Il corsivo di Mario Bocchio
Non sono solo canzonette diceva Edoardo Bennato parlando di musica popolare. E aveva ragione. E anche il calcio, così carico di significati e di contenuti psicologico-sociali e interessi economici, da tempo non è più solo un gioco a punti. Da uomo intelligente, piemontese atipico dall’accento arrotato, lo sa bene anche Luca Di Masi, il presidente dell’Alessandria.
“A Torino abbiamo portato l’orgoglio della nostra gente” aveva dichiarato ai microfoni di Sky Sport commentando la storica semifinale di TimCup contro il Milan. “Orgoglio”, che significa senso di appartenenza e identità. Una bandiera del cuore, che si identifica anche in simboli della storia e nelle maglie della squadra.
Affidare al calcio il riscatto totale di una città certo, si ripete da anni, è fuori luogo. Ma la squadra può fare da volano, diventare un traino per richiamare a maggiori responsabilità e amore per la propria città, risvegliando in tutti un senso civico figlio della comune appartenenza, che sembra sempre più sfumarsi.
Chiedere troppo ad un gioco? Forse sì, ma se il campionato di calcio mette di fronte squadre che rappresentano una città, e spesso un’intera regione o area geografica, un motivo deve pur esserci. L’Italia delle subnazioni, delle storie e identità diverse unite politicamente in un’unica Nazione, in questo modo riconosce le sue diversità culturali. Diversità che sono sempre ricchezza.
Purtroppo tutto questo degenera spesso nella contestazione quando i risultati non arrivano, anzi ti sfiorano in maniera beffarda come purtroppo accaduto in occasione dello … Leggi >