Gianni Rivera è ritornato ad Alessandria

mercoledì, 11 Maggio 2016

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“Quando ero piccolo, mio nonno ha perso il portafoglio in casa, io l’ho raccolto e all’interno c’erano due foto, una di Padre Pio e l’altra di Rivera, allora ho chiesto al nonno chi fosse quel signore e lui mi ha risposto: ‘Un uomo che fa miracoli’ e l’altro? ‘Un popolare frate pugliese’… da quel momento ho scelto i colori rossoneri”. Sino troppo chiaro. Parole di Diego Abatantuono. Eccezzziunale… veramente”.

Gianni Rivera è ritornato ad Alessandria per la presentazione della sua autobiografia. L’aveva proposta a più editori, alla fine è uscita per Ed. Marconi Productions, che altro non è che la moglie Laura Marconi. Vale a dire: il libro se lo è scritto e prodotto lui stesso.

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“Oltre 500 pagine di immagini, racconti, articoli di giornali, emozioni e rivelazioni”. Viene venduto online e viene recapitato promozionalmente al costo scontato di €.50 (prezzo di copertina € 60) più spese di spedizione, €. 10.

Un vecchio amico di Rivera, il nostro Ugo Boccassi, venne contattato proprio dalla moglie-editrice per poter acquisire fotografie e materiale inedito. Lui aveva prontamente fatto pervenire il tutto, che poi a sorpresa non è stato utilizzato. Anzi, quando lo stesso Boccassi ha telefonato a Rivera per sapere dove avrebbe potuto trovare la pubblicazione, lui gli ha semplicemente risposto: “Mandami i soldi e te la spedisco!”.

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L’evento di presentazione ad Alessandria si è svolto a Palazzo Monferrato, organizzato dall’Ascom Confcommercio della Provincia in collaborazione con la Camera di Commercio, senza peraltro nemmeno rendere partecipe Museo Grigio. L’ex Golden Boy ha dialogato con il giornalista Gigi Garanzini.RiveraGrigi

Ma Rivera, icona milanista, avrebbe giocato nella Juve?

“Certo, potevo andarci. Allora non dipendeva mica da noi: se l’Alessandria avesse deciso diversamente, sarei finito alla Juve. Da piccolo ero juventino. Naturale, a casa mia a Valle San Bartolomeo arrivavano i primi echi delle vittorie bianconere. Poi c’è stata l’Alessandria: e Pedroni, l’allenatore- giocatore, era un ex rossonero, ci teneva in modo speciale a mandarmilì. Mi portò a un provino a Linate quando non mi conosceva nessuno. Viani mi mise subito fra i titolari. La mia vita cambiò quel giorno”.

Era il 14 marzo 1972 quando Rivera, allora stella del Milan, dopo una partita persa a Cagliari per un dubbio rigore concesso ai sardi, attaccò apertamente il potere della Juventus dal punto di vista istituzionale e arbitrale. Inoltre, sottolineò un episodio controverso: la scelta di aver premiato, prima di Juventus-Milan del 20 febbraio, Concetto Lo Bello per aver raggiunto la cifra di 300 gare dirette in A («A Torino hanno premiato l’arbitro prima che iniziasse la partita, hanno fatto la festa»). Ecco l’ormai famoso sfogo dell’Abatino:

“Fino a quando a capo degli arbitri ci sarà il signor Campanati, per noi del Milan le cose andranno sempre in questo modo: saremo costantemente presi in giro. Questo non è più calcio. A parte la nostra comprensibile e incontenibile amarezza, mi spiace per gli sportivi… credono che il calcio sia ancora una cosa seria. Quello che abbiamo subito oggi è una vera vergogna. Credevo che ci avessero fregato già a Torino contro la Juventus, invece ci presero in giro a metà con l’autocritica di Lo Bello in televisione. Purtroppo per il Milan avere certi arbitri è diventata ormai una tradizione. La logica è che dovevamo perdere il campionato. D’altronde, finché dura Campanati non c’è niente da fare: scudetti non ne vinciamo. Io sono disposto ad andare davanti alla magistratura ordinaria, perché ciò che dico è vero: sino alla Corte Costituzionale. Mi hanno rotto le palle. Ha cominciato anni fa un certo Sbardella; sono cose che tutti sanno: è dunque ora che si dicano. Per vincere lo scudetto dovremmo avere almeno nove punti di vantaggio nel girone di andata. In caso contrario davvero non ce lo lasciano vincere, e se lo avessimo saputo non avremmo giocato. È il terzo campionato che ci fregano in questo modo. Sta scritto da qualche parte che il Milan non debba assolutamente raggiungere la Juventus. Fino a questo momento abbiamo trovato tre arbitri che hanno fatto tutto perché restasse sola in testa alla classifica. Se ho raccontato delle storie mi dovrebbero squalificare a vita, ma devono dimostrare che sono state storie. Così non si può più andare avanti; io ho parlato chiaro, non mi sono inventato nulla, ho detto solo cosa si verifica in campo… I casi sono due: o io mi sono inventato tutto e allora mi squalificano a vita, oppure riconoscono di avere sbagliato e bisogna cambiare, sostituire chi non è all’altezza del compito”.RiveraGrigi (1)

Nonostante una parziale retromarcia, scattò comunque un’inchiesta da parte della Commissione disciplinare della Federcalcio, che in aprile squalificò il calciatore fino al 30 giugno 1972. Rivera diede un’insolita immagine di combattente. Come noto non è particolarmente amato proprio ad Alessandria.

Nessun giovane e nessun appartenente alla tifoseria grigia alla presentazione. Pensate che alla vigilia Rivera aveva telefonato ad alcuni conoscenti per cercare di riempire la sala. Un clima che la dice lunga e che ha ben descritto il collega Massimo Delfino su “La Stampa” in un articolo dal titolo più che significativo “Uomo di governo più che di lotta. Così distaccato dalle sue origini”.

“Tanta gente avrebbe preferito un Rivera uomo di lotta, più vicino alla città e alla squadra in cui esordì in serie Aha scrittoQuesto non viene mai perdonato al Golden Boy. Troppe volte, il suo atteggiamento in apparenza distaccato (per qualcuno persino snob) e le frasi di circostanza hanno fatto percepire all’esterno una sensazione forse sbagliata, o forse no, cioè che i colori grigi non gli fossero mai stati nel cuore”. Poi viene fatta notare l’emissione del “verdetto spietato, riassunto dallo striscione ironico e irriverente ‘Rivera, per noi sei nato a Casale’. Esposto a Torino la sera della semifinale di TimCup”.

Mario Bocchio

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