuta da un calcio di rigore sbagliato, bensì dal coraggio, dall’altruismo e dalla fantasia. Non sappiamo se Albè, Mister della Giana Erminio, che guida da 22 stagioni consecutivamente (primato assoluto per il calcio italiano professionistico), sia un fan del cantautore romano ma, ne siamo certi, avrebbe fatto sicuramente a meno di tutta la notorietà ed attenzione piovutagli addosso dopo la conferenza stampa post Giana-Mantova nella quale l’allenatore lombardo, per rimproverare due propri calciatori (i veterani Andrea Gasbarroni, anche lui intervenuto a “L’Orso inm diretta” e Sasà Bruno), aveva finito per tirare in ballo Balotelli e accusare velatamente Sinisa Mihajlovic che, da allenatore del Milan, lo continuava a schierare in campo nonostante da ne criticasse l’atteggiamento e il modo di stare in campo.
Mister Albè rischia d’ora in avanti di essere ricordato dal mondo dell’informazione bacchettona che si alimenta di video virali, solo come il tecnico che in conferenza stampa ha insultato Balotelli e dato del “codardo” a Mihajlovic per strigliare i propri allenatori…
Dalla fabbrica ai professionisti: dal 1995, come detto, è seduto sulla stessa panchina.
Sinceramente sarebbe un grave errore, perché Albè non è l’ennesimo fenomeno da baraccone da dare in pasto agli amanti del calcio ignorante e del becerume più sguaiato, ma è un uomo con un’infinita passione per il calcio che nei suoi trentasei anni di carriera è partito dalla terza categoria ed è arrivato a 64 anni ad allenare in Lega Pro, dividendosi fra il lavoro alla scrivania negli uffici della Siemens Comunicazioni e i campi di periferia della Martesana.
Una persona schietta, non dotata di un eloquio sofisticato e raffinato e indubbiamente non interessato ad apparire diverso da quello che è: un uomo abituato a lavorare sul campo e a lanciare e insegnare calcio ai giovani che ha trovato dentro di sé le motivazioni per rimanere per ventidue stagioni nella stessa squadra portandola dalla Promozione fino a diventare una giovane ma splendida realtà fra i professionisti.
In un calcio che ogni giorno reclama meritocrazia, Albè ha sempre badato a fare i fatti vincendo tre campionati di fila e festeggiando due salvezze in Lega Pro. Per questo se il Nino della canzone di De Gregori può sbagliare, anche il “Ferguson di Gorgonzola” merita di essere riabilitato per una serie di fesserie dette a sangue caldo nel dopo gara. La perfezione non è di questo mondo, e nemmeno degli highlander romantici del calcio italiano.
Mario Bocchio
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