Benito Lorenzi, detto “Veleno”. Personaggio da romanzo

martedì, 20 Dicembre 2022

Benito Lorenzi nell’Alessandria (foto archivio “Museo Grigio”)

Durante il derby fischiarono un rigore al Milan. Io approfittai della confusione, andai dal massaggiatore, presi una buccia di limone e la infilai sotto il pallone: Cucchiaroni calciò fuori. Finì 1-0 per noi e dovetti scappare in spogliatoio per non essere linciato”.

Benito Lorenzi, detto Veleno, nacque il 20 dicembre 1925 a Buggiano, vicino Pistoia.

Soprattutto con Inter e Nazionale divenne una punta celebre per la ferocia agonistica, per la sagacia e la capacità d’improvvisazione. I suoi trucchetti da aerea di rigore e le sue marachelle segnarono il calcio del secondo dopoguerra.

Qualche esempio? Lo strizzamento di testicoli degli avversari durante i duelli aerei, gli insulti ai compagni dopo reti sbagliate (Nyers fu addirittura colpito da un pugno) e la creazione di soprannomi canzonatori (come Marisa per Boniperti).

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L’appellativo Veleno non fu un’invenzione giornalistica, venne direttamente dalla madre, costretta a sopportare un figlio insopportabile durante tutto il periodo adolescenziale.

Nonostante il suo approccio al campo, Lorenzi fu un cristiano fervente. Dopo il grande tranello della buccia di limone corse immediatamente a confessarsi: leggenda narra che il prete, interista, di fronte al peccato compiuto si limitò a ridere fragorosamente.

Concluse la carriera nel 1960 dopo le brevi esperienze con Alessandria – dove fu compagno di squadra dell’esordiente Gianni Rivera -, Brescia e Varese.

Lorenzi funse anche da secondo padre per i figli di Valentino Mazzola. Dopo la tragedia di Superga, l’attaccante pistoiese cominciò a seguire da vicino i piccoli Mazzola e a portarli anche sul prato di San Siro.

Raccontò Sandro, futura leggenda nerazzurra: “Arrivai all’Inter grazie a Benito Lorenzi, detto ‘Veleno’. Personaggio da romanzo. Cattolicissimo, non perdeva una messa. Buono d’animo, terribile in campo. Prese me e mio fratello sotto la sua protezione: entravamo a San Siro vestiti da Inter, ci sedevamo accanto alla panchina. Se l’Inter vinceva, Lorenzi faceva dare anche a noi le 30 mila lire di premio partita”.

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