L’addio a Gianni Bellingeri, uno degli ultimi storici tifosi dell’Orso

martedì, 19 Agosto 2014

Promozione A

Non era un tifoso qualunque Gianni Bellingeri, padre del fondatore e presidente di Museo Grigio Lele, “Il Conte” per il popolo della Nord.
Apparteneva a quella vecchia guardia di irriducibili, sempre presenti al Mocca e in trasferta, che mai come oggi avevano il palato fino per aver assaporato le imprese dei Grigi sul palcoscenico della serie A.
È passato il tempo, inesorabile, ma lui era sempre lì, qualche acciacco in più e il fiatone, ma ogni volta con gli amici di sempre come Rino, Mauro e Silvano.
Una tempo con loro c’era anche mio papà, tutti ragazzi cresciuti insieme nella Spinetta del dopoguerra, tra le miserie e l’onestà del lavoro dei genitori, ma rigorosamente sempre con la passione per il pallone. Una sfera di pezza per giocare polverose partite sul piazzale vicino alla stazione, impreziosite molte volte dalla partecipazione di Natalino Fossati di ritorno in treno dagli allenamenti del Toro.
Poi alla domenica scattava la scintilla, si mettevano in funzione i meccanismi più intimi della passione per i Grigi, stantuffi nel cuore e nella testa: ed allora il “filobus” per il Moccagatta, per vedere da vicino quell’antico mito della provincia terribile che ancora sapeva incutere timore ai grandi club italiani.
Quante lacrime poi quel giorno a San Siro, per l’ultima storica promozione in A dell’Orso! I casi della vita hanno poi fatto sì che quei bambini diventati ragazzi e poi adulti prendessero strade diverse, ma la domenica tutto è sempre stato come allora, tutto è ritornato indietro nel tempo. O forse non è mai mutato. Il rito della partita dell’Alessandria, nella consapevolezza che per il tempo di una trasferta o delle due ore per il match casalingo si possano sacrificare le rispettive famiglie.
Come noto l’Alessandria ha vissuto diverse peripezie, molte dolorosissime, ma lui, Gianni Bellingeri, è sempre stato lì sugli spalti, del grande vecchio Mocca, il Bernabeu dei poveri, ma anche sui gradoni di impianti onestamente improponibili per il blasone dei Grigi, da Castelnuovo Garfagnana a Bra tanto per citarne alcuni.
Quando fumava ancora i cigarillos, ti guardava con l’immancabile sorriso per poi fare trapelare l’enigma con una scrollata di spalle: “Mah, cosa possiamo pretendere da questi fanciot, d’altronde fanno quello che possono, e non è colpa loro se hanno i piedi che hanno!”.
Improvviso fu il pianto di commozione autentica in occasione della sfida contro la Salenitana per quello che sarebbe stato un clamoroso ritorno in B, ma ancora una volta il destino è stato tremendo, vigliacco.
Ora che è ritornato il sereno con questa Alessandria di Luca Di Masi, lui, Gianni Bellingeri, se n’è andato in punta di piedi, in maniera discreta come discreta è sempre stata la sua vita. Un vero peccato.
È stato un addio commovente e nello stesso tempo emozionante. C’è dunque una lunga storia di autentica passione alle spalle, condivisa completamente con il figlio Lele. Perché solo da autentici tifosi possono nascere veri tifosi.
Quelle che verranno saranno giornate particolari al Mocca senza Gianni Bellingeri. Lo stadio potrà essere pieno zeppo, la Nord potrà come sempre pulsare di sentimento e di rabbia, ma avremo nello stesso tempo la sensazione come di giocare a porte chiuse.
Quanti ricordi e quanti sentimenti. Credo che Gianni si meriti che la lancetta del tempo vada indietro per fermarsi a quel magico minuto del gol di Castaldo. La partita è finita e l’Alessandria è ritornata tra le grandi.

Mario Bocchio

 

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