Museo Grigio - Archivio Storico

Stagione: 1929/1930
Serie A
15-12-1929 - Giornata: 10 - Alessandria - Littorio


Alessandria US - Ambrosiana AS 1 - 2 (1 - 1)
RETI: 34. Ferrari G.[A] 20. Serantoni P. [Am] , 54. Conti L. [Am]

Alessandria US Balossino Natale, Costa Felice, Gallino Luigi, Avalle Edoardo, Gandini Giuseppe, Bertolini Luigi, Chierico Carlo Angelo, Marchina Libero, Cattaneo Renato, Ferrari Giovanni, Autelli Mario All.: Carcano Carlo

Formazione avversaria
AMBROSIANA AS: Smerzi; Gianfardoni, Allemandi; Rivolta, Viani (I) Giuseppe Ferruccio, Castellazzi; Visentin (III) Umberto, Serantoni, Meazza, Blasevich, Conti. All.: Weisz Árpád

Arbitro: Barlassina Rinaldo (Novara)
Note
Giornata primaverile, terreno difficile Inizio gara ore 14.30 Prima sconfitta casalinga in Serie A Secondo il Corriere della Sera il gol dei grigi sarebbe di Gandini

Commento
La squadra che s’era fatta battere senza onore dalla Triestina ha sconfitto otto giorni dopo l’Alessandria sul campo dove né Torino, né Roma, né Juventus se l’erano cavata. C’è vincere e vincere. L’Ambrosiana ha vinto in guisa tale da raccogliere alla fine della partita una calda e spontanea ovazione da parte della folla, che pur doveva essere in lutto per la sconfitta dei giocatori locali. Ha vinto spiegando un gioco magistrale, battagliero e pure armonico, elegante e pur veemente. L’Ambrosiana ha vinto nello stile della grande squadra destando nel pubblico alessandrino la più schietta ammirazione e nella mezza centuria di soldati meneghini qui di stanza il più rumoroso entusiasmo. Eccola lì la squadra che domenica scorsa giocava senz’arte né passione, indifferente al flusso e al riflusso della palla, disamorata della partita, e quasi sprezzando insolente il doloroso stupore del pubblico tradito. Eccola, oggi, far dell’accademia eletta e del generoso combattimento, solida ed elastica, intraprendente e spumeggiante di brio, quasi innamorata del suo gioco, altera ed ardente. Eccola la cenerentola di ieri, la regina di oggi, la sfinge di sempre… La più bella partita vista quest’anno. Gli alessandrini possono dubitare della sincerità di questa affermazione, dato che essi possono accusare la squadra locale di parecchie colpe e scoprire nel suo gioco parecchi errori. Eppure, considerata in sintesi, la partita s’è nettamente staccata dal piano usuale delle settimanali partite di campionato per assurgere all’altezza di un mirabile spettacolo sportivo: e ciò non soltanto per la struttura tecnica del gioco e per la vivacità della battaglia, ma per il maschio spirito cavalleresco che tutta l’ha pervasa. È una gioia profonda, per lo sportivo che in campo non vede soltanto una palla contesa da una moltitudine di piedi isterici, assistere ad un match senza tossico di villanie, di proteste, di scarponate. Per questo aspetto, la partita di Alessandria è stato un conforto e un esempio. Pareva proprio che le squadre, affascinate dalla bellezza stessa dello sport che servivano, si impegnassero d’istinto a bandire dal gioco tutto ciò che potesse macchiarlo, per farne rilucere lo stemma. Una partita che, alla fine, il capitano dei vincitori e il capitano dei vinti si stringono la mano, senza rancore e col fiero sorriso di chi s’è nobilmente battuto per la bandiera. Vediamo ora la partita sotto il profilo dei suoi temi tattici. Partita varia, complessa, emozionante. A pigliare l’iniziativa delle operazioni è stata l’Alessandria: per il quarto d’ora del prologo, l’Ambrosiana si è limitata a fronteggiare, scompigliare, frantumare i reiterati assalti degli avversari. Pareva che da un momento all’altro la capitolazione dei neroazzurri dovesse venire. E invece, al 20’ di gioco, l’Ambrosiana segnava il suo primo punto con una di quelle azioni a disegni geometrici che sono tanto esatte, inesorabili e nitide da dare l’impressione che un improvviso colpo di scopa abbia spazzato il terreno degli avversari per lasciar passare, comodi e liberi, i vincitori. Quel goal irresistibile era troppo poco «maturato» per convincere i grigi della superiorità stilistica dei neroazzurri: cosicché, i grigi contrattaccavano e con irruente successione di ondate pervenivano al pareggio. Poco convincente il pareggio, perché sgorgato da un tiro di punizione, ma naturale epilogo di un periodo di netta prevalenza alessandrina. Riflessioni durante il quarto d’ora del riposo: l’Alessandria ha attaccato di più, l’Ambrosiana ha giocato meglio. L’Alessandria parte di foga, supera la metà campo in forza, nell’area di rigore si mette a bollire; l’Ambrosiana, invece, parte come va via la lama dello schermidore, rapida e lucente, dopo i lunghi temporeggiamenti a ferri legati. L’Alessandria è più forte, l’Ambrosiana è più elastica. Impossibile prevedere quel che succederà nel secondo tempo. È successo che, essendosi accentuati i difetti della squadra alessandrina, l’Ambrosiana ha imposto ai rivali il suo gioco e ha vinto netto, più netto di quel che recita la cronaca dei goals. Nella ripresa è successo come nelle corride, quando il toro si spegne negli occhi e nelle ginocchia e l’espada fruga con insensibili tocchi il collo per scegliere il punto dove avviare la lama, e il toro ha generosi e vani e disperati sussulti, e l’espada che è paziente salta via, e poi torna, e poi la fa finita. E veramente l’Alessandria ha chiesto alla generosità del cuore quello che lo spirito annebbiato e i muscoli stanchi più non sapevano suggerire; e l’Ambrosiana è partita col suo gioco nitido e freddo, intelligente e anche un poco crudele, com’è crudele la tecnica quando prevale sulle incomposte fiamme del cuore che vacilla. All’Alessandria è mancata la linea d’attacco. Due soli tiri, epilogo di azioni in linea, sono partiti dai forwards: il resto, mischie o assalti disordinati. La prima linea dei grigi, di solito, sa bene sbrogliare la palla e affidarla al giocatore meglio orientato verso la rete: oggi questa tattica è fallita miseramente. Colpa per metà dei terzini neroazzurri che un errore, nemmeno veniale, non l’hanno commesso; colpa per l’altra metà degli attaccanti medesimi che in area di rigore perdevano, con le idee, il controllo della palla e la nozione del bersaglio. Assai meglio si sono comportati mediani, terzini e portiere. I laterali più che il centro Gandini, costretto dalle sfavorevoli vicende del gioco a tamponare le falle che s’aprivano nella sua squadra e malamente coadiuvato dagli attaccanti che la palla o perdevano o impasticciavano o infilavano in vicoli ciechi. Saldi, attenti, infaticabili Avalle e Bertolini. La zona di difesa, specialmente nel secondo tempo, si è vista di sovente sguarnita, affidata com’era al solo Gallino che in su e in giù caracollava, mentre Costa s’era buttato avanti per dare man forte ai compagni in affannosa caccia del pareggio. Il portiere Balossino ha risolto più di un imbroglio in virtù del suo coraggio e della esatta scelta del tempo: ha evitato due goals che parevano bell’e maturi. Un portiere svelto come un gatto; terzini poderosi e tempisti, sicuri sulla palla ed energici sull’uomo senz’essere fallosi; un Viani al centro intelligente, vario nel gioco, agile, resistente; Rivolta tutto scatti, brio, astuzia; Visentin secco e fulmineo come una frustata; Meazza tastiera di comando, ardito ideatore di temi stilisticamente ammirevoli, accorto e sornione, palleggiatore eccellente e prontissimo tiratore a rete, giocatore di gran talento; Serantoni, il coolie della squadra per il suo incessante prodigarsi, tutto ardimento, voglia di battersi, smania di vincere; e Blasevich e Conti, spaesato all’ala sinistra ma autore del goal della vittoria: ecco la squadra che ha vinto, una squadra che veramente «sentiva» il gioco nella misteriosa trama dei riflessi tra le linee e tra gli atleti, nel misterioso orientamento della palla, nel misterioso battito delle volontà concordi. L’Ambrosiana ha giocato, quest’oggi, come un rivo scorre, con musicale naturalezza, lambendo e superando i grossi ciottoli, spartendo e riunendo i fili d’acqua, aprendosi la via con infallibile eleganza, senza una stilla di fango che intorbidisse la vena. Mezz’ora (nella ripresa) di football artistico, da ricordare per un pezzo. E adesso chi si fa sotto, delle «diciotto», a dimostrare come e qualmente l’Ambrosiana sa fare anche un gioco da sonnambula, da squadra che pare viva ed è profondamente addormentata? Dev’essere tragico essere dei supporters dell’Ambrosiana. L’inizio è per i grigi, che partono su un terreno leggermente fangoso e pesante, alla volta delle trincee nemiche. La folla incita: il bel sole limpido le dà allegrezza e fiducia che tutto andrà per il meglio. Difatti, i terzini neroazzurri sono in grandi faccende per proteggere la zona investita dagli alessandrini. Un quarto d’ora, un corner per i grigi, qualche timida scorreria dei milanesi, poi al 20’ il goal. L’azione è in grande stile. Gianfardoni dà la palla a Viani che si fa luce e lancia Meazza, leggermente arretrato. Meazza a Serantoni, tagliando via Costa; Serantoni dà a tutta forza su un pallone che dista dalla rete venti metri. La palla si ficca dentro l’angolo alto, a destra, della casa dello stupefatto Balossino. Dal piede di Gianfardoni al sacco di rete, la palla non ha impiegato più di dieci secondi: un fulmine che entra da una finestra e fa il giro dell’appartamento di un fiat. Contrattacco dei grigi, ripiegamento dei neroazzurri. Molti calci di punizione: Barlassina è meticolosissimo. Al 35’, il pareggio su tiro di punizione dalla linea dell’area: Ferrari segna. La ripresa è in neroazzurro. Si comincia con un corner, si passa attraverso un tremendo SOS della casa alessandrina (la palla picchia contro l’angolo interno e sbatte giù che a stento il portiere, in una zuffa di gambe e di teste, la rigetta lontano), si arriva al goal della vittoria. L’azione è proposta da Visentin, che scavalca in piena velocità Avalle e vola verso l’estrema linea del campo: stringe di quel che basta per dare al tiro l’alzo che ci vuole. Una palla rapida, a mezza altezza, docile, colta: Blasevich la sfiora, Conti l’arresta, se la accomoda sul piede, la saetta in rete. È il nono minuto. L’Alessandria va all’attacco, ma gradatamente le sue forze si spengono, i reparti perdono i collegamenti, i giocatori si inginocchiano. Allora si vede l’Ambrosiana ripartire, riproporre temi brillanti di gioco, collezionare tre corners, minacciare la zona di Balossino. Da notare, al 27’, una splendida parata di Smerzi su un tiro di Avalle, all’angolo basso della rete (ancora un calcio di punizione). Si finisce che il sole incendia l’orizzonte. La partita ha avuto nel sig. Barlassina un arbitro assai scrupoloso. Esatto e pronto nelle decisioni tecniche, è parso a noi eccessivo il rigore dell’arbitro nell’apprezzare i falli e nell’appioppare i calci di punizione. È però da aggiungere che Barlassina, implacabile nel fermare e nel punire fuori d’area anche per falli veniali, ha ben giustamente negato la sanzione del penalty che un fallo di braccio di Catellazzi avrebbe potuto suggerire ad un arbitro più pignolo e meno scrupoloso. Alla partita ha assistito il Commissario tecnico della squadra nazionale Vittorio Pozzo. (Bruno Roghi, «La Gazzetta dello Sport», 16 dicembre 1929) VITTORIA DELL’AMBROSIANA SUL CAMPO DI ALESSANDRIA La squadra dell'Ambrosiana, battuta domenica scorsa in casa sua dalla Triestina, ha vinto oggi sul terreno difficilissimo dell'Alessandria su cui aveva ceduto la Juventus e nessuna altra squadra aveva mai potuto passare in questa stagione vittoriosamente. Meravigliose stranezze del football, sport che avvince e affascina appunto per queste sue alternative che capovolgono tutte le situazioni da una domenica all’altra. Oggi abbiamo assistito a una magnifica partita giuocata con lealtà davanti a un pubblico cavalleresco e vinta indiscutibilmente dai migliori in campo. Perché l'Ambrosiana ha meritato la splendida vittoria per l'encomiabile condotta di tutti i suoi uomini; e il punteggio anche non indica con esattezza tutta la sua odierna superiorità ed eccellenza di giuoco. Gli ambrosiani messi di puntiglio dalla sferzata di domenica scorsa, coi quadri più a posto anche per le migliori condizioni fisiche, hanno imposto la classe veramente ottima di tutto il complesso e il risultato è la logica conseguenza di una supremazia effettiva, affiorata già nel primo tempo e affermatasi poi via via in tono sempre più forte nella ripresa. Infatti il maggior equilibrio lo si è avuto nei primi quarantacinque minuti di giuoco. Gli ambrosiani iniziavano con un attacco pericoloso sulla destra. Ma la prima parata non facile toccava al portiere nero-azzurro Smerzù e la prima situazione veramente insidiosa avveniva sotto la rete della squadra milanese al 14° minuto, provocata da una rovesciata di Cattaneo che sfiorava il palo. E ancora due minuti dopo Viani deviava in corner un pallone preoccupante e Smerzù era costretto poi ad una riuscita parata da un tiro di Bertolino. Ma dopo questo fase, l'Ambrosiana, che pure aveva fronteggiato assai bene col poderoso lavoro dei suoi terzini la pressione dei « grigi » d'Alessandria, inscenava una efficace reazione che aveva subito esito conclusivo. Al ventesimo minuto Viani raccoglieva il pallone, lo allungava a Blasevich, questi lo passava a Meazza, che, con abile traversata laterale, offriva l'occasione all'interno destro. Serrantoni, ammirevole di attività, non se la lasciava sfuggire e al volo, in piena corsa, sferrava il tiro da circa venti metri, marcando un goal insuperabile che sorprendeva nettamente, per la classicità dell'azione e la mirabile decisione, il portiere avversario. L'Alessandria ha tentato il contrattacco ma disordinatamente, senza una linea, con affanno dannoso e con azione troppo concentrata. Al ventiseiesimo minuto, su traversone di Visentin, per pochissimo Blasevich non marcava con una ripresa col capo, un altro punto. I « grigi » sono ritornati rabbiosamente all'offesa; Allemandi e Gianfardoni li hanno respinti più volte. Finché al ventinovesimo minuto, su fallo dell’ Ambrosiana, Gandini ha impegnato direttamente Smerzù che un minuto dopo ha dovuto respingere un altro calcio di punizione tirato questa volta da Avalle. Il portiere nero-azzurro ha avuto in questo periodo del buon lavoro finché al trentacinquesimo minuto l'arbitro Barlassina ha colto un fallo di Viani - un fallo che non ci ha convinti - proprio sulla linea dell’area di rigore milanese. Altro calcio di punizione quindi tirato da Gandini in modo superbo; e il pallone è entrato imparabilmente d'angolo nella rete nero-azzurra, conquistando cosi il pareggio per gli alessandrini. Ma è nella ripresa, proprio quando il pubblico attendeva con fede le spiegamento più chiaro delle forze alessandrine, che invece si è affermato decisamente il giuoco ambrosiano. Subito al primo minuto i nero-azzurri hanno ottenuto un corner; e in seguito gli attacchi dei milanesi si sono fatti sempre più insistenti: al settimo minuto un tiro di Blasevich è stato respinto dalla parte inferiore del palo trasversale con un curioso effetto che ha fatto cadere il pallone sulla linea bianca della porta che non è stata varcata per pochissimo. E due minuti dopo un traversone di Visentin è calato su Blasevich che ha allungato il pallone a Conti, il quale ha ritrovato per un attimo tutto il suo valore ed ha operato un magnifico tiro, tiro che ha fruttato il secondo goal, pure imparabile, dell'Ambrosiana. Si può dire che l'incontro, per quanto rifletteva il suo risultato, è finito con questo goal. Si è intuito subito che la gara doveva ormai risolversi con la vittoria nero-azzurra. Gli alessandrini spinti avanti dai sostegni, hanno tentato più volte di passare. Alcuni falli di punizione fischiati a loro favore nelle vicinanze dell'area di rigore avversaria hanno messo in evidenza la poderosità dei tiri di Avalle e di Gandini e l'abilità di Smerzù. Al diciannovesimo minuto Gianfardoni ha allontanato con un colpo di testa un pericoloso pallone quasi sulla linea della porta, pallone che Serrantoni ha deviato poi in corner. Insomma qualche minaccia c'è stata ancora per la rete nero-azzurra. Ma sono state azioni sempre arruffate é inorganiche che non meritavano premio. Mentre invece gli ambrosiani hanno intessuto una serie di trame bellissime che in pochi colpi « tagliavano » fuori letteralmente tutto lo schieramento alessandrino e portavano l'insidia sotto la rete di Balossino, che ha potuto salvarsi a stento e non senza fortuna. Da notare in particolar modo qualche azione a due, rapidissima, di Meazza e Visentin e il finale poi dell'intera squadra, finale che ha convinto tutti e per primo il pubblico alessandrino. che merita il più vivo encomio per il suo contegno squisitamente sportivo. La folla, dopo l’incontro si è unita per applaudire i vittoriosi al plotone di soldati milanesi che avevano fatto la colletta per acquistare un mazzo di fiori da poter offrire alla squadra della loro città. Questo fatto di questa folla, che con l'amarezza nel cuore trova lo slancio generoso per applaudire la squadra non sua, ma che ha vinto, devo essere particolarmente segnalato e messo all'ordine del giorno. Mentre uscivamo dal campo, uno dei più accorati accusava tale folla: « Se la squadra non ha vinto è perché il pubblico non le ha dato il solito appoggio con l'usato entusiasmo.» Errore. Il pubblico non domandava che di poter scattare nell'incoraggiamento e nell'applauso; e attendeva solo lo spunto. Ma la squadra alessandrina non era oggi in grado di dare vita all'abituale passione. Buoni soltanto i sostegni ci parvero: Gandini, Avalle e Bertolini. Non in buona efficienza invece i terzini, quasi sempre sulla stessa linea e indecisi fra l'ala e la mezz'ala. E ancor meno efficienti gli uomini dell'attacco fra cui notammo un errore notevole d'inquadratura. Il difetto è apparso evidente. Con lo spostamento di Cattaneo al centro si sono avvicinati i due migliori clementi della linea - Cattaneo e Ferrari – e si è accentrato il giuoco su questi due e si è reso cosi facile il lavoro della difesa avversaria impostando appunto la trama dell'offesa sterilmente al centro, invece di allargarla alle ali. Data poi la mediocrità delle estreme, meglio far ritornate Cattaneo all'esterno. I difetti del resto sono apparsi più evidenti per la sorprendente giornata dell'Ambrosiana che, come dicemmo, ha disputato una grande partita. Tecnica e cuore hanno aperto la via al successo clamoroso. Tutta la squadra ha funzionato egregiamente, ad eccezione di Conti, che alla sinistra non e sembrato ancora a suo posto, ma che pure ha trovato lo scatto per marcare il superbo goal che ha dato la vittoria ai milanesi. Rivolta, incerto nel primo tempo, si è ripreso nel secondo, pur nelle attuali non perfette condizioni di salute. Castcllazzi, un po' fermo all'inizio, ha ritrovato via via tutto il suo pregevole giuoco. Viani, anche più continuativo del solito, è piaciuto moltissimo. Colpito in modo involontario, ma duramente da Cattaneo, con un colpo al capo, è rimasto in linea, sempre validissimo nonostante la ferita frontale che poi ha dovuto farsi curare all'ospedale con qualche punto di sutura. Fortissima ci è sembrata poi tutta la difesa e abilissimo l'attacco che ha saputo in poche battute raggiungere l'obiettivo con azioni di mirabile fattura. Migliori fra i migliori, Meazza e Visentin, artefici di bellissime discese. Ma da elogiare primo fra tutti, primo anche fra quelli degli altri reparti. Serrantoni, instancabile e prezioso giuocatore. esempio di volontà e niente affatto disordinato pure nel suo doppio gravoso lavoro d'attacco e di difesa. La partita è stata giuocata sul terreno del Littorio, sul nuovo campo, - creato quest'anno per la squadra d'Alessandria dalla passione dell'on. Rocca, con l'appoggio di tutte le autorità, dal prefetto al segretario federale, al podestà che ha fatto regalare l'area dal Comune e concedere il mutuo, - campo progettato dal geometra Savoiardo e capace di ospitare ventimila persone, con spazio di giuoco di cento metri per sessantatrè. L’arbitro Barlassina, uno dei migliori, è stato oggi meno felice del solito. (Corriere della Sera – edizione del pomeriggio – Emilio De Martino) Questa sconfitta dell’Alessandria sul proprio campo, se la mia valutazione non sbaglia, costituisce l’avvenimento più clamoroso che si sia verificato dall’inizio del campionato. Sconfitta assolutamente fuori di ogni previsione, e non solo perché l’Ambrosiana era stata battuta otto giorni prima a Milano da una unità non eccelsa, ma essenzialmente per quello che di irresistibile vi è generalmente nel gioco dell’Alessandria quando essa si trova nella cornice del proprio pubblico. Dirò più avanti come la squadra neroazzurra è pervenuta a questo successo veramente sbalorditivo. Quello che importa subito rilevare è che l’incontro ha un poco tradito l’attesa per quanto concerne la tecnica del gioco. Quando si dice che l’Alessandria non è riuscita in tutto l’incontro a segnare un solo goal su azione manovrata e che l’unico punto che ha salvato l’onore della giornata è stato ottenuto su calcio di punizione, si denuncia da una parte il marasma della linea attaccante dei grigi e si delinea dall’altra, sia pure sommariamente, l’andamento tecnico della partita. Certo, perché una qualunque squadra possa vincere su questo terreno è preliminarmente necessario che la squadra alessandrina giochi nettamente al disotto della sua classe. Il gioco della squadra ospite è su questo campo sempre un gioco di riflesso, nel senso che i suoi pregi hanno un rilievo limitato e che la sua azione si rifà su quella avversaria. L’Ambrosiana non dovette avere all’inizio molte incertezze per valutare la efficienza dei grigi. Anche un osservatore superficiale, del resto, aveva modo di rilevare che l’andatura degli ospitanti difettava di scioltezza, che la trama del loro gioco si spezzava per ricomporsi poi a fatica, che un certo nervosismo serpeggiava nelle loro file. Occorre però aggiungere che queste constatazioni non avevano riscontro troppo sensibile nell’andamento della partita. La volontà acerrima degli alessandrini mascherava le incertezze del gioco e tutto il primo quarto d’ora filò senza che la partita potesse assumere una fisionomia precisa. Energica però sempre, balenante a tratti di azioni di impeccabile stile che subito si dissolvevano, interessante più per le emozioni che sembrava promettere che non per la linea tecnica che offriva. Da un incontro così disordinato, tutto fatto di rovesciamenti improvvisi di situazioni appena createsi, con un giuoco che era un’offesa pressoché continua alla tecnica e allo stile, è naturale che non potessero scaturire goals impeccabili. Il giuoco era più istinto che calcolo, più improvvisazione che studio. E quando, al 20’, Serantoni segnò il primo goal per l’Ambrosiana, rimase in molti l’impressione che circostanze particolarmente fortunate l’avessero reso possibile. È stato, invece, uno dei goals più suggestivi. In un velocissimo contrattacco dell’Ambrosiana, all’altezza dell’area di rigore, Meazza effettuava un corto passaggio a Serantoni, scostato di poco alla sua destra. Ricevendo il passaggio, Serantoni, senza indugio, da fermo, scoccava un tiro fulmineo sulla porta di Balossino e la cannonata, di una rara precisione e potenza, batteva nettamente il portiere dei grigi. Le circostanze fortunate sarebbero queste: la miracolosa precisione del tiro, tanto più perché effettuato con la palla in movimento ed in una situazione che non permetteva per il controllo nemmeno l’indugio di un attimo, il fatto che la palla, pure scoccata con tanta violenza, è andata proprio ad incunearsi nell’angolo alto della porta sulla destra di Balossino come se una mano giudiziosa ve l’avesse portata con minuziosa esattezza, e per ultimo il sole che non permise al portiere dei grigi di controllare con esattezza la traiettoria del tiro. Le abbiamo elencate per abbondanza cronistica, non certo per svalutare l’irresistibile bellezza dell’azione. Di questi tiri ne riescono, sì e no, uno su dieci; non importa. Bisogna dire che il goal è stato meritato per la stessa ragione per cui si sarebbe gridato alla sfortuna – come sempre succede in queste occasioni – se la palla avesse invece colpito il palo. Tre grandi fasi ha avuto la partita nel primo tempo: una iniziale di giuoco incerto, culminante con la sorpresa del goal; una centrale di energica reazione alessandrina, conclusasi con il punto del pareggio al 34’; ed una finale di rapidi, minacciosi ritorni offensivi dell’Ambrosiana. Nel quarto d’ora che va dal goal dell’Ambrosiana al pareggio dei grigi, questi ultimi hanno attaccato in prevalenza. Gioco energico, poco chiaro nella sua impostazione e nei suoi sviluppi, ma pervaso di una volontà inflessibile, schiarentesi a tratti come per un fugace ritorno dell’antica virtù tecnica, ma comunque, anche nei momenti più oscuri, tenace, ostinato, insistente, come se volesse sfondare l’ostacolo che non gli riusciva di aggirare. L’incontro ebbe, in questo periodo, delle fasi di alto fascino. Sembrò anche che l’Alessandria tornasse al suo giuoco migliore, ma questo fu più nella nostra illusione che nella realtà. Di tratto in tratto, il passo pesante del plotone grigio veniva interrotto dalla improvvisa galoppata di un contrattacco neroazzurro che provocava, per qualche momento, un po’ di panico nei ranghi difensivi alessandrini, ma subito riprendeva il dominio degli ospitanti. Passò circa un quarto d’ora di gioco affannoso, poi l’Alessandria, che già aveva battuto due calci di punizione al 28’ e al 29’, a pochi metri dal limitare dell’area di rigore, ne otteneva al 34’ un terzo, questa volta sul confine dell’area, per un fallo di Viani il quale, per spiccare il salto e colpire di testa la palla, s’è era poggiato con le mani sulle spalle di un avversario. Una mezza dozzina di neroazzurri si schieravano su di una linea compatta a protezione del goal, ma quello che avrebbe dovuto essere una difesa divenne invece un guaio. Ferrari, di fronte a quello sbarramento, non pensò né di sfondarlo con una cannonata né di evitarlo con un passaggio laterale ad un compagno. Fece invece quello che assai raramente si osa fare, e cioè tentò di superarlo con una parabola dolce del tiro. È raro che un simile tiro riesca, perché la palla o rimbalza sui giocatori che contemporaneamente saltano o finisce docile nelle mani del portiere. Questa volta, invece, tutto fu perfetto. La palla passò di misura sulle teste dei neroazzurri schierati e terminò la sua parabola giusto al momento di varcare la soglia del goal. Lo schieramento dei neroazzurri non aveva permesso a Smerzi di veder partire il tiro, e quando il portiere scattò per bloccare era troppo tardi. Allora, l’Ambrosiana, che si era ripiegata sotto la raffica della riscossa alessandrina, riprese animo. Balzò pronta all’offensiva, si difese senza disordine quando si vide costretta a subire la prevalenza avversaria, insinuò contrattacchi insidiosi con pochi passaggi essenziali. Il giuoco divenne più scintillante, le due porte furono alternativamente minacciate, l’ordine nelle squadre riapparve e disparve seguendo gli alti e bassi dell’efficienza dei due attacchi. Alla fine del tempo era facile concludere che le due squadre si erano trovate su di una stessa linea di rendimento. La ripresa si iniziò con un calcio d’angolo contro l’Alessandria e subito i neroazzurri dimostrarono di voler impegnare a fondo la difesa dei grigi. Una situazione assai confusa davanti alla rete di Balossino, e che aveva dato per un momento la sensazione dell’inevitabilità del goal, veniva salvata da Berloni, ma l’attacco neroazzurro subito si ripresentava nell’area di rigore alessandrina. Al 7’ un tiro di Blasevich batteva sullo spigolo inferiore del palo trasversale e la palla rimbalzava violentemente sulla linea bianca. Goal? A me non parve, e fece bene l’arbitro a lasciar continuare il giuoco. Due minuti dopo, l’occasione si ripresentava ed era Visentin che, sfuggito a Costa, centrava a pochi metri dalla linea di fondo. Conti, che fino a questo momento non aveva fatto nulla di buono, ritornò per un attimo l’uomo del passato e, raccogliendo il passaggio di Visentin, donò alla sua squadra, con un tiro che fu tutto bello per esattezza di direzione, per forza, per precisione di tocco, il goal della vittoria. Qui cominciò la tragedia dei grigi. Mancavano trentasei minuti alla fine della partita e non si può dire quindi che difettasse il tempo per pareggiare, ma la squadra, che evidentemente sentiva di non essere padrona del suo giuoco, procedeva a strappi, denunciava fin troppo chiaramente il nervosismo di cui erano pervasi i suoi ranghi, non riusciva più a controllarsi. D’altra parte, l’Ambrosiana aveva praticamente tolto le due mezze ali dall’attacco e Serantoni si era affiancato a Viani. Avveniva che, quando l’Alessandria dominava, erano sempre otto uomini che si rovesciavano all’attacco, mentre i terzini avanzavano oltre la metà del campo quasi senza più alcuna preoccupazione della difesa, ma è certo comunque che questa tattica di sfondamento veniva a favorire il giuoco di contenimento dell’Ambrosiana. Con tre uomini all’attacco, i neroazzurri riuscivano infatti ad essere più minacciosi dei grigi. Bastava un passaggio in profondità per trovar pronto, incuneato fra i terzini, Meazza, ai lati del quale galoppavano le due ali. Allora, gli smistamenti del giuoco su Visentin e su Conti, perfettamente liberi, facevano prontamente convergere la minaccia sulla porta di Balossino, e fu miracolo che alcune situazioni non si risolvessero con altre delusioni per il portiere alessandrino. Al profilarsi della minaccia nerazzurra, la mediana dei grigi girava sui tacchi e si portava nella propria area di rigore, mentre avanzavano le due mezze ali avversarie. L’attacco dell’Ambrosiana si trovava così ricomposto, mentre l’azione era praticamente finita ed era, anzi, giunto il momento di tornare a ripiegare, mentre mediani ed avanti grigi, otto uomini che sembravano otto furie, ricostituivano il blocco, sciolto per un istante, e riprendevano i loro animosi tentativi di sfondamento. Questa è stata la caratteristica dell’ultima mezz’ora di giuoco. L’Ambrosiana, che è una squadra erroneamente ritenuta di scarsa combattività, mise in rilievo in questa mezz’ora uno spirito agonistico superbo. Serantoni combatté come un leone, mirabile esempio di fervore e di volontà; Viani, contuso al capo, calò, si riprese, tornò a calare per riprendersi ancora. Pareva che una volontà sempre più forte e più imperiosa sospingesse l’atleta nella battaglia. L’Alessandria non passò più. Si può dire che l’Alessandria è in crisi? È pericoloso trinciare giudizi di carattere definitivo, ma è certo che ieri la squadra grigia ha giuocato la sua più brutta partita della stagione, incerta in difesa, disorganizzata nella linea mediana ove Gandini ha lavorato molto e reso poco, sconclusionata all’attacco. È da notare che l’Alessandria sta ancora lottando per risolvere il problema del centroavanti. Avalle è ritornato mediano e Cattaneo ha lasciato il suo posto di estrema destra per assumere quello, ben più irto, di responsabilità al centro. Lo spostamento di Cattaneo ha reso necessaria la ricerca di un’estrema destra e non s’è potuto far altro che pesare a Chierico, che aveva sempre giocato come estrema sinistra. Quindi, due giocatori fuori posto su cinque, e per una linea di avanti che aveva la sua forza migliore nell’omogeneità del gioco, questo doveva essere sufficiente per far crollare tutto un sistema tecnico e tattico. L’attacco è stato infatti disordinato in modo impressionante e lo stesso Ferrari, che nel primo tempo aveva tentato di portare delle idee di gioco dove imperava il caos, si adattò nella ripresa alla sorte comune degli altri quattro compagni di classe e scomparve anche lui. Niun dubbio quindi che la vittori dell’Ambrosiana è stata meritata, perché la squadra neroazzurra superò nettamente l’avversaria per intelligenza di gioco e per quello spirito pratico che consiglia di giocare non come si vorrebbe, ma come la partita impone (virtù di adattamento, insomma); ma è pur doveroso dire che l’Alessandria di ieri non era più quella che avevo ammirata su questo stesso campo contro il Torino e la Juventus. La partita di ieri resterà comunque memorabile, come già dissi, per il magnifico spirito agonistico sfoggiato dalla squadra neroazzurra. La volontà che sembra a volte far difetto all’Ambrosiana è stata invece ieri la molla che l’ha portata al successo. Fortissimo tutto il blocco di difesa, finissimo Castellazzi, discontinuo ma poderoso Viani nei suoi momenti di vena, intelligente e irruento Meazza, solido e volenteroso Visentin, meraviglioso ed onnipresente Serantoni. Ma quando si pensa che questa squadra otto giorni prima si era lasciata battere sul suo campo dalla Triestina, resta da concludere che devono proprio [parola illeggibile] i suoi più fedeli ammiratori a non [due parole illeggibili]. (Ettore Berra, «Gazzetta del Popolo», 16 dicembre 1929) Non è nelle abitudini degli alessandrini di perdere sul proprio campo. Gli spettatori ed i giuocatori della città dei grigi sono talmente usi alla vittoria che quando la sconfitta affaccia il suo nero viso in un incontro, pare che manchino le armi per far fronte alla situazione. Fu quello che successe ieri. A venti minuti dall’inizio, gli ospiti interrompevano un periodo di predominio alessandrino e segnavano in modo inaspettato. Era un colpo brusco e, fino a quel momento, non meritato. Un colpo che i grigi mostravano immediatamente di accusare con l’emozione che si diffondeva nelle loro file. Per qualche minuto, il tono tecnico ed ordinato del giuoco scomparve e la squadra tutta tentennò come se dubitasse di se stessa. Poi, poco per volta, essa superò il difficile momento morale, riacquistò la sua sicurezza, riprese a dominare e, come conseguenza naturale, pareggiò. A metà tempo, la situazione era ristabilita e l’unità era ancora in piedi, con tutte le sue possibilità di lotta e tutte le sue probabilità di vittoria. Appena le due squadre tornavano in campo alla ripresa, gli ospiti segnavano nuovamente di sorpresa. Sotto l’effetto del colpo, la compagine vacillava nuovamente, e questa volta non si riprendeva più. Continuava ad attaccare con insistenza e con tenacia, ma in tono ed in modo tale da mostrar chiaramente che l’undici era scosso, disunito e sfiduciato. Come già a Genova cinque settimane or sono, quando essa ebbe a subire la sua prima sconfitta della stagione in campionato, la squadra dell’Alessandria dava a vedere di esser poco attrezzata per porgere la dovuta resistenza morale ai colpi della sorte. L’Alessandria non vide mai l’incontro sotto l’aspetto del vantaggio del punteggio. I primi venti minuti di giuoco erano stati abbastanza equamente suddivisi fra attacchi dei neroazzurri ed attacchi dei grigi. L’Ambrosiana aveva mosso le prime avanzate ed i due portieri erano stati presto chiamati al lavoro. L’Alessandria, come una macchina che avesse bisogno di scaldarsi un po’ prima di entrare in funzione, giuocava ogni minuto meglio. All’attacco richiamava l’attenzione per il suo lavoro intelligente, la mezz’ala sinistra Ferrari. Al ventesimo minuto, ecco giungere improvviso il primo colpo di freno. Viani lanciava Meazza. Il piccolo centroavanti milanese, con un abile finta ed un tocco laterale, passava verso la mezz’ala destra, dove un largo varco si trovava aperto nella difesa alessandrina. Serantoni sopravveniva in corsa dalla sua solita posizione arretrata e, senza la minima esitazione, sparava in porta. La palla filava alta e con gran taglio verso il lontano angolo destro della porta e penetrava nella rete quasi alla confluenza dei due pali. Il sole, che batteva negli occhi del portiere Balossino al momento in cui questi si apprestava a muoversi, aveva aumentata la difficoltà già di per sé grande della parata. Per cinque buoni minuti, il nervosismo regnò nelle file degli alessandrini. Poi le cose ripresero ad andare. La difesa dell’Ambrosiana si trovava in serie difficoltà ad arginare gli attacchi dei grigi, e Smerzi, con la sua presa difettosa, riusciva ad allontanare a stento il pericolo in due o tre occasioni consecutive. A dieci minuti dal riposo di metà tempo, si giungeva al pareggio. Un difensore milanese commetteva un fallo proprio sul limite dell’area di rigore. Cinque o sei difensori si schieravano alla distanza legale dell’uomo che effettuava il tiro, Ferrari, con la conseguenza che il portiere Smerzi aveva la visuale completamente coperta, e la palla, descritta una precisa parabola sopra la folla di amici e nemici, andava ad infilarsi alta nella rete senza che il portiere potesse far altro che accennare ad un gesto di parata. Attacchi alterni, lavoro tutto a strappi ed a difficoltà delle due difese, e senza ulteriori modificazioni al punteggio si giungeva all’intervallo. L’Ambrosiana entrava per prima in azione alla ripresa. Pochi minuti dalla ripresa delle ostilità erano passati, che già essa aveva segnato per la seconda volta. Una rapida incursione dell’ala destra Visentin nel territorio alessandrino, un bel centro a mezza altezza che nessuno poteva o voleva intercettare, e la palla giungeva all’ala sinistra. L’anziano Conti, confinato per la giornata a questa posizione, si piazzava il pallone sul piede destro e con un tiro alto ed improvviso batteva da lontano il portiere Balossino. Doveva essere il punto della vittoria dei milanesi, questo. Ché, quando gli alessandrini riuscivano a rimettersi dalla sorpresa, la loro squadra non era più quella del primo tempo. Nervosa, frettolosa, confusionaria, essa si gettava tutta all’attacco, nello sforzo di ottenere almeno il pareggio. E più si protendeva in avanti, più si ingarbugliava in quanto ad attacco e si scopriva in quanto a difesa. In prima linea, i grigi tentarono ad un certo punto di rimediare allo stato delle cose avanzando Avalle al posto di Marchina. Ma l’avanguardia non funzionava. Le ali ricevevano lavoro in modo irrazionale ed al centro Cattaneo non riusciva a coordinar nulla. Ferrari stesso, il miglior attaccante alessandrino, aveva perso la visione chiara della situazione. Gandini profondeva in questa fase dell’incontro una quantità enorme di lavoro con poco costrutto. E la difesa, ogni qual volta i milanesi erano in grado di reagire, si mostrava quasi impari alla bisogna di fermare i due soli uomini che, nella disposizione tattica adottata a quel momento dai neroazzurri, avessero conservato compiti nettamente aggressivi, Visentin e Meazza. Mischie, calci d’angolo, falli fuori dell’area di rigore – ed uno anche all’interno di essa –, tutto passava senza che l’Alessandria potesse segnare il punto del pareggio. L’incontro ebbe un eccellente primo tempo, ed una ripresa giuocata quasi esclusivamente per il risultato. L’Alessandria e l’Ambrosiana sono due squadre che si vedono giuocare con piacere. Due unità serie e dalle tendenze costruttive. In esse, l’attaccare e non il difendere forma la base principale del lavoro. E le due prime linee, quando giuocano con ordine e quando non risultano distratte o smembrate da preoccupazioni di risultato, sono belle a veder operare. È raro trovar, nel giuoco nostro del momento attuale, due attacchi che lavorino con principi così sani. La prima linea dell’Alessandria si trova, è il caso di dire, in cantiere per riparazioni, o per lo meno per ricostruzione. Sta cercando un condottiero, e provava ieri a questo posto di responsabilità Cattaneo. La questione resta aperta anche dopo l’incontro e la linea va giudicata solo sulla prova fatta nel primo tempo, ché alla ripresa essa si disunì e si mostrò completamente smontata. Con tre titolari di posizione incerti, il settore possiede due mezze ali di valore, Ferrari e Marchina. Inserire fra questi due uomini un elemento che li comprenda può significare il restituire il rendimento ad una linea che ha stoffa e merito positivi. L’attacco dell’Ambrosiana conta su un centro a cui fan difetto il peso e la statura, ma non la classe e la volontà. Meazza è un giuocatore intelligente nel prendere posizione e nel distribuire il giuoco. Visentin ha ottime disposizioni e Conti all’ala sinistra è un ripiego. La linea possiede un giuoco fluido, veloce ed attraente. L’elemento suo più attivo, la mezz’ala destra, si comporta per i tre quarti dell’incontro più come mediano che come attaccante. Serantoni, quando il punto della vittoria fu segnato, divenne l’uomo di generale utilità della compagine. Girovagò in cerca di lavoro, diede una mano a chi piegava, turò falle qua e là, fu il moto perpetuo e contribuì notevolmente a salvare il risultato, ché Viani calò ad un certo punto della partita e Castellazzi e Rivolta ebbero lavoro più di quanto potevano desiderare. Nessuno dei quattro terzini in campo fu immune da pecche; la giornata era fatta per gli attaccanti. Allemandi è lontano ancora dalla sua miglior forma ed i due difensori alessandrini, specialmente il destro, mostrano incertezza di posizione e di rimando. La linea mediana dei grigi alternò, a momenti di rendimento, momenti di sbandamento. Gandini si prodiga con grande generosità: lavora per quattro, ma non sempre ha idea e propositi chiari sul da farsi. Giornata primaverile, pubblico discreto e terreno difficile. (Vittorio Pozzo, «La Stampa», 16 dicembre 1929) Una amara delusione ha provato domenica il pubblico alessandrino. La squadra grigia, in una giornata nerissima, si è lasciata dominare e vincere dallo squadrone neroazzurro dell’Ambrosiana. Ma ciò che più ha amareggiato il pubblico è stato il fatto che la squadra, durante la partita, non abbia trovato lo spunto per reagire alla cattiva sorte, come aveva saputo fare in precedenti partite, e si sia rassegnata alla sconfitta. Nessuna attenuante può cercare la squadra grigia alla sconfitta, se non quella di essersi trovata in una giornata infelice. D’altra parte, la squadra Ambrosiana è apparsa domenica così possente da rappresentare un colosso imbattibile. Eppure l’Alessandria, se in efficienza come nelle precedenti partite, avrebbe, se pure con difficoltà, potuto abbattere anche il colosso neroazzurro. In questo campionato, tali sconvolgimenti sono all’ordine del giorno e comuni a tutte le squadre. Otto giorni prima era l'Ambrosiana stessa che si faceva battere dalla Triestina. Domenica è toccato al Bologna e purtroppo anche all’Alessandria. Infortuni questi che anche rimanendo isolati, hanno un grave peso nella classifica, e mettono dirigenti e supporters nell’imbarazzo. L ’Alessandria, ha infatti, non solo subito una scossa nella posizione di classifica ma ha anche seminato fra i supporters il dubbio che essa non abbia reso, domenica, quello che avrebbe potuto rendere. La squadra domenica ha denunciato non poche pecche. È appunto in tali partite che una squadra dominata mette in evidenza le sue manchevolezze. Domenica l’Alessandria, oltre a mettere in evidenza i vuoti nella squadra, ha anche denunciato non poche falle là dove avrebbe dovuto rappresentare, per gli atleti di classe che annovera, l’ossatura della squadra. Infatti, oltre alla linea d’attacco, dimostratasi infelice, e per formazione e per rendimento individuale dei suoi cinque componenti, anche la linea mediana non è stata all’altezza della situazione. Contro il Brescia la linea mediana aveva dimostrato di essere veramente possente, ed era stata l’artefice principale della vittoria; contro l’Ambrosiana si è sfasciata, ha ceduto agli irruenti attacchi dei neroazzurri e non ha fatto che raramente il gioco di sostegno. La linea attaccante è mancata completamente alle ali ed al centro. Cattaneo, che pareva l’uomo adatto a risolvere la situazione in questo momento di penuria di centroavanti, è anch’esso naufragato. Le due ali, specialmente Autelli, sono apparse insufficienti. Solo Ferrari ha tenuto in piedi per qualche tempo questa linea disorganizzata, ma si è poi lasciato cogliere, dal nervosismo, incomprensibile per un giocatore di classe, ed è anche lui scomparso nel secondo tempo. Si impone perciò una ulteriore formazione di squadra, che dovrebbe essere quella che ha giocato contro Torino e Juventus. E soprattutto tale formazione rimanga definitivamente per non incorrere nel caos di dovere ad ogni partita variare la formazione della squadra. La sconfitta di domenica porta con sé conseguenze, se non irrimediabili, certo di una non indifferente gravità, tanto agli effetti sportivi quanto agli effetti morali. L’Alessandria, se si eccettua l'irregolare partita dell’anno scorsa contro la Roma, da tre anni non subiva più sconfitte in partite di campionato sul proprio campo. L’ultima sconfitta risale infatti al 30 ottobre del 1926 contro il Torino, sul campo degli Orti. Tre anni di imbattibilità sul proprio campo formano un brillante stato di servizio, cancellato con un colpo di spugna da uno squadrone che, alla vigilia, pareva dovesse rimanere alla mercé dei grigi. Tale sconfitta ha sensibilmente peggiorata la posizione di classifica dell’Alessandria, che oggi non si trova più nella scia dei leaders e che molto cammino dovrà compiere per riconquistare il prezioso terreno perduto. Di più, tale sconfitta ha smorzato l'entusiasmo dei supporters ed appassionati che ritenevano, con giusto orgoglio, lo squadrone grigio in grado di combattere per i primi posti. («Il Piccolo», 21 dicembre 1929) RISULTATI: Bologna-Juventus 0-1 Brescia-Lazio 3-2 Milan-Cremonese 5-2 Pro Patria-Napoli 3-2 Pro Vercelli-Padova 5-1 Roma-Genova 1893 2-0 Torino-Modena 0-0 Triestina-Livorno 3-0 CLASSIFICA: Juventus 16; Genova 1893 15; Ambrosiana 13; Alessandria, Pro Vercelli, Roma, Torino 12; Bologna, Milan, Napoli, Triestina 11; Modena 10; Lazio, Pro Patria 8; Brescia 7; Cremonese, Livorno 4; Padova 3. Il punto sul campionato Degli incontri della decima giornata tre richiamavano particolarmente l'attenzione dei competenti e degli appassionati: quelli di Bologna, di Alessandria e di Roma. A Bologna. i campioni d'Italia sono stati battuti dalla Juventus che ha conquistato la vittoria per lui solo punto dovuto più ad un'azione individuale che collettiva; ad Alessandria la squadra dell'Ambrosiana che non smentisce la sua fama di compagine bizzarra ha battuto l'Alessandria in un ritorno bellissimo che, non si poteva del tutto prevedere dopo l'infelice prova di domenica scorsa. Infine il Genova che sembrava avviato molto bene ha ceduto a Roma, mostrando debolezza proprio nella linea attaccante che pareva la più minacciosa. Questi tre risultati, dei quali due si chiudono coi successi delle squadre ospitate, sconvolgono un po' le posizioni. Al comando del gruppo passa la Juventus, mentre il Genova retrocede al secondo posto e l’Ambrosiana si piazza al terzo. Ma basta guardare la classifica nella quale un plotone foltissimo di squadre è tuttora ben riunito, per convincersi che la lotta è ancora splendidamente aperta. Fra gli altri risultati della giornata il più sorprendente è certamente quello di Torino che fornisce l'inatteso pareggio - l’unico della giornata - del Modena in un incontro in cui il successo preventivato degli ex-campioni non poteva essere messo in dubbio. La Triestina, con la netta vittoria sul Livorno, si afferma sempre di più; pure netta la vittoria del Milan sulla Cremonese dopo però una partita non troppo brillante. Belle e incerte e contese Brescia-Lazio e Pro Patria-Napoli A Vercelli il Padova, sempre in attesa di ritrovare una buona stabile efficienza, ha perduto con un altro non lieve punteggio. (Corriere della Sera – edizione del pomeriggio)