
La parola della lingua italiana che Aurelio Andreazzoli detesta più di tutte le altre è Aurelio. Dove sta la differenza tra la definizione dell’identità e l’eccesso di rabbia? Sta nell’articolo determinativo. Aurelio detesta l’Aurelio, le ragioni dell’odio si possono immaginare facilmente e capire immediatamente. In un’intervista concessa a Dazn nello scorso ottobre, dentro quella che doveva essere la solita chiacchierata piatta pensata appositamente per riempire gli ultimi minuti prima del fischio d’inizio, Andreazzoli perse la pazienza (una cosa che non gli è certo capitata spesso, in carriera e nella vita). «Nel calcio – disse – certe volte si viene ricordati più per le stupidaggini che per le cose serie».
Si trovava davanti al microfono, al centro dell’inquadratura della telecamere, e gli era toccata in sorte l’ennesima domanda sull’Aurelio, la parola della lingua italiana che Andreazzoli detesta più di tutte le altre. Gli era capitata di nuovo, ancora una volta in corrispondenza di un suo ritorno a Roma.

Il 16 gennaio 2003 l’attuale allenatore dell’Empoli, subentrò a Dino Pagliari sulla panchina dell’Alessandria, in Serie C2. Il 26 febbraio venne esonerato dopo aver ottenuto un solo punto in 5 gare totali (4 sconfitte, un pari) e il penultimo posto in classifica, sostituito da Carlo Soldo.