Alessandria, perché questo suicidio?

giovedì, 14 Maggio 2015

Ripartiamo da qui

 

L’epilogo di un dramma annunciato passerà alla storia con la data di domenica 10 maggio 2015, e sarò per sempre accostato ad una partita: Alessandria-Venezia. Come per il Milan, allora si parlò e si parla ancora di fatal Verona, da adesso in poi per l’Orso, finito con gli artigli miseramente spuntati, si citerà la fatal Venezia. In fondo le due città sono tutte e due in Veneto. Il pareggio ha voluto dire sono fuori dai playoff. Fischi e contestazioni a fine gara: in curva striscione pesante contro i giocatori.
È ormai un destino maledetto e sadico quello che perseguita il popolo grigio: ogni volta che ci si avvicina al traguardo che conta, la gioia diventa disperazione. Siamo entrati nel quarantunesimo anno dall’ultima promozione in B, e comunque troviamo fuori luogo fare dei paragoni con l’epilogo dell’Alessandria di Sarri contro la Salernitana. Ogni campionato ha i suoi protagonisti e i suoi episodi.
La Curva Nord ancora una volta ha messo i brividi, per intensità di sentimento; lo striscione “D’inverno campioni, d’estate bidoni” è stato l’aperitivo per l’inevitabile processo collettivo, al quale ogni tifoso da adesso in avanti porterà il proprio contributo.
La sentenza noi la trasformiamo però in interrogativo; già, ma com’è stato possibile che una squadra che ad un certo punto aveva addirittura sottomesso il campionato ai propri voleri, si sia squagliata come la panna dimenticata in auto sotto il sole?

La parola a Ciccio Marescalco

Ciccio Marescalco

È da questa constatazione che si deve incominciare a ragionare. Vi confesso che ogni volta che finiva una partita dei Grigi, mi sentivo al telefono con un grande grigio di sempre, uno che i Grigi continua ad averli nel cuore: Ciccio Marescalco.
“Quando abbiamo perso il derby contro il Novara, eravamo comunque stati noi a fare la partita, intimorendo la corazzata a casa sua. Poi però, l’Alessandria non è stata capace di assestare il colpo giusto per prendere il largo. Avrebbe potuto farlo addirittura nel recupero dell’andata contro il Bassano. I pareggi interni contro la Torres e l’Albinoleffe sono stati il bivio per l’inferno. Una squadra che vuole essere definitivamente matura, deve essere in grado di chiudere la partita. La sensazione che non ce l’avremmo fatta, l’ho avuta dopo aver visto il match di Bassano, con i padroni di casa che andavano a mille sulle ripartenze, e i Grigi che erano fermi sulle gambe”. Come dare torto a Cicciogol? La sua lucida analisi non fa una grinza.
Statisticamente i numeri sono impietosi, come ha rimarcato la collega Mimma Caligaris. Nelle ultime nove partite giocate l’Alessandria ha tenuto una media da playout: senza conteggiare le penalizzazioni, nelle famose “nove finali”, i Grigi hanno conquistato la miseria di 8 punti, tanti quanti l’Arezzo. Peggio solo Real Vicenza e Lumezzane con 7, SudTirol e Renate con 6. Le squadre che hanno centrato l’obiettivo, in alto come nelle zone calde, ne hanno conquistati almeno il doppio: svetta il Bassano con 21 punti, poi Novara con 20 e Como con 17, cioè la squadra che è salita in B direttamente e due delle tre che giocheranno i playoff e che sono state dietro, e anche di molto, dai Grigi.
Ed ancora: un solo gol, per lo più su rigore; nelle ultime cinque partite, l’ultima vittoria ai primi di aprile contro la Pro Patria; negli ultimi tre incontri casalinghi un solo punto, con due sconfitte che hanno fatto perdere l’imbattibilità del Mocca.
Al di là di quello che è stato il sin troppo evidente calo fisico e psicologico, andando oltre i numeri, ci sono state le scelte ad essere sbagliate con il senno di poi.
“Prima di tutto c’è come è stata gestita la vicenda Guazzo – ancora Marescalco -. Io non voglio entrare nelle motivazioni che hanno portato il presidente a non farlo più scendere in campo, però vorrei porre una domanda allo stesso Di Masi: ma non sapevate chi era Guazzo al momento di farlo venire in prestito dall’Entella? Poi a mio avviso è stata sbagliata la campagna acquisti di gennaio. A parte Morero, un giocatore di talento e dal carattere serio (e come tale si è rivelato), Germinale e Iunco non sono per niente stati all’altezza delle aspettative. Io fisicamente e tecnicamente ero diverso, e avevo signori registi che mi lanciavano, ma poi ci mettevo quella grinta rabbiosa che è mancata agli attaccanti, Marconi compreso. La squadra, a lungo orfana di Taddei, ha avuto seri problemi in fase di realizzazione e il fatto che tante volte sia stato risolutivo Mezzavilla, la dice lunga. Troppo macchinoso e prevedibile è stato Obodo, non oso pensare a come mi sarei arrabbiato io se lo avessi avuto con me ai miei tempi. Credo che in questa Alessandria avrebbe ancora fatto la differenza Baiocco, che praticamente quasi da solo ha riportato l’Akragas in Lega Pro. Infine, perché non hanno praticamente mai fatto giocare Nicolao, mandato dal Napoli ad Alessandria a fare esperienza, molto abile sulla fascia, ma di fatto rimasto un oggetto misterioso?”.

Le ammissioni di Mister D’Angelo

Alessandria-Real Vicenza 17_12_2015 (127)

L’allenatore, che forse avrà subodorato il non rinnovo del contratto, potrebbe essere stato il primo forse a patire la situazione, anche dal punto di vista della tenuta nervosa, e il battibecco avuto con un tifoso al di là della rete di recinzione al termine della confitta contro il Monza è un sintomo classico della malattia.
“Sono molto deluso, anche da me stesso. Non posso dire cosa sarà domani. Certo, alla vigilia del Venezia avevo detto che avevamo davanti uno splendido presente: mi sono sbagliato, purtroppo il presente, nostro, mio, è molto duro – ha dichiarato –. Alla possibilità di conquistare i playoff ho creduto sempre. La delusione è per l’epilogo, per come ci siamo arrivati, dopo otto mesi di grande campionato. Quando sostengo, e lo ribadisco, che rifarei tutto, mi riferisco alla scelte di mercato. Quando sostengo, e ne sono convinto, che le responsabilità sono tutte mie è perché i giocatori, sul piano tecnico, hanno eseguito, alla lettera, ciò che io ho chiesto loro. Mentre ogni operazione di mercato, in estate come a gennaio, è stata condivisa con me e avallata da me. E lo rifarei adesso: per me Morero, Germinale e Iunco sono tre grandi giocatori”.
Allora cosa non ha più funzionato, per spiegare questi due mesi finali in cui l’Alessandria ha vanificato gli otto mesi di grande campionato?: “Sono questioni di campo, che io conosco e che dipendono, come ho detto, da me. Ecco, ad esempio, il nostro 3-5-2 ad un certo punto è stato preso di mira dagli altri e noi, anzi io sono stato troppo scolastico nell’insistere ad applicarlo. Ci aveva dato, prima, grandi risultati e io non sono stato così capace di modificarlo.
Nelle parole del tecnico c’è comunque tanta onestà intellettuale e raro spirito di autocritica. Gliene dobbiamo dare atto.

La scuse di Taddei

Torres-Alessandria (18)

Così come nell’ancora concitato post-rabbia, le parole espresse da Riccardo Taddei non fanno altro che confermare che si tratta di un professionista serio, degno di aver indossato la fascia di capitano: “Chiedo scusa, perché è giusto così e perché sono stato il capitano di questa squadra per più di un girone ed è legittimo e sacrosanto che io ci metta la faccia. Non ho niente da dire, quando si è in torto si sta zitti. Sono qui, lo ribadisco, per metterci la faccia, perché solo questo, adesso, si deve fare. Le mie scuse sono per tutti quelli che hanno creduto in un sogno. Che è svanito come nessuno avrebbe mai pensato. Le motivazioni di un crollo così pesante? Adesso non riesco a trovarle, non so cosa rispondere. Prima della partita contro il Como avevo parlato del primo posto mancato. Però i professionisti devono avere l’intelligenza, una volta mancato il traguardo più importante, di spostare l’obiettivo. Si abbassa un po’ l’asticella, anche se resta alta, perché i playoff tali erano. Svanito anche questo obiettivo chiedo scusa, insisto, anche a nome di tutti i compagni, a chi ha creduto in questo sogno insieme a noi. Noi che siamo stati gli artefici, in positivo e in negativo, di tutto. Le scuse sono per non aver raggiunto i playoff, perché non si discutono l’impegno di tutti e l’attaccamento al sogno.
Il futuro? Al momento il presidente Luca Di Masi, che ha visto la partita contro il Venezia in Curva Nord, non ha ancora parlato. Lui è molto ambizioso, anche se l’essere troppo tifoso a volte ti fa vedere le cose in maniera un pochino distorta, Moratti docet. Siamo sicuri che non si rassegnerà ad aver solamente accarezzato il sogno. Ma vi sarà tempo per annunciare e commentare quelle che saranno le nuove scelte.
È vero, alla vigilia del campionato lo stesso Di Masi aveva annunciato che l’obiettivo era quello di concludere il campionato nella parte sinistra della classifica. Ma l’Alessandria ha terminato il girone d’andata indossando la coroncina di reginetta d’inverno. A quel punto ha gettato la maschera, e l’obiettivo è stato chiaro che non sarebbe più stato quello declarato nel ritiro valdostano. Ecco perché il sogno è diventato delusione e dramma. Ecco perché un grande uomo, prima che un grande giocatore come Taddei, ha avuto il coraggio e l’umiltà di chiedere scusa.

Mario Bocchio

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