L’orgoglio del presidente Di Masi e i simboli del calcio

domenica, 31 Dicembre 2017

Il corsivo di Mario Bocchio

 

Non sono solo canzonette diceva Edoardo Bennato parlando di musica popolare. E aveva ragione. E anche il calcio, così carico di significati e di contenuti psicologico-sociali e interessi economici, da tempo non è più solo un gioco a punti. Da uomo intelligente, piemontese atipico dall’accento arrotato, lo sa bene anche Luca Di Masi, il presidente dell’Alessandria.

“A Torino abbiamo portato l’orgoglio della nostra gente” aveva dichiarato ai microfoni di Sky Sport commentando la storica semifinale di TimCup contro il Milan. “Orgoglio”, che significa senso di appartenenza e identità. Una bandiera del cuore, che si identifica anche in simboli della storia e nelle maglie della squadra.

Affidare al calcio il riscatto totale di una città certo, si ripete da anni, è fuori luogo. Ma la squadra può fare da volano, diventare un traino per richiamare a maggiori responsabilità e amore per la propria città, risvegliando in tutti un senso civico figlio della comune appartenenza, che sembra sempre più sfumarsi.

Chiedere troppo ad un gioco? Forse sì, ma se il campionato di calcio mette di fronte squadre che rappresentano una città, e spesso un’intera regione o area geografica, un motivo deve pur esserci. L’Italia delle subnazioni, delle storie e identità diverse unite politicamente in un’unica Nazione, in questo modo riconosce le sue diversità culturali. Diversità che sono sempre ricchezza.

Purtroppo tutto questo degenera spesso nella contestazione quando i risultati non arrivano, anzi ti sfiorano in maniera beffarda come purtroppo accaduto in occasione dello scorso campionato (che anche se lo vogliamo, non potremo mai cancellarlo e tirarlo in ballo). Ci scappano anche giudizi pesanti. Retaggio stupidità da modi degenerati di interpretare il tifo. E, per questo, ancora una volta il calcio dimostra che non è solo un gioco, ma anche altro.

Nelle maglie grigie si identificano delle radici. E ci deve essere pure un motivo per cui l’Alessandria viene vista come simbolo e ricordo di un passato alla pari con le grandi del calcio italiano. Finalmente lo ha capito il presidente Di Masi, lo capirono ancora prima i presidenti Silvio e Remo Sacco, artefici delle ultime promozioni in Serie A e in Serie B. Storia, identità, squadra di calcio possono sovrapporsi.

“Un giorno all’improvviso”: la tifoseria nel 2018 che stiamo per incominciare, dovrà riscoprire l’orgoglio della propria alessandrinità che è storia, cultura, tradizioni che danno lustro a tutta l’Italia calcistica. Senza indugiare mai a difenderne la degenerazione: la mandrogneria, che ne è brutta copia ed è folklore esteriore, stereotipo, negatività che piace tanto in altre regioni perchè è spunto e occasione di disprezzo. Se orgoglio deve essere dietro Cazzola e compagni, sia, dopo i gol, occasione di un riscatto culturale.

 

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