Morero dice addio all’Alessandria. Ma quanta tristezza

martedì, 09 Agosto 2016

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Tristezza pervasa di sensualità, racconto nostalgico di un passato felice ma molto lontano, danza appassionata e virile, desiderio tra corpi che si stringono.

È il tango, miscuglio di ritmi, di sentimenti, forti e puri come lo sono i molteplici pezzi di quell’affascinante mosaico che è l’Argentina. Una realtà complessa, dove si fondono i più diversi stili architettonici e culture, il passato col presente, la ricchezza con la miseria. Il pensiero si perde in mezzo a distese di terra, zone strappate da mani forti alla sterpaglia, per diventare haciendas.

Pochi sanno che Santiago Morero, argentino di Murphy – provincia di Santa Fe, che al calcio ha anche regalato il più famoso Mauricio Pochettino e il meno famoso Paulo Gazzaniga – una volta smesso di inseguire un pallone, ha un futuro assicurato come allevatore di bovini insieme al papà.

Bovini

Ma ora lui è ancora concentrato sul presente. “È chiaro che c’è un velo tristezza in me. Ci tengo a ringraziare i tifosi, quello che ho vissuto in due anni ad Alessandria va oltre ogni cosa”. Così saluta un capitano, dopo due campionati di onorata militanza con la maglia dei Grigi addosso: 44 presenze e due gol.

Regalando ai suoi tifosi la fantastica e irripetibile cavalcata in TimCup – una squadra di Lega Pro in semifinale contro il Milan – che ha proiettato i Grigi alla curiosità della gente anche “alla fine del mondo”.

Morero saluta con parole misurate, sempre in bilico tra profonda saggezza e superficiale banalità. Abbiamo imparato a conoscerlo e ad amarlo. Mai una dichiarazione fuori posto, mai una polemica, nemmeno nel giorno dell’addio. Imposto. Forzato. Perché una volta svincolato, l’Alessandria non lo ha più voluto. Lo ha liquidato con un semplice grazie. Per un argentino che va, un gaucho che arriva, Pablo Andres Gonzalez.

“Spero che lui dia ai Grigi quella promozione che a noi è sfuggita per due anni di fila. È un grandissimo giocatore”.

Morero

Morero ti dà l’impressione di essere un calciatore dei lontani tempi passati, non per altro è stato scelto come testimonial della storica maglia della promozione del 1946.

Tanti saluti e mille grazie. Certo, ci mancherà, per quel modo di essere fiero guerriero pieno di valori, schiena dritta e non caracollante con sufficienza con i calzoni abbassati sui glutei, viso che sembra scolpito nella pietra e non carnevalesca maschera tra creste, orecchini e addirittura colli tatuati. Insomma, il classico bravo ragazzo che ogni mamma per bene vorrebbe per la sua figlia per bene.

MagliastoricaSantiago dalla vita ha ricevuto molto di più di qualsiasi operaio. Sotto ogni aspetto. Ma questo austero e silenzioso modo di accomiatarsi, nel mondo del calcio così schiavo delle passioni, fa molto rumore. El Capitan abbozza, e saluta. Come un altro eroe, congedato molti anni prima di lui, rispose “obbedisco”, così Morero si allinea, e rientra nei ranghi: “La tristezza passerà, devo guardare al mio nuovo futuro. Però sino all’ultimo ho aspettato la telefonata dell’Alessandria, che non è venuta. Veramente sino all’ultimo, ancora prima di dire di sì alla Juve Stabia ho aspettato la chiamata dei Grigi, dove avrei voluto terminate la mia carriera da professionista”.

I ringraziamenti veri li riserva ai compagni e agli amici di quella città – Alessandria – che lo ha accolto bene, sempre. “Per me inizia un nuovo ed entusiasmante cammino. Quando la Juve Stabia mi ha contattato, ho visto che c’è un progetto ambizioso e sono lieto di farne parte. Il giallo e il blu – pensando al Chievo – sono colori che mi hanno sempre portato bene nella mia carriera agonistica, farò di tutto per confermarmi anche a Castellammare”.

Certo, Morero ha 34 anni, ma la sua uscita di scena non se la immaginava così. Anche perché lui era El Capitan dei Grigi, non uno qualunque.

Morero alla Juve StabiaSantiago Morero e Federico Amenta alla Juve Stabia.

 

Ma d’altronde il calcio è diventato purtroppo più patrigno che padre. Ne sanno qualcosa addirittura i vari Paolo Maldini e Alex Del Piero, esautorati dai mondi milanista e juventino nel peggiore dei modi.

L’indifferenza della società, a Morero fa più male dei fischi della Curva Nord al termine dei due campionati che avrebbero dovuto sancire il ritorno in B.

“È stato triste vedere come buona parte dello stadio si sia fatto trascinare nel vortice della rabbia, anche se in fondo i tifosi li capisco”.

Dicevamo che nel mondo del calcio non c’è spazio per la riconoscenza. Il problema è che lui era il Capitano che ha sempre onorato la maglia come i grandi condottieri grigi del passato, avrebbe potuto diventare un’icona, cui l’adesione trascende ogni razionalità. La scelta presa dalla dirigenza rischia di essere sbagliata, oppure alla fine potrebbe anche essere giusta. Certo che  è difficile, tremendamente difficile e antipatico, ammainare le bandiere nel terzo millennio.

Mario Bocchio

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