Giocare da portiere, negli anni del calcio eroico era roba da uomini forti

lunedì, 27 Giugno 2022

In una formazione dei Grigi nella stagione 1925-’26 (foto archivio “Museo Grigio”)

Le regole di allora consentivano mischie furibonde in area di rigore e spesso ci scappava, se non il morto, il gravemente contuso. Maglione, ginocchiere, guantoni e spesso una coppola in testa rendevano il guardiano della porta più simile ad un moderno portiere di hockey che ad un portiere di calcio.

A Valenza nel 1899, annata sfortunata, nacque Clemente Morando. Un giovane con una passione sfrenata per il calcio e per il ruolo di goalkeeper. La sfortuna di essere un ragazzo del ‘99 lo portò nelle trincee della Grande Guerra ancora adolescente. Tornò a casa sano e salvo e per guadagnarsi da vivere trovò lavoro nel settore calzaturiero facendo il tagliatore di tomaie.

Nel frattempo cresceva come portiere e diventava titolare nella Valenzana, una formazione giovane che riusciva comunque a farsi rispettare. Tra i pali Morando sfoggiava caratteristiche di impeto e di abilità calcistica rari nel panorama calcistico del tempo. Mirabile anche la capacità di intervenire con una tempestività tale da renderlo difficilmente superabile.

Campionato 1926-’27, una parata di Morando nel match tra l’Alessandria e la Fortitudo Roma (foto archivio “Museo Grigio”)

Con queste caratteristiche il giovane portiere si fa conoscere ai massimi livelli tanto da meritare anche la convocazione in Nazionale. La sua prima volta in azzurro, a dire il vero, fu facilitata dal fatto che la rappresentativa italiana era composta solo da tesserati della FIGC depauperata delle formazioni (e di conseguenza dei giocatori) passate alla scissionistica CCI. Esordì a Ginevra, contro la Svizzera nel novembre 1921. L’incontro finì 1-1 e Morando riscosse grandi complimenti per la sua prestazione. Automatica la sua riconferma il 15 gennaio successivo a Milano. Avversaria l’Austria, una potenza all’epoca. Altro pareggio, questa volta per 3-3 con un’Italia nuovamente unita (almeno a livello di Nazionale). Morando di giornali venne definito inoperoso avendo subito tre reti imparabili e ben poche possibilità di intervento. Un mese più tardi a Torino prestazione analoga contro la Cecoslovacchia, partita finita con un altro pareggio. Paradossalmente i gol subiti, seppure imprendibili, costarono il posto in azzurro a Morando: gli venne addebitato il fatto di non aver eseguito nemmeno una parata in due incontri subendo ben quattro reti e pertanto gli venne un diverso portiere.

Nell’estate 1925 Morando passò nel capoluogo andando a rivestire il Grigio dell’Alessandria. Nella sua prima stagione si ritrovò coinvolto nel peggior campionato della storia della società che rischiò di non essere ammessa alla neonata Divisione Nazionale. Solo le qualificazioni svoltesi a fine estate 1926 sancirono l’ammissione dei Grigi. Però il secondo torneo lo disputò da riserva essendogli stato preferito Curti appena prelevato dalla Pro Vercelli.

L’Alessandria nel campionato 1928-’29 (foto archivio “Museo Grigio”)

La retrocessione nel ruolo bruciò molto a Morando che si prese la rivincita un anno dopo. A quattro giornate dalla conclusione del girone finale del campionato con i Grigi in piena lotta per lo scudetto arrivò una pesantissima sconfitta per 5-0 contro il Casale che, di fato, precluse il trionfo all’Alessandria. Di questa debacle débâcle venne accusato, soprattutto, Curti sospettato di aver “venduto” la partita. Fu messo fuori squadra e venne ri-schierato Morando. Che mantenne il posto anche per tutta la stagione successiva contribuendo a portare l’Alessandria in Serie A.

Dopo questo scese in Serie C (si chiamava Prima Divisione) nel Messina con funzione di giocatore-allenatore. Nel 1948-49 sedette sulla panchina della sua Valenzana per guidarla da bordo campo.

Sergio Giovanelli

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