Grigi, la nascita degli Ultras

giovedì, 29 Settembre 2016

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Settembre 1974: l’Alessandria sta per iniziare il campionato di serie B dopo la promozione dell’anno precedente e l’entusiasmo in città è palpabile. Per la prima volta anche in Alessandria si sente il bisogno di riunirsi sotto un unico striscione. Ne abbiamo parlato con Mario Di Cianni, cofondatore del gruppo Ultras Grigi ’74 e da più di 40 anni figura carismatica del tifo  grigio.

– La  prima domanda che vorrei porti è questa: senza la promozione in serie B sarebbe comunque nato il primo gruppo ultras alessandrino o è proprio grazie a questo ritrovato entusiasmo della città che si arrivò a questo “step” così importante?

“Io credo che le due cose non potessero essere imprescindibili l’una dall’altra. Diciamo che la promozione in serie B creò un entusiasmo tale (lo stesso che si respira in questo inizio campionato) che amplificò la voglia di stare assieme e di seguire come gruppo la squadra. In quegli anni c’era proprio la voglia di aggregazione, nelle scuole come nelle piazze, negli oratori e, infine, negli stadi. La serie B ha influito sicuramente, ma se non fosse stato quell’anno sarebbe stato l’anno seguente, il movimento Ultras in Italia nasceva proprio in quegli anni e quindi sarebbe stata solo una questione di tempo anche per Alessandria”.

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 A volte sembra di vivere situazioni nuove e spesso ci ripetiamo che si “si stava meglio quando si stava peggio”, ma il trattamento a voi riservato dal club “Alè Grigi” ci dimostra che i detti lasciano il tempo che trovano. Infatti, come ho scoperto leggendo il libro “Ultras Grigi 1974-1998…la nostra storia” di Alessandro Barillaro, voi chiedeste al club sopra citato un piccolo spazio per riunirvi tra voi ragazzi più giovani e dare vita a quello che oggi con questa intervista a 42 anni di distanza stiamo celebrando, ma dal club arrivò un secco due di picche. Fortunatamente l’altro club organizzato alessandrino, i “Fedelissimi”, accettò la vostra proposta e vi lasciò una stanza dello storico bar “Jolly”. Quanti eravate in quell’inizio d settembre del 1974 a credere in quella che fino a quel momento era solo una bella suggestione?

“Verissimo, furono i Fedelissimi a credere in un progetto un po’ fuori dagli schemi dell’epoca. Se vogliamo dirla tutta, il club “Alè Grigi”, roccaforte del tifo alessandrino, era molto conservatore sul piano del tifo e dell’organizzazione. I Fedelissimi erano un club giovane, oltretutto vi facevano parte tantissimi sportivi attivi che giocavano a pallavolo . Grazie a Franco Camurati che credette nella nostra causa e riuscì a convincere i “vertici” del club a lasciarci una saletta per le prime riunioni. Infatti il primo vero nome del nostro club fu “Fedelissimi Ultras”. Quindi dobbiamo dire grazie ai Fedelissimi e al loro pensiero “progressista” se nel settembre 1974 vide la luce il movimento ultras alessandrino. Se non ricordo male alla prima riunione per la nascita del club eravamo una trentina, quasi tutti minorenni (io avevo 16 anni). Proprio dei fanciot, esattamente come i tanti che si vedono oggi in Gradinata!”.

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– Il primo nome scelto fu “Supporters”, come mai questa scelta?

“In realtà non fu mai scelto Supporters. Si era indecisi sul nome e in quegli anni, dove il tifo inglese la faceva da padrone, Supporters suonava bene e ci piaceva”.

– A metà di quel settembre 1974 arrivò al Moccagatta la Fiorentina per una partita di Coppa Italia e lì la storia cambiò: i viola si presentarono con un lungo striscione recante la scritta “Ultras” e per tutta la partita sostennero i loro beniamini senza mai fermarsi, accompagnando addirittura l’ingresso delle squadre in campo con quella che adesso chiameremmo una “cartata”. Naturalmente, essendo voi tutti ragazzi non ancora maggiorenni, la folgorazione verso questo nuovo tipo di intendere il tifo, che al Moccagatta prima di allora non si era mai visto, fu immediata, e il lunedì successivo durante la riunione del gruppo si decise di cambiare il nome scelto solo qualche settimana prima e nacquero gli “Ultras”. Ti ricordi com’era il primo striscione del gruppo e dove fece il suo esordio?

“Non solo la cartata, i viola si presentarono organizzatissimi: tamburi, maglie bianche con la scritta Ultras viola, e tutti con il basco viola in testa. Si scelse quel nome perché rappresentava qualcosa di nuovo nel panorama degli stadi, almeno per quello che fino a quel punto avevamo avuto modo di vedere al Moccagatta. Il Club ci fece lo striscione (anzi in verità erano 2 gli striscioni fatti dal club: Ultras e Fedelissimi, attaccati uno vicino all’altro) e ce lo regalò. Due striscioni artigianali che a vederli oggi farebbero ridere, ma all’epoca ci sembravano bellissimi, e poi si sa, quando una cosa la guardi con gli occhi dell’innamorato ti sembra sempre bellissima! Erano il simbolo dietro il quale riunirsi a tifare, e questo a noi bastava e      avanzava. Lo striscione fu esposto per la prima volta il 29 settembre 1974, a Como. Il Senigallia di Como (come quello di Varese) allora aveva la pista da ciclismo a fare da contorno al rettangolo di gioco e quindi fu facile “appoggiarlo” sulla pista, in alto, di modo che fosse ben visibile a tutti”.

al-reggiana74-75n3-02-05-2016-23-52-011Alessandria-Reggiana, campionato 1974-’75.

 

– Ti ricordi i nomi dei primi ragazzi che ti accompagnarono in questa avventura?

In quella prima mitica trasferta ricordo: Marco Marino, Fabrizio Fornari, Carlo Guerci e suo fratello gemello, Franco detto popolarmente Il Ciccio, Maurizio Ghelfi, Tiziano Torti, Giuseppe Gallina, Claudio Rossi, Dino Conti, Franco Cerrone, Elia Voltan, Paolino Silvani…. e tantissimi altri. Sicuramente la cartata era il punto di forza e poi tamburi tanti tambur i, le trombe attaccate alle batterie da auto…  tifo d’altri tempi… i  fumogeni anni dopo”.

– Quali furono i primi strumenti e i primi materiali che compraste per colorare la Nord?

Sicuramente la cartata era il nostro punto di forza, semplice da fare e di forte impatto visivo (Fiorentina docet). Poi tamburi, tanti tamburi! Le trombe attaccate alle batterie da auto… tifo d’altri tempi… I fumogeni arriveranno solamente anni dopo”.

contratto-03-07-2013-23-25-231 Enzo Contratto in un derby a casale con lo striscione degli Ultras sulle Gradinate

 

– Gli altri tifosi dell’epoca, non certo abituati a dover condividere il “Settore popolare” con un gruppo ultras, come reagirono alla vostra nascita?

“Diciamo che all’inizio parecchi non approvarono il tifo rumoroso, abituati com’erano a viversi in tranquillità le partite. Man mano però “emigrarono” in altri settori dello stadio, lasciando a noi ragazzi la gestione della curva”.

– Una cosa che mi ha sempre incuriosito è questa: il gruppo nasce nel 1974, cioè nel cuore degli anni di piombo, dove la contrapposizione politica nelle piazze e non solo toccò apici paragonabili solo al biennio 1943-1945. Ogni ragazzo, chi più chi meno, aveva una propria coscienza politica e le lotte nelle scuole e nelle fabbriche imperversavano. Le curve, con le prime formazioni ultras furono un ottimo megafono della situazione politica del periodo e quasi ogni gruppo si riconosceva in un’ideologia politica ben precisa. Come riusciste voi a tenere la politica distante dallo stadio? Non eravate interessati all’argomento o fu una scelta  precisa fatta apposta per permettere a chiunque di avvicinarsi al mondo dello stadio? 

“Ognuno di noi politicamente aveva una suo coscienza, ma ti posso assicurare che l’unico colore che accomunava rossi e neri era il Grigio, con la G maiuscola. La politica è sempre stata fuori dallo Gradinata, pur essendo quegli anni molto caldi dal punto di vista politico. Fuori dallo stadio ti assicuro che per anni vi furono discussioni a non finire tra chi era attivo nel Movimento studentesco (come il sottoscritto) e chi invece stava dall’altra parte della barricata. Ma la domenica solo i Grigi”.

img_000022%20copia%202-07-05-2016-14-35-051 Lo spareggio di San Siro contro la Reggiana.

 

– Riguardandoti indietro, quanto tempo pensi che ci abbiate messo per diventare davvero ultras? Questa domanda te la faccio perché ad oggi spesso ci si dimentica che non basta avere uno striscione in curva o una maglietta con una bella scritta “gagliarda” per potersi definire ultras, e mi piacerebbe che potessi spiegare ai giovani che si stanno avvicinando ora al mondo delle curve quanto questo passaggio sia lungo e delicato.

“Secondo me il vero significato della parola Ultras lo si raggiunse negli anni 80 grazie all’impulso dato dalle nuove leve. Furono i vari  Audi, Geppo, Pakie, Remo, Lucaro, il Masca, eccetera, a far nascere veramente il “mito” degli Ultras Grigi, noi ci limitammo a dare il via, loro hanno creato la leggenda. Noi alla fine del campionato di serie B, cioè al termine della prima stagione vissuta dal gruppo, ci sentivamo veramente Ultras: seguivamo la squadra tutta la settimana, era una festa ma anche un impegno notevole. Io credo che ultras lo si diventi prima col cuore e poi con la testa”.

– Tu sei il fautore del gemellaggio storico tra la Gradinata Nord alessandrina e quella genoana. Ti va di raccontarci come nacque quest’amicizia?

” La domenica di Alessandria-Genoa noi, anziché  partire come al solito in corteo da via De Giorgi per raggiungere lo stadio come sempre facevamo (arrivando così in corteo con bandiere e tamburi al Mocca), decidemmo di partire da Piazza della Libertà, percorrere Via Guasco e sbucare davanti proprio alla Sud, il settore ospiti del nostro stadio. Davanti alla Torretta Sud trovammo i genoani già pronti ad entrare allo stadio. La domenica prima avevamo giocato in casa contro il Verona e diciamo che con i rossoblu genovesi ci accomunava l’odio verso i butei. Loro ci vennero incontro un pochino timorosi per via dei precedenti negli anni 40 tra le due tifoserie (non è mai stata una piazza facile Alessandria…). Il Genoa andava male quell’anno e in più quel giorno pioveva e così loro non erano tantissimi, ma noi non avevamo nessuna intenzione “bellica”, ci avvicinammo e iniziammo a conoscerci, in fin dei conti eravamo le nuove leve del tifo italiano sia noi che loro. Nacque una simpatia comune (cementata dal reciproco odio verso i veronesi) e io e Roberto Scotto sancimmo quel gemellaggio che dura ancora adesso. In seguito quell’anno andammo un paio di volte a Marassi a tifare Genoa e loro ricambiarono venendo al Mocca”.

– L’anno della fondazione degli Ultras coincise con la retrocessione in serie C (e nel 1979/1980, cioè pochissimi anni dopo, arrivò anche la prima storica retrocessione in C2), un avvenimento che avrebbe potuto “tagliare le gambe” a ciò che con fatica e dedizione stavate costruendo. Invece la storia degli Ultras Grigi continuò imperterrita, e nonostante la B non arrivò più (ancora adesso la stiamo aspettando) il gruppo continuò a crescere e a compattarsi. Come riusciste a tenere duro e tirare avanti come se nulla fosse successo?

“Semplice: l’amore unico e incondizionato per questa maglia. Non so quanti gruppi sarebbero passati da Cerano a Milano come abbiamo fatto noi in questi 42 anni senza batter ciglio. Io dico sempre che noi alessandrini siamo i napoletani (per passione sportiva e attaccamento alla squadra) del Piemonte e forse di tutto il Nord Italia. Nessuno come noi”.

– Negli anni di C arrivò però una delle prime vere “azioni ultras” della nostra storia: al termine di un derby al Palli di Casale lo striscione casalese “Armata nerostellata” cambiò legittimo proprietario: come riusciste ad impossessarvi di questo vessillo?

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“Derby di campionato finito 1 a 1 a casale con rete di Calisti per i Grigi. Al termine della partita i neri vengono al pullman per insultarci, ma io e il Dolly eravamo attardati dietro, e non essendoci più casalesi dentro lo stadio in quanto impegnati negli insulti verso il nostro pullman, rientrammo al Natal Palli e, con enorme stupore, trovammo ad aspettarci, tutto solo, lo striscione “Armata nerostellata”. Tu pensa che gli inservienti dello stadio ci hanno pure dato una mano a staccarlo! Siamo corsi poi via, abbiamo aspettato il pullman sulla strada per Alessandria e siamo saliti sopra al volo. Ma la beffa delle beffe per loro fu vedere l’anno dopo il loro striscione esposto al Palli ma nel nostro settore, e per noi fu bellissimo!!! Erano comunque altri tempi, oggi sarebbe impensabile”.

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– Vorrei chiudere questa intervista con un tuo pensiero a ruota libera: essendo stato tu tra i fondatori del movimento ultras alessandrino hai avuto la fortuna di vedere, anno per anno, dal 1974 ad oggi, nuove generazioni avvicinarsi alla nostra Gradinata. Hai vissuto i grandi cambiamenti tra i ’70 e gli ’80, quelli altrettanto grossi tra gli ’80 e i ’90 e i dolorosi (a livello ultras) ultimi quindici anni, quelli che dal 2000 arrivano fino al presente che stiamo vivendo. Hai visto ultras ormai considerati storici crescere e formarsi, hai assistito all’evoluzione dei gruppi, ai cambiamenti del modo di tifare e di vivere la partita e, perchè no, ai diversi modi di scontrarsi dentro e fuori dagli stadi. Dall’alto della tua esperienza, nel 2016, quali consigli ti senti di dare ai sedicenni (l’età che avevi tu quando fondaste gli Ultras) che mettono piede per la prima volta nella nostra Gradinata?

“Come ho detto precedentemente la cosa più importante è mettere il cuore prima di tutto e sopra tutto. Forse per spiegarmi meglio potrei parafrasare due striscioni che andavano di moda negli anni 70:  il primo diceva “L’Alessandria non si discute, si ama”, dove per Alessandria intendo il club, non i singoli giocatori, quelli passano e ormai sono (quasi) tutti professionisti e mercenari. Il secondo invece è: “L’Alessandria è una fede, gli Ultras i suoi profeti”. Ecco il concetto è proprio questo: squadra e tifoseria uniti in un’unica entità. Rispetto per tutti ma mai un passo indietro”.

Davide Ravan

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