Mirko Ferretti, una vita da secondo

venerdì, 17 Settembre 2021

Amilcare Ferretti detto Mirko

Mirko Ferretti, alessandrino classe 1935, è un uomo di calcio. Ha giocato nelle massime categorie (come già il padre negli anni ’30 e ’40) indossando le maglie del Como, del Catania, della Fiorentina, del Torino. Indossò la Maglia Grigia nella sfortunata stagione 1966-’67, culminata con la retrocessione in serie C.

Fu un mediano degli anni ’60, quando le carriere finivano presto, Mirko divenne allenatore, e come secondo di Gigi Radice si sedette sulle panchine del Toro, del Bologna e del Milan. In seguito rimase nell’ambiente granata, tra i giovani, come guida ed esempio di uomo-squadra.

Alessandra Demichelis e Michele Ruggiero narrano la persona, il calciatore, l’allenatore. Un ritratto a tutto tondo, da leggere come un romanzo, da vivere come una partita.

In questi giorni di lockdown ciè tornato utile “Una vita da secondo. Storia di Mirko Ferretti, l’allenatore nell’ombra” edito da ArabaFenice. Lettura interessante, il racconto di un uomo che ha attraversato la storia italiana.

Sulle figurine

Da sempre orgogliosamente di sinistra.Negli anni ’50 e ’60 Torino (ma non solo) era divisa in comunisti e non-comunisti. A Torino c’era una squadra come la Juve “amministrata” dalla Fiat, ed era difficile che lì ci fosse un giocatore “di sinistra”, perlomeno non dichiaratamente, magari in maniera nascosta. Ferretti s’inseriva in un calcio che cominciava a trasformarsi – si pensi all’estro e alla personalità di Meroni – e che darà vita al sindacato dei calciatori.

Nei Grigi, è il terzo accosciato, da sinistra

Da allenatore una vita da secondo. Ma per Gigi Radice è stato molto più di un vice. Aveva appena stupito tutti nell’Albese, insieme ad un altro granata, Giambattista Moschino. Fu nel 1976, quando parlò per la prima volta al Filadelfia di una collaborazione. Cercava un secondo, perchè il povero Giorgio Ferrini era stato colpito dal male che poi lo portò via. Nel conoscerlo per la prima volta, quegli occhi di ghiaccio non poterono non rimanergli impressi. Ferretti gli mostrò il suo modo di interpretare il lavoro sul campo, ci fu feeling fin da subito.

Nella “rosa” del Toro 1978-’79

Radice è stato per lui un grande amico. Ovviamente il loro rapporto non era solo professionale. Sono stati vicini per tutta la vita, anche dopo il calcio, famiglie comprese. Dal lavoro alle vacanze, insieme ne hanno passate tante. Quando si trattava di lavoro, non mollavano mai. Facevano riunioni a qualsiasi ora del giorno e della notte, erano infinite.

Nell’Alessandria 1983-’84

 Poi l’interruzione nel 1983, quando Ferretti decise di mettersi in proprio. Aveva dato la parola all’Alessandria e mantenne fede all’accordo. Altrimenti, figuratevi, sarebbe andato con Radice anche all’Inter. Col senno di poi, ripensa a quella scelta con pentimento.
Ad Alessandria erano arrivati i fratelli fratelli torinesi Giorgio e Gianmarco Calleri, titolari della Mondialpol. Il loro era un progetto molto ambizioso. Giunsero giocatori importanti come il terzino Marangon, il centrocampista Salvadori, Manueli e il libero Perego. A questi si aggiunsero le riconferme di Gregucci, Camolese e Scarrone.

L’annuncio dell’esonero di Ferretti


Quasi subito venne esonerato Ferretti: sul suo allontanamento ancora oggi i motivi sono poco chiari. Lo sostituì Natalino Fossati. O meglio, potrebbero essere chiari.

E ritorna la militanza comunista di Mirko, che era stato anche consigliere comunale ad Alessandria. Un’appartenenza non gradita ai Calleri, da sempre dati molto vicini alla destra, tanto che poi scelsero di rilevare la Lazio. Sulla panchina dei Grigi ci ritornerà nel campionato 1986-’87, alla guida di un manipolo di ragazzini, tra i quali suo figlio Ivan, un centrocampista. I risultati sono inevitabilmente modesti: basti pensare che in dodici partite la squadra segna la miseria di tre gol ottenendo solo otto punti. Viene sostituito dal sempre disponibile Toni Colombo ma l’habitat della squadra grigia in classifica è sempre quella dei bassifondi. Un improvviso rigurgito di risultati positivi con una sola sconfitta in undici giornate pare poter fare il miracolo in extremis, ma un madornale errore tecnico con lo schieramento di un calciatore squalificato e la sconfitta interna ad opera della capolista Torres condannano l’Alessandria, per la prima volta nella sua storia, all’Interregionale.

Mario Bocchio

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