Quando Braglia disse: “Questo mondo non mi piace, è falso, non esiste riconoscenza”

martedì, 13 Settembre 2022

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Aprile 2017. Nonostante con me e con noi non avesse mai avuto un buon rapporto, tanto da negarci ultimamente le interviste, dal punto di vista umano mi dispiace e ci dispiace. Con questo esonero, potrebbe chiudersi la carriera di Piero Braglia.

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Lui è stato ed è un personaggio autentico, che in quel suo modo astioso, per non dire maleducato, di rapportarsi con noi aveva certamente capito quei mali che noi avevamo capito. Già: capito noi e capito lui. Leggendo le parole del presidente Luca Di Masi infatti, il nostro ragionamento imbastito subito dopo la partita di Pistoia, non fa una grinza.

A dispetto dei suoi continui richiami all’entusiasmo, delle ripetute bacchettate a un ambiente, quello alessandrino, a suo avviso troppo polemico, Braglia, nel suo cuore, si è piano piano disamorato dell’ Alessandria e di questa città, che in fondo non ha mai voluto vivere. Quando non era sul campo della Michelin o allo stadio, Pierino la Peste ha sempre amato starsene in albergo, con il suo vice Isetto. A giocare a carte. Perché ha sempre rifiutato un appartamento.

Braglia (3)

Quel che è stato è stato, non ci sembra di infierire ulteriormente.

Ricordiamo solo alcune battute che in questi mesi siamo riusciti a scambiare con lui.

Lei ha giocato in serie A. Bella vita no?

“Sarà, ma io ricordo solo che da Firenze me ne andai a Catanzaro per guadagnare qualcosa per campare. Noi eravamo un’altra generazione, io sono cresciuto giocando con i fucilini di legno che avevano l’elastico. Me ne andai di casa a quattordici anni per fare il calciatore. Mio padre era morto, c’era poco da scialacquare. I calciatori di oggi fanno fatica a diventare uomini”.

Questo perché?

“Non hanno voglia di mettersi in discussione, alla prima difficoltà chiamano i procuratori e questi, ovviamente, chiamano i direttori sportivi che si guardano bene, però, dal chiamare il sottoscritto perché sanno già come risponderei. A Catanzaro  giocavamo con le rispettive mogli che si frequentavano, c’era un rapporto di amicizia. Sbagliai, perché alle prime difficoltà mi accorsi che l’affetto ce l’avevo solo io. Questo mondo non mi piace, è falso, non esiste riconoscenza. Ci sono giocatori che ho aiutato nei momenti difficili e che sono arrivati in serie A: chi li ha più sentiti? Nemmeno una telefonata a Natale. Non pretendo nulla. Vorrei, però, che questi ragazzi diventassero, prima di tutto, degli uomini”.

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Dicono che Braglia sia un allenatore ideale per la C, ma non adatto alla B e, tantomeno, alla A. Cosa ne pensa?

“Che me ne frego. Se devo mettermi in giacca e cravatta per andare avanti, non ci sto. Forse lo dicono perché ogni tanto mi faccio buttare fuori, ma, comunque sia, io sono quello che sono e non scendo a compromessi con la mia coscienza”.

L’Alessandria può andare in serie B?

“Pensiamo intanto a giocare partita dopo partita”.

Qual è la più grossa soddisfazione che le hanno regalato quest’anno i suoi ragazzi?

“Per me la soddisfazione è quando li vedo giocare come sanno. Questa, per un allenatore, è la cosa più bella”.

Mario Bocchio

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