I ragazzi di oggi probabilmente si sfideranno in una gara a “Fifa” o in una a “Pes“, ma per le generazioni passate – come la mia – gli anni della fanciullezza sono sinonimo di ben altre “sfide”, quelle vere, giocate nei cortili: partite epiche.
Con pile di giubbotti a fare da palo, oppure delle bottiglie di plastica, nei casi più fortunati a delimitare la rete c’era un portone: questi sono i ricordi di chi ha giocato quelle “mitiche” sfide, con un numero di componenti variabile per ogni squadra. Quelle erano le partite giocate dal primo pomeriggio fino al calar dell’oscurità, e avevano un solo protagonista, oltre ai piccoli calciatori, e cioè il pallone.
È capitato che uno come me, infatuato della maglia grigia, volesse sempre essere “Cicciogol” Marescalco – il mio eroe di quei favolosi anni Ottanta – e che un mio compagno di giochi, altrettanto supertifoso del Liverpool, optasse per il portiere Bruce Grobbelaar.
E allora poteva anche capitare che in un inedito – e altrettanto meraviglioso – match tra Alessandria e Liverpool, Marescalco – che nella realtà era solito gonfiare le reti avversarie nei campionati italiani di Serie C – riuscisse addirittura a trafiggere Grobbelaar. Sì, proprio lui, il numero uno dei Reds, che in quella drammatica finale contro la Roma mostrava atteggiamenti da sbruffone, strizzando l’occhio ai fotografi appostati dietro la linea di fondo, mordendo le corde della rete come se fossero spaghetti, danzando sulla linea di porta. Se il … Leggi >