L’altro calcio di Porrini, il tifoso dell’Inter che vinse tutto con la Juve e che gufò contro l’Italia di Sacchi

mercoledì, 08 Novembre 2017

 

Bisogna sapere che Sergio Porrini è un ragazzo spontaneo e chiuso, uno che si lascia scivolare in bocca poche parole. Stopper ruvido ma capace di lampi improvvisi, in campo si segnalava per le incursioni in zona-gol, per i temerari colpi di testa. In un tranquillo pomeriggio di marzo del 1997, in piena era lippiana, Porrini decise di correre sulla fascia destra della sua carriera, di saltare in alto a costo di andare a sbattere da qualche parte, e di rovesciare nei taccuini degli increduli cronisti idee che in undici anni di calcio a nessuno era venuto in mente di tirar fuori con le pinze.

Nella Juve nel 1995 al Trofeo Berlusconi.

 

Perché proprio quel giorno, non si sa. Perché non sia accaduto prima, un mistero. Il terzino si racconta a “L’Orso in diretta”, con la cadenza lombarda di Rubagotti scende in altre profondità, illustra valori e disamori di un mestiere con zone d’ ombra e solitudini, non solo boati e primati. Quasi uno sfogo esistenziale in mezzo all’ area, tra calci in faccia e fuorigioco sospetti.

“Io credo di essere una persona sincera e onesta, dunque nel mondo del pallone, anche se oggi faccio l’allenatore a Crema, non posso trovarmi bene. Qui, per andare avanti, si deve recitare. La migliore persona che ho incontrato, cioè l’ allenatore Bruno Giorgi, faceva fatica a trovare squadre. Anche Frosio, ottima persona.. Al contrario, gente falsa è arrivata al top e potrei farvi molti esempi”.

Porrini con la maglia dei Rangers Glasgow.

 

La domanda, ingenua, era stata: Porrini, le piace ancora il calcio? “Veramente, io ricordo con nostalgia l’esperienza in Scozia con i Rangers di Glasgow. La consiglierei a tanti. Per esperienza, per imparare qualcosa. La lingua, le abitudini. Potevo giocare nel Manchester United, invece la Juve mi ha convinto a restare”. In panchina, soprattutto: “Sarebbe bello andare in campo perché lo meriti e non solo perché un compagno sta male oppure è squalificato. Mi rendo conto che Ferrara e Montero erano i più bravi del mondo, è vero che Torricelli era stato il migliore nella finale di Roma, non era facile superare gente così”. Eppure non sembra lo sfogo di un panchinaro cronico. Piuttosto, di un uomo a disagio. Con i soldi, con scudetti e Coppe. Si può anche così. “Il calcio porta via troppo tempo per le cose importanti. Gli investimenti economici mi sono serviti per dare certezze alla mia famiglia”. In molti casi, il calciatore dice di solito che la sua attuale squadra è la migliore al mondo, che la ama dai giorni dell’ asilo, che è una scelta di vita e per nulla la cambierebbe. Porrini no. “Ho sempre tifato Inter “. Una volta, quando giocava ancora, gli chiesero se avesse mai fatto il tifo contro i bianconeri per le ammesse ragioni del cuore: “Contro la Juve mai, contro la Nazionale sì. Sono uno degli italiani che hanno gufato gli azzurri e Sacchi durante i Mondiali americani. Non mi è mai piaciuta la sua presunzione. È stato un grande allenatore, ha cambiato il calcio italiano ma con un carattere diverso avrebbe ottenuto più consensi. Per questo ho tifato Nigeria e Brasile”. Sempre per la cronaca, Sacchi portò Porrini in azzurro: “Non c’ entra nulla, doveva farlo. Ma lui è sempre troppo sicuro di sè”.

All’Atalanta nelle vesti di viceallenatore. con lui Edoardo “Edy” Reja.

 

Insolite parole e strana storia, quella del terzino che Boniperti pagò undici miliardi all’ Atalanta strappandolo al Milan, cioè a Sacchi. Una cifra che è stata zavorra e macigno. Lui ha impiegato anni a liberarsene, forse non del tutto. Nel frattempo, mentre Vialli invitava invano a intervistarlo, Porrini ha giocato molto ma senza partire mai titolare, senza la sicurezza di chi ce l’ ha fatta. Sono parecchie le cose che non ci si attenderebbe da un tipo così: lo vedevi ondeggiare come un pistolero stanco, con le gambe larghe e la barba lunga, mettendo un monosillabo dietro l’ altro e faticavi a credere che Sergio Porrini fosse uno dei migliori scacchisti della Juve. Durante le trasferte insidiava il primato a Jugovic, quando altri leggevano Diabolik. Resta un mistero la causa di quel campionato con l’Alessandria che sembrava già vinto e che alla fine si concluse con l’incredibile eliminazione nei playoff ad opera della Sangiovannese. I tifosi lo misero sul banco tra i principali imputati.

https://www.youtube.com/watch?v=ev4HnYsXp6E

“Che dite, riprendiamo a fingere?”. Porrini ci saluta.

Mario Bocchio

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