“Di Alessandria conservo tantissimi ricordi belli, ma anche l’amarezza di aver stretto la mano a tanti con la doppia faccia”

mercoledì, 06 Giugno 2018

 

È stata la Lazio la squadra che l’ha fatto conoscere al grande calcio. Da giocatore, il suo compito consisteva nell’impedire agli altri di giocare bene. Professione difensore, difensore vecchia scuola: poca grazia e tanta sostanza. Angelo Adamo Gregucci non era un campione, ma raccoglieva la stima di tanti. Anche del commissario tecnico della Nazionale Azeglio Vicini, che nell’autunno del 1990 lo convocò per un doppio impegno di qualificazione agli Europei. Gregucci piaceva perché era un giocatore utilissimo. In campo e nello spogliatoio. Da allenatore, la sua attitudine a fare gruppo è diventata priorità, il primo passo per raggiungere traguardi importanti. Alla guida dell’Alessandria, città che lo aveva accolto giovanissimo per insegnargli il calcio vero, ha fatto ballare una città intera, portandola alla semifinale della TimCup contro il Milan.

“Ho cercato di esaltare le qualità dei ragazzi che avevo a disposizione, dicendo loro che dovevamo mettere la dedizione al lavoro e lo spirito di appartenenza davanti a tutto. Ho ricordato loro che il calcio è soprattutto un gioco, un modo per divertirsi e per divertire. La partite non si vincono mai grazie al modulo, ma all’impegno di tutti a remare nella stessa direzione”.

“Voglio uomini veri, prima che calciatori .– ci ha spiegato la sua filosofia – Per esperienza, posso dire che le grandi squadre non si costruiscono soltanto comprando calciatori ricchi di talento. Servono giocatori che sappiano assumersi le responsabilità, che vanno affrontate e superate con maturità e intelligenza. Ne sono certo: oggi gli stupidi non possono fare carriera”.

Ha iniziato ad allenare nel 1999, alla Reggiana. In Serie A con Lecce e Atalanta non è andata benissimo.

Oggi è entrato a fare parte dello staff tecnico della Nazionale con il nuovo Ct Roberto Mancini. Gregucci è sempre stato un suo fedelissimo del “Mancio”, chiamato a risollevare le sorti della maglia azzurra dopo la deludente mancata qualificazione agli imminenti Mondiali in Russia.

“Io però vorrei guidare una squadra in Champions League, questo è il mio obiettivo. Come si dice, bisogna mirare alle stelle per colpire la luna. È vero, in Serie A non è andata benissimo, ma è altrettanto vero che la mia esperienza è durata complessivamente un mese o poco più. In Italia va così, due partite sbagliate e sei fuori. E se poi la stampa spinge contro, è solo questione di tempo, l’esonero è dietro l’angolo. La panchina della Lazio per me non è un’ossessione e poi oggi è salda nelle mani di Simone Inzaghi. Non posso nascondere che sia la società che porto nel cuore, lì ho trascorso una parte importante della mia carriera”.

Gregucci ha fatto parte della “banda dei -9”, che si salvò dalla clamorosa retrocessione in serie C. Quella sua Lazio è entrata nella storia e nel cuore dei tifosi biancocelesti.”Non era una grande squadra sotto il profilo tecnico, ma era formata da giocatori di grande spessore umano. Era il 1986, la società venne retrocessa in Serie C per lo scandalo del Totonero-bis e poi ripescata in Serie B con nove punti di penalizzazione. Prima ancora di sapere la sentenza definitiva, il tecnico Eugenio Fascetti radunò la squadra nel sottoscala di un albergo e ci chiese chi volesse andarsene: nessuno fece un passo indietro. Io ero un ragazzino, non mi sarei mosso per nulla al mondo, ma c’erano giocatori che potevano ambire a soluzioni migliori. Sul campo, la dimostrazione che i conti tornavano. Ci salvammo agli spareggi al San Paolo e l’anno successivo arrivò la promozione in Serie A”.

Alla Reggiana ha conosciuto da vicino i metodi di Carlo Ancelotti, allora debuttante in panchina. Per molti addetti ai lavori, è tra i migliori tecnici in circolazione.

“Carletto non è tra i migliori, è il migliore, senza alcun dubbio. Ne sono convinto da quando l’ho conosciuto a Reggio Emilia. La ragione è presto detta: Ancelotti è un campione del mondo nei rapporti umani. Con lui, si va sempre sul sicuro. Come tecnico, poi, è un fuoriclasse. Farà benissimo anche al Napoli”.

E i Grigi? “Hanno la fortuna di avere come presidente una persona veramente seria, e oggi nel calcio trovare tante persone serie è difficile. La piazza non lo deve  però stufare, altrimenti saranno veramente cazzi amari. Scusate l’espressione, ma sono certo di aver detto tutto. Di Alessandria conservo tantissimi ricordi belli, ma anche l’amarezza di aver stretto la mano a tanti con la faccia doppia. Persone che si facevano i selfie con me, mi portavano al settimo cielo, Gregu di qui, Gregu di là e poi hanno chiesto la mia testa. Tiravano i calci dietro alla panchina, me ne dicevano di tutti i colori. Nel ritiro di Pescara, alla vigilia della gara di playoff a Foggia, ho incontrato Marescalco che era venuto a trovarmi. L’ho abbracciato e gli ho subito detto: ‘Ciccio amico mio, se domani l’Alessandria perderà mi cacceranno, è già scritto, perché i tifosi vogliono così e il presidente finirà per accontentarli’. Ecco, se vogliamo parlare di errori, Di Masi ne ha commesso uno a mio parere grandissimo: andava sempre sotto la curva ad esultare con i tifosi e poi abbiamo visto come gli stessi lo hanno e lo stanno ripagando. Sì, perché nonostante tutto cerco sempre di informarmi su cosa accade ad Alessandria e sono contento che il mio amico Viganò si sia ripreso. I Grigi dovrebbero fargli un monumento per quello che ha sempre dato, con tutto sé stesso”.

Gregucci, è noto che nel calcio la riconoscenza non è poi tanto di casa… “Vero, pensate che quando me ne sono andato ho voluto salutare tutti in occasione della partita tra l’Alessandria e gli sponsors: dalla tribuna mi hanno urlato ‘Vai, vai terrone, torna da dove sei venuto’. Ho detto tutto”.

Gregucci, come detto, ha collezionato prestigiose collaborazioni tecniche con Mancini dal Manchester City all’Inter (dopo l’Alessandria) fino alla più recente allo Zenit. Ora la possibilità di aprire un nuovo ciclo per restare ulteriormente nella storia del calcio italiano con i colori azzurri.

Mario Bocchio

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