Giosa e una bella storia di calcio. Tutta da raccontare e da ricordare

mercoledì, 20 Settembre 2017

 

Antonio Giosa come un poeta. Ho messo un bel punto e sono andato a capo.

Basterebbe anche così. Trovare le parole per descrivere quello che considero un capolavoro assoluto – un semplice gesto – non è affatto facile.

La partita Alessandria-Livorno è appena terminata con la confitta dei Grigi per 3-0. I tifosi presenti allo stadio “Piola” di Vercelli sono inferociti, inveiscono e ci scappano anche insulti pesanti e minacce. La squadra va sotto la curva per un chiarimento: un gesto distensivo. Subito dopo, Giosa accarezza teneramente un bambino in campo come raccattapalle. Gli sorride. Ho visto il bambino felice.

Pensate a quanta difficoltà si ha nel raccontare i propri sentimenti per la persona amata, nel momento in cui si vive forte il momento dell’innamoramento, avete presente? Ecco tutto questo non è nemmeno comparabile all’impatto emotivo che ha avuto quel gesto su di me.

È come se Giosa improvvisamente si fosse strasformato in un Osvaldo Soriano che racconta un calcio ormai perduto, un calcio fatto di uomini e di cuore, uno sport duro e ingiusto, disseminato di episodi eccezionali e di coraggio fuori dal comune.

Qualcuno pensa che il calcio sia solo uno sport, il difensore in maglia grigia, ci regala invece un ritratto di vita.

Accade raramente, mai con tanta intensità come per questo episodio, che non voglia voltare ancora la pagina, mi fermo li a pensare: se finisce…poi con cosa mi commuoverò?…

Vorrei che viaggi tra le parole come questi durassero il più a lungo possibile, che le pagine si moltiplicassero man mano che procedo nella lettura.

Non ho più fiducia in questo calcio dominato in gran parte dagli interessi economici esasperati e dal mercimonio, dove un calciatore appena si presenta nella sua nuova squadra non trova di meglio che esclamare: non vedevo l’ora, era il mio desiderio più grande! Che tristezza, sono convinto che sia solo una messinscena. Al massimo desiderava solo l’ammontare dell’ingaggio, migliore di quello della sua squadra precedente. Questo sì.

Le bandiere sono sempre più rare. Questo calcio sta di volta in volta demolendo le mie passioni e i ricordi non li voglio più catalogare nella mia mente come un tempo. Mi sforzo solo più di ricordare i risultati.

Ma quando ho visto Giosa con quel bambino, non ho avuto più remore, ho memorizzato quella carezza.

Che ci riconduce alle radici dell’uomo, attraverso quel calcio polveroso, rude e sanguigno, di risultati importanti non per un business ma per amore e ricordi.

Lascio che ci riflettiate. Fate come preferite, cercate di considerarlo la cosa più bella in una serata tutta da rifare. In un calcio tutto da ripensare.

Riconcilia con questo sport meraviglioso, con i gradoni degli stadi di periferia, con i bimbi che vogliono arrivare un domani a giocare in Serie A, che sognano con genuina innocenza, con quegli angoli di sport che sono importanti solo per coloro che li vivono sulla pelle e nel cuore.

Probabilmente non vi ho parlato davvero di che bella persona sia Giosa, accade sempre quando le parole che leggi si trasformano in emozioni personali, si rielaborano e ne escono moltiplicate.

Mario Bocchio

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