Museo Grigio - Archivio Storico

Stagione: 1946/1947
Serie A
15-12-1946 - Giornata: 12 - Alessandria - Giuseppe Moccagatta


Alessandria US - Livorno US 4 - 1 (1 - 0)
RETI: 16. Pietruzzi M.[A], 63. Arezzi G.[A], 66. Armano G.[A], 87. Armano G.[A] 70. Raccis R. [Li]

Alessandria US Bodoira Alfredo, Pietrasanta Piero, Rava Pietro, Arezzi Giuseppe, Bertoni (II) Elio, Tortarolo Francesco, Armano Gino, Pietruzzi Mario, Lushta Riza, Coscia Aristide, Rosso Angelo Triestino All.: Dadone Umberto

Formazione avversaria
LIVORNO US: Merlo; Soldani, Lovagnini; Feruglio, Capaccioli, Mannocci; Degano, Stua, Raccis, Bimbi, Grassi. All.: Carpitelli Enrico

Arbitro: Carpani Giuseppe (Milano)
Note
Angoli: 6-0 (3-0). Spettatori: 13.500. Giornata serena, terreno pesantissimo Inizio gara ore 14.30

Commento
Che festa, anche oggi, sul campo a partita finita! I grigi, irriconoscibili dal fango, vennero abbracciati da un gruppetto di dirigenti; e diecimila persone in piedi, ad acclamarli. La fatica era vittoriosamente terminata. Stanchi, imbrattati di melma, gli alessandrini davano sfogo alla loro gioia. Gli amaranto erano vicino a loro. Furono i primi a complimentarsi con i vincitori. L’asprezza della gara non lasciava l’ombra di un rancore. Tutto bello. Ancora una giornata di festa per gli appassionati d’Alessandria, dopo tanti malinconici sfollamenti dello stadio. Due partite, quattro punti. Ci siamo? Sembrerebbe di sì. La squadra appare ben viva, piena di fervore, animata da un fresco entusiasmo. Oggi si è giocato sopra un mare di fango. Vi era da prevederlo. Il terreno era tutto coperto da un palmo di motriglia. Era difficile mantenersi in equilibrio, arduo appariva smistare la palla, ad ogni passo c’era il trabocchetto di uno scivolone. L’Alessandria è apparsa in un ambiente ideale. Giocò una magistrale partita se si pensa a quel terreno infame; solo a tratti, e comunque verso la fine, quando il risultato era già saldamente in pugno, parve risentire le conseguenze di una tremenda fatica. Passaggi brevi, palloni a mezza altezza: impeccabile adattamento alle esigenze del terreno. Non perdette mai l’iniziativa, questa squadra miracolosamente risuscitata nel gioco e nello spirito. L’avversario annaspava sopra questa immensa distesa di fanghiglia, non sapeva letteralmente quale tattica adoperare. Tentò la difesa, fu superato; cercò di svincolarsi da questa stretta sempre più vigorosa e non ci riuscì; e quando il risultato pareva ormai irrimediabilmente segnato, si gettò allo sbaraglio e finì per lasciare dietro di sé dei larghi corridoi nei quali l’attacco grigio s’incuneò con rapidità pari alla destrezza. Non c’era nulla da fare, contro una siffatta Alessandria; ecco tutto. La squadra locale manovrò sempre con criterio, i suoi uomini rivelarono una schietta familiarità con un terreno che minuto per minuto diventava sempre solcato da profonde striature, come da un aratro; la stanchezza tardava a mordere i muscoli dei grigi. Ecco il segreto del quattro a uno. Una scossa di vivacità sembrava aver attraversato l’intera compagine. Fu come un brivido che rianimò tutti. La folla capì, fin dalle prime battute, che stava per ripetersi lo spettacolo di otto giorni fa. Bisognava aver visto in quali condizioni erano ridotti, al termine del gioco, i ventidue atleti per capire lo sforzo cui furono costretti. Le scarpe rimanevano impantanate nella melma, in alcuni punti (cioè nelle due aeree di rigore) la palla era come ancorata. Fatica incredibile. Eppure, l’Alessandria riuscì a costruire una bella tela di gioco, ebbe lunghe sequenze di passaggi, fu abile e sbrigativa, non si perdette, come spesso le era accaduto finora, in una manovra destinata a spegnersi per l’incapacità conclusiva dei suoi uomini di punta. Questa prima linea ha trovato nella giovanissima recluta Armano il toccasana dei suoi malanni. È oggi il principino del calcio alessandrino. Si tratta di un ragazzo che ha una straordinaria padronanza della palla, scatto, disinvoltura di palleggio, freddezza nei momenti cruciali, prontezza di tiro. È un elemento di prim’ordine, almeno a stare alla prova odierna. Il gioco di Armano è stato secondato da Lushta e da Pietruzzi che hanno dato un gran lavoro alla scintillante ala destra. Coscia ha sgambettato, infaticabilmente. Bertoni II e Arezzi furono gli uomini più abili e sicuri della mediana. Rava campeggiò in difesa. La squadra sta digerendo, rapidamente, il sistema. Deve trovarcisi piuttosto bene se in quattro gare ha ottenuto cinque punti. Difetta, ancora, un più sicuro inserimento dei mediani laterali nel periodo nettamente offensivo, anche se Arezzi tirò ripetutamente a rete. Del resto, il pallone pesantissimo non si prestava a tiri da lontano. Il Livorno, in parte disorientato dal terreno, non si aspettava un’Alessandria così… vivace. Non seppe reagire. Si mostrò ben lontano e diverso da quella compattezza che finora l’aveva distinto. Sbandarono i terzini, lo stesso portiere non ci convinse nell’azione della prima e seconda rete, l’attacco funzionò soltanto per certi guizzi di Raccis. Rava immobilizzò Degano: ecco un giocatore che non dirà mai bene del «sistema»… Nella prima parte dell’incontro combatterono come autentici gladiatori Capaccioli e Mannocci; nella ripresa se li inghiottì la stanchezza. E tutta la squadra vagò smarrita e schiantata. Ecco i grigi all’opera. Otto in area amaranto. Tiro di Coscia (5’) respinto dal palo; tiro di Arezzi ben bloccato. Splendida parata di Merlo su testa di Coscia al 13’. Siamo alla prima rete. Lunga volata di Armano, passaggio a Pietruzzi che spara nell’angolo basso alla destra del portiere che, nel tuffo, riesce soltanto a toccare la palla. 19’: volo di Merlo, applausi. 24’: azione personale e tiro alto di Rosso. Primo tentativo amaranto: discesa di Raccis, tiro forte, pallone alto. Torna a dominare l’Alessandria. Ha un angolo al 26’, insiste, martella, non passerà. Ottiene un altro angolo al 36’ su parata di Merlo; si vede respinti un paio di difficili palloni dal guardiano labronico. Si arriva alla fine. Per parte amaranto, un pallone scagliato sullo spigolo del montante da Raccis al 32’ e un atterraggio brusco di Rava ai danni di Degano al 44’. L’arbitro non ci badò: passò sopra, nella ripresa ad un fallo quasi identico in area livornese. Si fa più preso a elencare le quattro reti della ripresa: 18’, punizione da venticinque metri. Batte Arezzi, tiro non micidiale, la palla infila uno spiraglio nello sbarramento e finisce nell’angolo basso, alla destra di Merlo, coperto. 21’: invito di Lushta ad Armano. Fuga a grandi falcate; arrivato in area, l’ala tira e segna, mentre Merlo aveva tentato l’uscita disperata. 23’: punizione oltre il limite battuta Raccis, «puntata» non forte, Bodoira sorpreso, palla nel sacco. 42’: altro «a solo» di Armano. Piomba in area di rigore, perde e ritrova la palla, spara da pochi metri. Niente da fare. La neve caduta nei giorni scorsi era stata ammucchiata ai bordi del campo. Mattinata rigida. Il freddo scemò durante la gara. Tornò più crudo, verso la fine, nel crepuscolo. (Ilo Bianchi, «Tuttosport», 16 dicembre 1946) Visi sorridenti sul campo alessandrino. Capovolgendo la regola, in casa grigia alla Quaresima segue il Carnevale. Troppo tempo la squadra aveva pasteggiato di magro; ora si va riprendendo e tutto lascia supporre che, ritrovato un gioco e un insieme, la compagine possa marciare spedita e riguadagnare il tempo perduto. Per intanto, almeno sino a che perdureranno le condizioni stagioni del momento con i terreni pesanti e fangosi, ci sembra difficile che altre squadre possano passare vittoriose sul campo dei grigi. Lo si è visto ieri, e il Livorno ha avuto agio di accorgersene. Gli amaranto non sono parsi affatto all’altezza della prova fornita la domenica prima contro l’undici del Torino. Allora, subissati per lunghi periodi, seppero bene riprendersi – magari profittando di sopravvenute monde e difetti nel comportamento del Torino – e terminare battuti sì, ma di stretta misura. Stavolta sono stati superati molto più largamente e solo poche volte hanno suscitato l’impressione di poter tenere timidamente testa all’avversario, ridesto e scatenato dopo troppe settimane di vita grama e stenta. Le condizioni del terreno hanno certo influsso decisivo sul gioco e sul punteggio. Dopo la nevicata, lo sgombero della neve, la gelata e il disgelo, il campo dello stadio mandrogno era ridotto in condizioni tali che cacciatori di palmipedi lo avrebbero trovato ambiente ideale. Il fango invischiava i piedi; in certe zone, specie davanti le porte, era difficile sollevare i piedi senza sentirli appesantiti di qualche chilogrammo di terra attaccaticcia. Freno… idraulico ai palloni più violentemente calciati, spruzzaglia motosa nelle movimentate mischie. Pareva si giocasse su uno strato di asfalto fuso. Così è stato che, per superiori doti di assuefazione, per migliorare conoscenza del terreno di casa, più elevata possanza atletica e possibilità di resistenza alla fatica, i grigi hanno saputo molto meglio giostrare su quelle sabbie mobili, ortodossamente adottando, sino a che il punteggio non parve assicurato, i più sani canoni del sistema. Si vide subito che le possibilità dei livornesi di cavarsela a buon mercato erano ieri ben scarse. Carpani non aveva fatto che fischiare che già i locali si lanciavano all’invasione della metà campo che la sorte aveva, per il primo tempo, assegnato agli ospiti. Erano solo trascorsi 4 minuti che Coscia – uno dei più attivi e accorti attaccanti della sua squadra – trovava modo di stampare la fangosa impronta della palla su un montante della porta di Merlo. Al 15’, su tiro del medesimo Coscia deviato dalla testa di Rosso, il portiere labronico si esibiva in una magnifica parata sulla sinistra; il lato della sua specialità. Ma un minuto appresso i locali segnavano la prima rete. Su un nuovo attacco Pietruzzi riceveva la palla da Armano – giovane promettente che migliorerà certamente –, trovava una certa apertura nella barriera difensiva livornese che sino a quel momento era stata ben serrata e inviava verso la rete un tiro abbastanza potente, a mezza altezza. La palla faceva solo il solletico alle dita di Merlo: una palla sulla destra. Goal. Da tale momento la pressione alessandrina si fece assidua e pericolosa. Tutto il dispositivo della difesa livornese fu messo a dura prova. Solo qualche raro spunto di contrattacco gli ospiti potevano abbozzare. Fortuna per Merlo e compagni che gli avanti avversari ebbero spesso – e specialmente Lushta, peraltro impeccabile in qualche accorta apertura sulle ali – istanti di perplessità e non tirarono sovente col mirino bene aggiustato. Il Livorno ebbe scatti e sussulti. Al 40’ lanciò Degano in una discesa che avrebbe potuto essere conclusiva, ma Rava s’incaricò di mettere in posizione orizzontale, in piena area di rigore, l’ala destra degli ospiti, senza che Carpani si decidesse e metter fiato nel fischietto. Venne la ripresa e la fisionomia della partita non variò sostanzialmente. Il Livorno accennò più brio e decisione, ma non riuscì a sfondare. Incassò, viceversa, un’altra rete: un tiro di punizione da 25 metri, per fallo su Pietruzzi, battuto da Arezzi. Palla raso terra, sulla destra, e 2 a 0. Poi, al 21’, l’esperienza e l’abilità di Lushta diedero ali ai piedi di Armano. L’allungo mise fuori causa l’intera difesa livornese; il ragazzo alessandrino volò e il suo tiro fu senza perdono. Gli ospiti ebbero qualche sussulto; poterono raccorciare il distacco, al 25’, allorché, per un fallo di mani commesso da Tortarolo, un po’ fuori area, Raccis poté battere la posizione e ingannare Bodoira con un tiro quasi radente il palo. Ma non era detto che ci si dovesse fermare sul 3 a 1. Ormai i mandrogni erano scatenati e a tre minuti dal termine, nel corso di una concitata mischia, il giovane Armano compì una seconda prodezza battendo ancora Merlo con un nuovo fortissimo tiro, dal basso in alto. (Umberto Maggioli, «Gazzetta del Popolo», 16 dicembre 1956) In quanti saranno questa sera, e non soltanto a Livorno, a fare le meraviglie per il risultato di questa partita? Certamente in molti benché l’Alessandria avesse chiaramente palesato la sua resurrezione già nell’incontro con l’Inter. Ma un 4-1 inflitto dal fanalino di coda a un Livorno resta, malgrado tutto, un risultato fuori dall’ordinario. Gli amaranto dopo nove partite utili erano reduci dall’onorevolissima sconfitta contro il prestigioso Torino e nel clan grigio si era in ansia non per il gioco che avrebbe potuto svolgere l’Alessandria, ma per la cronica sterilità del suo attacco. Ma appena iniziato il gioco, tutti gli spettatori si convinsero che la grande giornata era finalmente arrivata. Una partenza fulminea dei grigi, un assedio subito posto alla porta difesa egregiamente da Merlo. Su quel terreno quasi impossibile, i grigi riuscivano a giocare in bellezza non lasciando nessuna possibilità agli avversari. Tutto il peso della partita passò subito sulle spalle del sestetto amaranto arretrato, spesso aiutato validamente dalle mezze ali. Tutta l’Alessandria era in campo avversario e tempestava con ottime azioni e con frequentissimi tiri la rete ed al 5’ dopo alcuni palloni usciti di poco. Coscia colpiva in pieno il palo; ma ci voleva altro per smontare i grigi. Essi non mollano di un pollice e continuano nella loro pressione. Anche Arezzi e Tortarolo sono sotto porta e il primo fa a gara con gli attaccanti per procurare lavoro all’indiavolato Merlo il quale con un volo prodigioso riesce al 15’ a fermare anche un perfetto colpo di testa di Lushta. Ma il gol è nell’aria e un minuto dopo è cosa fatta con un tiro di Pietruzzi che conclude una ennesima azione di tutto l’attacco grigio. È soltanto al 22’ che il Livorno con Stua riesce a fare il primo tiro da lontano e debolissimo verso la rete del disoccupato Bodoira, ma al 25’ dopo il primo angolo contro gli amaranto non sfruttato da Coscia per precipitazione; anche per «Pinza» incomincia un breve ma intenso periodo di lavoro. Sempre appoggiando il gioco sullo svelto Degano, il Livorno ha alcuni minuti di bel gioco e al 31’ solo il palo salva la rete alessandrina da un potente tiro di Raccis. L’Alessandria, scottata dal pericolo corso, ritorna a dominare. Al 34’ e al 35’ guadagna due angoli su altrettanti difficili parate a terra di Merlo impegnato da Lushta. Al 38’, altra prodezza del portiere amaranto su splendida azione Armano-Pietruzzi-Armano e tiro di Rosso. Al 41’ è la volta di Bodoira che deve buttarsi sui piedi di Degano per evitare il peggio. Il tempo finisce con una punizione dal limite contro l’Alessandria, senza esito. Nella ripresa la musica non cambia: al 2’ Lushta manda fuori per un soffio un prezioso pallone ricevuto da Rosso e al 3’ altro angolo a favore dei grigi. Il Livorno riesce soltanto qualche volta a divincolarsi dalla stretta avversaria ed allora è sempre il duo Stua-Degano che si affaccia, ma inutilmente, dalla parte di Bodoira. Gli appunti del taccuino si ripetono: sempre attacchi alessandrini, occasione d’oro mancata da Lushta al 6’, azione personale di Armano al 14’ conclusa con un tiro appena fuori di Pietruzzi, al 18’ per fallo dell’irruente Soldani sul pericoloso Armano, Arezzi batte una punizione da trenta metri e segna per la seconda volta. L’Alessandria, fresca come se la partita fosse appena incominciata, ha forse qui il suo momento migliore: al 21’ Rosso ha il pallone da Bertoni, lo smista al centro dove Lushta è pronto ad imbeccare Armano che realizza per la terza volta. Al 23’ Merlo non può che mettere in angolo un pericoloso pallone scagliato da Coscia. Al 25’ un banale fallo di Tortarolo dà modo a Raccis di calciare magistralmente una punizione appena fuori area. Il pallone s’insacca a fil di palo sulla destra di Bodoira. Di qui alla fine il Livorno, forse sfiancato dal terreno pesantissimo, non esiste quasi più in campo. Anche Rava si spinge all’attacco, anche Pietrasanta e ben al di là della linea centrale del campo e la partita virtualmente si chiude al 42’ con la quarta rete segnata da Armano su azione brillantissima. Ci siamo dilungati nella cronaca, ma crediamo che la partita ne valga la pena. L’Alessandria è stata superiore ad ogni elogio. Tutti i grigi, da Bodoira, che ha sbrigato ottimamente il poco lavoro avuto, ad Armano, la giovanissima recluta promossa sul campo, hanno giocato veramente bene. Su quel terreno quasi impossibile, dove il pallone pesantissimo era sovente trattenuto dal fango, l’Alessandria ha ricamato con un gioco d’intesa tra uomo e uomo e reparto e reparto quasi perfetto. Chi è stato il migliore dei grigi? Il brillantissimo Armano, l’onnipresente Arezzi, il tessitore Coscia, Bertoni, l’uomo del fango, o Lushta che ancora una volta non ha segnato ma che ha dato ai suoi compagni dei palloni d’oro? Nella difficoltà della scelta diciamo un meritatissimo bravo a tutti. Dal Livorno ci si attendeva di più. A fine partita gli amaranto si lamentavano del terreno fangoso, ma con l’inverno ormai iniziato bisogna che essi si preparino a trovarne parecchi dei terreni nelle condizioni di quello di oggi. Giornata di pallido sole, ma terreno pesantissimo, specialmente nei due rettangoli antistanti le reti. Nessun incidente, benché l’arbitro abbia dovuto richiamare energicamente Mannocci nel primo tempo e Feruglio nella ripresa. (Carlo Gallia, «La Gazzetta dello Sport», 16 dicembre 1946) La compagine alessandrina è in netta ripresa, e tende, sia pure lentamente, a risalire grado a grado nei valori della graduatoria, dopo tante prove negative. Invero oggi il sistema offensivo alessandrino, pur costretto a manovrare su un terreno ridotto in certe zone a vere paludi, ha superato per bravura, continuità e rendimento quello avversario, che, forse non abituato a giocare su un terreno così pesante e pantanoso, è rimasto bloccato nella sua attività e incapace a districarsi efficacemente nelle difficoltà impreviste in cui è venuto a trovarsi. La palla sovente rimaneva attanagliata nella melma, specialmente alle due estremità del campo, deformando l’azione in sviluppo e costringendo gli atleti a sforzi particolari, per non perdere l’equilibrio, mentre i meno addestrati sovente sono finiti nel fango, rialzandosi irriconoscibili. In queste condizioni gli amaranto sono apparsi indubbiamente danneggiati, non potendo sviluppare le loro abituali trame offensive, mentre i grigi, più addestrati al terreno pesante, sono riusciti a prevalere ed a costringere costantemente in difesa i loro animosi avversari, i quali tuttavia hanno lottato con tenacia e ardore fino all’esaurimento delle loro forze. Fin dalle prime battute si è visto l’alto spirito aggressivo dei grigi. Al 4’ una cannonata di Coscia veniva respinta dal palo. Al 15’, Rosso girava al volo un pallone allungatogli da Coscia, e Merlo, con un salto acrobatico riusciva ad agguantare il pallone. Al 16’, altra mischia sotto la rete livornese, conclusa questa volta con un tiro impeccabile di Pietruzzi, che segnava così il primo punto. Al 25’ si notava la prima azione in linea del Livorno, e Raccis sferrava un tiro raso terra, che finiva a lato. Cinque minuti dopo, ancora Raccis calciava fortissimo il pallone, ma veniva questa volta respinto dal palo. Seguivano due calci di punizione contro il Livorno; quindi al 35’ un tiro magnifico di Lushta veniva deviato da Merlo in angolo. Al 44’ Degano veniva atterrato in area da Rava, che ricorreva a questo espediente per impedire all’avversario di sferrare il tiro. L’arbitro non rilevava il grossolano fallo, e lasciava correre. Nella ripresa, al 3’ minuto, il Livorno è nuovamente in angolo, e al 5’ minuto Stua effettua un tiro che sfiora la rete. All’8’ Feruglio a sua volta impegna Bodoira. Il Livorno pare riprendersi, e infatti per una diecina di minuti conduce il gioco nella metà campo alessandrina, ma non riesce a concludere quando perviene nell’area estrema. Al 18’, su calcio di punizione sferrato da venti metri, Arezzi effettua un preciso tiro rasoterra, che sorprende Merlo, e segna così il secondo gol. Al 21’ fuga velocissima di Armano, che raccoglie al volo un passaggio di Lushta e, giunto a una quindicina di metri, sferra al volo un potente traversone, e segna con questo il più bel gol della giornata. Al 23’ altro magnifico tiro Lushta, deviato dal portiere Merlo in angolo. Al 25’ un calcio di punizione contro l’Alessandria, effettuato da una ventina di metri, dà modo a Raccis, il quale a sua volta sorprende Bodoira, di segnare il punto della bandiera per gli amaranto. Dopo altri due calci d’angolo a favore dei grigi, l’Alessandria segna ancora, al 42’, l’ultimo punto, in seguito ad una magnifica intesa sviluppata tra Armano e Lushta, e conclusa ancora da Armano, che al volo saetta in rete, conquistando così il quarto punto. (Giovanni Camagna, «Corriere dello Sport del lunedì», 16 dicembre 1946) Invischiati nel fango fino alle caviglie, questi sventurati amaranto non raccapezzavano più. Scivoloni, piroette, slittate e il fiato che, minuto per minuto, se ne andava, squadra stordita. I grigi non le davano tregua: la tormentavano da tutte le parti, sembravano tante furie scattanti. La loro vittoria è pienamente meritata: è bene dirlo subito, per non essere fraintesi. L’Alessandria ha sfruttato in modo perfetto le particolari condizioni del terreno. C’era da immaginarlo. Il fango le si addice: i suoi uomini vi giocano smaliziati ai falsi rimbalzi della palla; conoscono il momento giusto dello scatto e dell’arresto. Ci voleva proprio l’inverno, questa poltiglia attaccaticcia, per risvegliare una squadra che sembrava paurosamente in letargo. Il Livorno ha pagato lo scotto di questa rinascita e di queste condizioni ambientali che dureranno fino a primavera. C’è da prevedere che altre squadre, magari più famose del Livorno, picchieranno la testa allo stadio alessandrino e usciranno come gli amaranto con le gambe letteralmente spezzate dallo sforzo tremendo. Ma torniamo pure alla partita. I grigi l’hanno comandata dal principio alla fine, lasciando agli ospiti rari intervalli di una azione troppo abborracciata e frammentaria per poter essere pericolosa e soprattutto continuativa. Valgono poco le querimonie; voglio dire, se l’arbitro avesse concesso al Livorno un sacrosanto rigore verso la fine del primo tempo per un atterraggio di Degano in piena area, gli amaranto, molto probabilmente, avrebbero pareggiato, ma nella ripresa sarebbero stati egualmente travolti. Era la squadra che non funzionava e stentava a ritrovarsi sopra quella melma impossibile, veniva dominata dagli avversari più abili e più acclimatati, anzi, quasi ilari di trovarsi sopra un simile terreno. L’Alessandria ha segnato quattro reti. È doveroso dire che ha costruito per molto di più, sprecando tutta una serie di occasioni banali. Il punteggio si è arrotondato allorché il Livorno ha tentato invano di recuperare il terreno perduto lasciandosi alle spalle dei paurosi vuoti; larghi corridoi, nei quali si infilarono gli alessandrini con una rapidità che, tenuto presente le condizioni del campo, avevano del sorprendente. In mattinata, quando vedemmo in quale stato era il terreno, arricciammo il naso. C’era da essere veramente poco ottimisti per le sorti del Livorno. Non mi vanto di essere stato un facile profeta. La considerazione era troppo ovvia. E così è successo. Giudicai domenica scorsa il Livorno in occasione della partita contro il Torino; lasciate che mi astenga oggi di passare in rassegna gli atleti. Avete già saputo le ragioni per cui la squadra mancò all’attesa, fallì l’assalto a questa specie di roccaforte torinese. Fu una contingenza straordinariamente anormale come quella odierna; una rassegna dettaglia dei giocatori non avrebbe senso, o almeno riuscirebbe di cattivo gusto. Vi dissi che la sconfitta è derivata dal mancato ambientamento della intera compagine sopra questa maligna fanghiglia. Naturale che un giudizio dei singoli sarebbe negativo. Voglio soltanto citare la prova di Capaccioli e di Mannocci, che specialmente nel primo tempo lottarono come dei gladiatori sul grande mare di fango. Poi, nella ripresa, anche loro apparvero provati ed anzi Mannocci finì schiantato dalla fatica. Neppure Merlo apparve all’altezza delle sue possibilità. Si tratta, insomma, di un piccolo naufragio che coinvolse tutta la squadra. Tutta ardore, sveltezza, aggressività la Alessandria. Meravigliosa la facilità con la quale i grigi si muovevano su tale terreno. Le partite su questo campo saranno delle brutte avventure per tutti, finché il sole di aprile non verrà a rassodare il fondo. Gli uomini migliori: Rava, Bertoni, Arezzi, Coscia, Lushta e Armano. Soprattutto quest’ultimo, una recluta di 18 anni, veloce, brillante. Ma bisogna anche dire che Armano ebbe sempre un largo spazio su cui manovrare al contrario di Degano, immobilizzato da Rava (piaccia o non piaccia, qui c’entra proprio il sistema!). Ecco la breve storia delle cinque reti. 16’: azione di Armano, palla a Pietruzzi che tira risoluto nell’angolo basso a destra di Merlo. Il portiere sfiora ma non devia la palla che si insacca. Al 44’ atterraggio di Degano in piena area; l’arbitro lascia correre. Nella ripresa, al 18’ Arezzi, su calcio di punizione da 25 metri, trova uno spiraglio nella barriera e infila l’angolo basso. 21’: azione personale di Armano, tiro in corsa, rete. Al 23’, punizione battuta da Raccis: «puntata» bassa, Bodoira sorpreso non può nulla. 42’: nuova azione personale di Armano. Perde e ritrova la palla (siamo in piena area di rigore). La neve caduta nei giorni precedenti era stata tolta dal campo e ammucchiata a ridosso della rete. Faceva un gran freddo! (Ilo Bianchi, «Il Tirreno», 16 dicembre 1946) CONTRO LE RONDINELLE BRESCIANE L'ORSO CONFERMERA' LA SUA VOLONTA' DI VITTORIA L’attesa degli sportivi alessandrini, durata undici domeniche, è terminata in modo clamoroso domenica al “Moccagatta”. La significativa vittoria contro il Livorno coincide con la brillante affermazione del promettente Armano, che pur schierato in un ruolo insolito ha dimostrato quanto vigore possa portare un giovane ad un intero reparto. La recluta si è imposta all’attenzione dei tecnici i quali lo hanno segnalato come un futuro astro del firmamento calcistico. Tutta la squadra alessandrina è stata degna di elogio ed il pubblico l’ha sorretta continuamente con frenetici applausi: finalmente si può scrivere che l’Alessandria ha trovato la giusta carburazione e, salda in ogni reparto, si avvia verso zone più sicure della classifica. («Il Piccolo», 21 dicembre 1946) RISULTATI: Bari-Bologna 1-0 Fiorentina-Lazio 4-1 Juventus-Internazionale 4-1 Milan-Genoa 4-1 Modena-Vicenza 1-0 Napoli-Torino 2-2 Roma-Atalanta 3-0 Triestina-Sampdoria 1-1 (sul campo neutro di Udine) Venezia-Brescia 1-2 CLASSIFICA: Juventus 19; Torino 18; Bologna 17; Modena 16; Bari, Sampdoria 15; Roma 14; Milan* 13; Fiorentina 12; Livorno, Napoli 11; Brescia, Genoa, Vicenza 10; Lazio 9; Atalanta, Internazionale, Venezia 8; Triestina, Alessandria 7. : una gara da recuperare MARCATORI 10 gol: Baldini (Sampdoria) 9 gol: Amadei (Roma) 7 gol: Gabetto (Torino), Mazzola (Torino), Piola (Juventus), Puccinelli (Lazio) 6 gol: Astorri (Juventus), Candiani (Juventus), Carapellese (Milan), Puricelli (Milan) 5 gol: Bassetto (Sampdoria), Bertoni I (Brescia), Busani U. (Napoli), Dalla Torre (Genoa), De Andreis (Lazio), Ottino (Venezia), Raccis (Livorno), Rebuzzi I (Vicenza) Il punto sul campionato Il 4-1 inflitto all’Inter aveva dato alla Juventus, oltre alla vittoria, il primato solitario in classifica grazie ai passi falsi in cui erano incappati Bologna, sconfitto, di misura, a Bari, decisiva la rete di Spadavecchia e Torino fermato sul pareggio in casa del Napoli. Persi e Fiorini avevano dato a Triestina e Sampdoria un punto. Il gol di Brighenti aveva dato al Modena la vittoria sul Vicenza. Poker di reti della Fiorentina ai danni della Lazio con Gregorin in grande spolvero: stesso punteggio a favore del Milan nell'incontro contro il Genoa. La doppietta di Krieziu e il gol di Ferrari avevano dato alla Roma la vittoria contro l'Atalanta.