Museo Grigio - Archivio Storico

Stagione: 1952/1953
Serie C
04-01-1953 - Giornata: 15 - Livorno - Comunale


Livorno US - Alessandria US 3 - 3 (3 - 2)
RETI: 21. rig. Petersen L. [Li] , 34. Ghezzani B. [Li] , 37. Rinaldi G. [Li] 5. Bey C.[A], 16. rig. Tagnin C.[A], 59. Bey C.[A]

Alessandria US Borriero Pietro, Bussetti Luigi, Gabbiani Mario, Generani Renzo, Bagliani Giuseppe, Masperi Luigi, Bey Carlo, Mazzucco Ezio, Testa Luciano, Tagnin Carlo, Savoini Giulio All.: Neri Giacomo

Formazione avversaria
LIVORNO US: Giudici; Simonti, Salvador; Cardoni, Bertani, Aliverti; David, Ghezzani, Torti, Petersen, Rinaldi. All.: Galli Remo.

Arbitro: Jonni Cesare (Macerata)
Note
Angoli: 6-3 oppure 5-3. Spettatori: 5.000. Cielo coperto, terreno pesante.

Commento
Partita di numeri, piena di capovolgimenti, di emozioni a non finire, dove le squadre hanno assaggiato il dolce della vittoria e l’amaro della sconfitta, con un finale che ha rimesso a posto tutto, mandando negli spogliatoi i ventidue protagonisti senza vinti né vincitori. C’è poco da commentare. Queste gare abbisognano dell’ausilio del taccuino e per farle rivivere ai presenti, e ancora più ai lontani, è bene fissare subitamente gli argomenti della contesa che sono i gol. Molti dubbi serpeggianti sugli spalti circa le possibilità effettive del Livorno allorquando l’arbitro dà il via. E questi dubbi si trasformano in realtà poiché se Ghezzani al 1’ di gioco ha fatto balzare in piedi la folla livornese per una fortunata parata di Borriero (piede), al 5’ l’Alessandria mette la sigla sul suo biglietto di presentazione. È Tagnin, l’ottima e prestante mezz’ala, che crossa forte dalla posizione di ala destra vicino al palo sinistro della porta livornese; in agguato c’è Bey, un leggero tocco e per Giudici nulla da fare. Calcio d’angolo al 7’ per i grigi, punizione per il Livorno al 9’ e ancora al 10’ con Bertani che allunga a Torti che si regge sulle spalle di Baglini: rete e sibilo di Janni con l’annullamento del gol fasullo. Al 16’ i grigi aumentano il vantaggio. Savoini fugge lungo la linea laterale, lancia verso il centro; inspiegabilmente Salvador schiaffeggia la palla con una mano in area, a due passi c’è Janni. Rigorissimo, Tagnin realizza. A questo punto il gioco parrebbe fatto; un’Alessandria che controlla egregiamente la situazione e di contro un Livorno, più che demoralizzato, stordito. Ma si tratta di attimi perché i labronici si scatenano come furie verso Borriero e prima Rinaldi e poi Ghezzani mancano due facili occasioni per segnare. Si giunge al 21’ con una punizione di seconda in area per un fallo di Bagliani; rimpallo e susseguente punizione dal limite. David calcia: palla che vola nella gran mischia, un braccio galeotto tocca la sfera nel rettangolo minore dell’aria; ci diranno, ancora, un arto di Bagliani. Conclusione: rigore. Petersen trasforma alla sinistra di Borriero. Il gol è una specie di eccitante per gli amaranto che si riversano verso la rete dei piemontesi. 25’, 26’, 28’; David, Petersen, Aliverti, Rinaldi: tiri parati o fuori di un soffio. Poi un gran brivido per i locali: al 31’ di gioco, buco della difesa livornese e Bey che si trova in condizioni felici per calciare a rete; esce anche Giudici ma il tiro va oltre il fondo. Pronta risposta amaranto che questa volta si conclude col pareggio. Pallone volante tra Petersen e Rinaldi, tocco a Ghezzani che sospinge in rete. Due a due, entusiasmo alle stelle. Tre minuti dopo ancora e poi scoppia la santabarbara all’Ardenza. Lunga puntata di Bertani a Ghezzani che tira deciso e forte: il valente guardiano alessandrino si tuffa a pesce, ma devia la sfera verso Rinaldi che con una gran botta mette a segno. Cinque reti nel primo tempo. Nella ripresa ne succedono di tutti i colori con Testa che al 4’ si dribbla tra avversari per poi deporre il pallone nelle braccia di Giudici; con David (ma che peperino, questa aletta!) che inizierà il suo duello con Borriero: lui a tirare da tutte le posizioni e quello a prendere il pallone in mille svariate maniere; e ancora con Savoini, seguito da Bey, che al 9’ fa scattare le mani a Giudici per un’alzata in angolo da un difficile proietto scagliato da tre passi. Infine, il pareggio. Lungo cross di Tagnin che inganna un difensore amaranto nel salto: quanto basta perché vengano spiazzati Simonti, Salvador e soci; sfera che giunge a Bey che da dieci metri calcia in rete. Ci vorrebbero ancora pagine di cronaca per registrare le azioni sfumate, i gol mancati (più dal Livorno) e un palo che ha detto di no ad Aliverti su angolo battuto da Davi. Ci limitiamo a chiudere le note col dire che nessuna meraviglia se la gara l’avesse vinta il Livorno oppure l’Alessandria che poi, paga del risultato, pensò bene di arretrare le mezze ali a copertura di un pareggio che era stato inizialmente una vittoria e poi una sconfitta. Un bravo sincero a Jonni, preciso, autoritario direttore di gara. Due note di profitto per Bertani, David, Petersen, Rinaldi e Cardoni per gli amaranto. Per i grigi un Tagnin mezz’ala sinistra da rivedere, poi Testa, Borriero e Bussetti. Un pari che, all’Ardenza, prescindendo dal risultato, preclude ad un nuovo Livorno «da combattimento». Dall’Alessandria la conferma di quanto si sapeva. (Valerio Bussolini, «La Gazzetta dello Sport», 5 gennaio 1953) COLPI DI SCENA A RIPETIZIONE IN LIVORNO-ALESSANDRIA: 3-3 I grigi hanno guadagnato un punto nel corso della più emozionante delle partite. Pensate a un’Alessandria scattata con slancio che, nel giro di soli sedici minuti, riesce a portarsi in vantaggio di due reti; e ad un Livorno che, in sedici minuti – dal 21’ al 37’ del primo tempo – trova l’energia e l’abilità di rovesciare il risultato, portandosi in vantaggio per 3-2. Lo sforzo generoso è costato caro ai labronici, i quali nella ripresa non hanno saputo approfittare delle minorate condizioni della squadra avversaria, nelle cui file l’interno destro Mazzucco era zoppicante per uno scontro (e si scambiava frequentemente di posto con Bey) e lo stesso portiere Borriero teneva a fatica il suo posto per un dolore ad una gamba conseguente ad una ardita parata. I grigi anzi sono riusciti a raggiungere il pareggio ed il risultato non ha più subito modifiche. Dopo un fortunoso rinvio di Borriero (coperto da un terzino) su tiro di Ghezzani, subito al 1’, l’Alessandria si è portata all’attacco, dimostrandosi a suo agio sul terreno pesante. Al 5’ il primo pallone è già alle spalle di Giudici: Tagnin, impossessatosi della sfera a metà campo, evita l’intervento di Bertani con una diversione a sinistra, entra in area e traversa verso l’angolo opposto della rete. Testa fallisce l’intervento a pochi passi dalla linea e il pallone spiove sui piedi di Bey che, indisturbato, può toccare e deviare facilmente in fondo al sacco. Il Livorno si lancia al contrattacco e all’11’ segna per merito del centrattacco Torti, ma l’arbitro annulla per fallo dello stesso giocatore. L’Alessandria riprende a premere ed al 16’ aumenta il vantaggio su rigore commesso da Salvador e trasformato da Tagnin. Sembra che questo debba essere il crollo del Livorno. Invece gli amaranto trovano energie inaspettate e al 21’ segnano con Petersen a loro volta su rigore provocato da un tiro di David che aveva urtato in area in un braccio di Bagliani. Incoraggiato rumorosamente dal pubblico, il Livorno insiste all’attacco pareggiando ai 34’, dopo che l’ala destra alessandrina Bey aveva sbagliato in modo madornale una facilissima occasione. Il secondo goal toscano avviene su allungo di Petersen al centro, dove Rinaldi raccoglie e spedisce verso la rete con una mezza rovesciata. Borriero è spiazzato e il pallone sta per entrare in porta, comunque Ghezzani gli dà il colpo di grazia. Al 37’ terza rete amaranto: un tiro da lontano di Ghezzani viene deviato in tuffo da Borriero, Rinaldi riprende ed insacca imparabilmente. Nella ripresa l’Alessandria adotta una tattica più guardinga. Il Livorno dimostra però di risentire dello sforzo e rallenta quindi la sua pressione. Al 10’ Giudici devia in calcio d’angolo una staffilata di Bey susseguente ad una lunga fuga isolata. Al 14’ poi gli alessandrini raggiungono il pareggio su azione iniziata da Tagnin che, spostato tutto a sinistra, traversa al centro: Testa riceve il pallone a Bey che, smarcato, segna con facilità. Dell’Alessandria i migliori sono stati Tagnin, Savoini, Mazzucco e Borriero. Del Livorno Aliverti, Petersen, Ghezzani, Rinaldi. Un elogio anche all’arbitro Jonni per l’autorità dimostrata. (Bruno Castagnoli, «Stampa Sera», 5 gennaio 1953) «Vada a finire come vuole, questa rimarrà la più bella partita del Livorno». Così dissero molti tifosi durante l’intervallo; e avevano ragione, e l’ebbero ancora dopo il fischio di chiusura. Allora, però, l’opinione sul risultato era cambiata e questo rimase di traverso ai più. Già! Tutti i labronici avrebbero, con le mani e con i piedi, sottoscritto per il pareggio, quando l’Alessandria mise a segno la seconda rete di vantaggio. Ma poi, gli amaranto erano riusciti a compiere la prodezza di raggiungere e superare gli avversari; pertanto, il terzo goal dei grigi, messo anche in relazione con il gran numero di attacchi condotti dal Livorno durante l’ultima parte della gara, non poteva non apparire come una beffa della sorte. A mente serena si deve lealmente considerare giusto l’esito della partita. Tuttavia, è vero pure che gli amaranto meritavano un premio maggiore per aver saputo reagire al grave handicap iniziale con una condotta assolutamente encomiabile, non soltanto sul piano agonistico ma anche dal lato tecnico. Il valore del radicale capovolgimento del gioco operato dai locali risalta meglio seguendo gli sviluppi della contesa. «L’Unione vuole vincere ad ogni costo», ci aveva detto, egli spogliatoi, Neri. L’aveva azzeccata giusta, l’ex ala destra amaranto, attuale allenatore dell’Alessandria. Infatti, il Livorno, appena Jonni dette il via, scattò all’arrembaggio mettendo subito a repentaglio la porta dei grigi; peraltro, Borriero, con un gran santo dalla sua, dopo una mischia furiosa, riuscì alla men peggio a respingere un tiro di Ghezzani che stava per terminare in rete. Dal mancato attivo al reale passivo, il passo fu breve. Giudici non era ancora stato impegnato e la palla la toccò per rimandarla al centro. Tagnin andò via in diagonale da destra verso sinistra senza conoscere ostacoli; dalla posizione di ala, centrò; Testa non riuscì a entrare… di testa e fu la sua fortuna: il pallone capitò addosso a Bey e finì in porta. Quinto minuto: medaglia rovesciata. Un goal evitato per miracolo, un goal guadagnato sulla prima azione offensiva. Ce n’era abbastanza perché l’Alessandria si sentisse ai sette cieli ed il Livorno sotterra. Logico, quindi, che gli ospiti facessero da padroni di casa. Comunque, dopo cinque minuti in cui i grigi dettarono legge, gli amaranto accennarono ad un risveglio e Torti, in collaborazione con Rinaldi, marcò un bel punto: inutile abbracciarsi, Jonni aveva già fischiato un fallo di Torti su Bagliani, anzi, vallo a ritrovare un goal del genere! Niente da eccepire sulla decisione dell’arbitro. Però è chiaro che i livornesi dovettero servirsi vieppiù sgonfiati. E, a demoralizzarli del tutto, venne una topica di Simonti. Savoini, lasciato in bando dal terzino, strinse a rete, Salvador gli si fece incontro e lui mirò a Testa, piazzato liberissimo nel centro dell’area amaranto, Salvador ricorse al rimedio estremo e Jonni punì il «mani» indubbiamente volontario. Rigore, calcio di Tagnin, disperato tuffo di Giudici, palla schiaffeggiata, ma rete ugualmente. Qui cominciò il bello della partita. Sconfitti sì, ma non umiliati volevano essere gli amaranto e, a testa bassa, si buttarono ostinatamente all’attacco. Da prima fu un anfanare caotico: tiri lontanissimi dal bersaglio, punizioni contro la barriera, passaggi sbagliati, palloni sprecati. Ma la danza nella metà campo avversaria aumentò sempre di ritmo e di intensità costringendo i grigi a richiamare indietro le mezze ali e Bey, mentre nel bailamme delle mischie i difensori badavano a gettar lontana la palla con grave scapito della chiarezza e dell’ordine. Alla rinfusa (22’), tre giocatori si lanciarono a incontro a David che, recuperata la palla, respinta dalla barriera su una sua punizione, tentava di forzare il blocco. Dei tre, Bagliani deviò la palla con il braccio. Era volontario il fallo? Opporsi con le braccia non aderenti al corpo significa voler ridurre all’avversario l’angolo di tiro. In questo caso, secondo la prevalente tesi della dottrina calcistica, l’intenzionalità è istintiva. Jonni non stette a pensarci su e Petersen trasformò il rigore spedendo la palla a battere contro il paletto di ferro. Il Livorno si scatenò. Borriero parò una «puntata» di David, Aliverti, su calcio d’angolo, incocciò la testa ma la palla fin’ sul fondo, Borriero intervenne ancora, la retroguardia grigia – ma era quasi l’intera squadra ospite – si arrabattava con i falli laterali per arginare la pressione costante degli amaranto. Il pareggio lo si «sentiva» come se fosse già stato colto. Eppure, proprio nel bel mezzo di questa offensiva, all’Alessandria capitò l’occasione di inchiodare la partita. Fu al 31’: Tagnin, librandosi più alto di Bertani, aveva allungato la traiettoria di un rimando e proiettato Bey oltre i difensori labronici. Bey andò via a gambe levate, ma sciupò il tiro. Allora il Livorno strinse i tempi. Petersen operò uno scarto a destra e ficcò la palla nel mezzo dell’area di porta (forse voleva calciare direttamente in porta); nacque una mischia serrata; batti e ribatti, poi Rinaldi e Ghezzani si trovarono a un passo da Borriero; Ghezzani ebbe l’onore del colpo conclusivo. Entusiasmo sulle tribune, euforia in campo. L’Alessandria non esisteva più. Tre minuti dopo, Bertani imbeccava Ghezzani; tiro della mezz’ala, parata difficoltosa di Borriero. Sembrava «angolo», Rinaldi, invece, spuntò fuori in corsa: aveva sì e no mezzo metro di spazio e lì ficcò la palla con un tiro violento, Dio sa come fece. Vi abbiamo fatto una sintesi del primo tempo e certo non saremmo riusciti a dare nemmeno una pallida idea della velocità d’inferno con la quale fu condotto. Specialmente da parte dei livornesi che parevano con il diavolo in corto, tanto furono instancabili, decisi, combattivi. Accidenti, il pubblico non credeva ai propri occhi: e così si è detto tutto. Il primo tempo doveva essere un gran maestro per il Livorno. E probabilmente lo fu. Tanto è vero che, dopo il riposo, gli amaranto ripresero ad attaccare. Perché l’Alessandria è squadra – e una magnifica squadra – solo a metà. Ha un bel portiere, ha un ottimo attacco, ma non ha difesa né sistema difensivo. Quando si spingono in avanti, i grigi sono sempre pericolosi, con Tagnin regista ed anche solita, con Bey scorretto ma realizzatore, con Savoini abile a guizzare come anguilla fra le maglie della difesa avversaria, con Testa dalle finte astute che ti lasciano il dubbio di sbagli e intanto, però, scombussolano la retroguardia. Ma se stanno sulle loro, divengono vulnerabili da tutte le parti ed anche quando riescono a frenare gli attaccanti, sembra un caso fortuito, non ragionato. Gli amaranto, dunque, iniziarono il secondo tempo con lo stesso slancio con cui avevano terminato il primo. Ma dire, come sopra, «dopo il riposo» è usare un eufemismo: i primi quarantacinque minuti avrebbero fiaccato un toro ed era logico che i livornesi, per colmare il distacco, si fossero stancati più degli ospiti. Di conseguenza, essi non furono in grado di mantenere ininterrottamente le redini del gioco che, per dodici minuti, passarono nelle mani dell’Alessandria. E questa ne approfittò per raddrizzare il punteggio: al 13’, il solito Tagnin; fuga sulla sinistra (tema fisso?), centro, Testa sbuccia (o fa la finta?), Bey raccoglie; un tiraccio, ma non parabile. Dopo il pareggio, il Livorno non volle più correre rischi e rimase sempre in avanscoperta, naturalmente non a galoppo di carica ma al piccolo trotto quanto le residue energie degli atleti permettevano. Dal canto suo, l’Alessandria, con Mazzucco inutilizzabile per un infortunio, non ebbe molte possibilità di farsi minacciosa. Al 18’, su angolo di David, Aliverti – colpendo di testa – piegò le mani al portiere, che fu salvato dal palo. Altri rischi corsero gli ospiti: ma era scritto che l’incontro terminasse senza vincitori. Dopo le infelici prove con il Mantova e con l’Arsenaltaranto, ci voleva una partita come questa per riconciliare i giocatori labronici con il pubblico. Invero, erano degli anni che non vedevamo il Livorno impegnarsi con tanta tenace volontà. E appunto quanto ad attaccamento ai colori, tutti gli atleti apparvero degni di elogio. Per il rendimento, il migliore ci sembrò Aliverti; ha difetti e, più che lento, a volte si mostra impacciato; ma il suo gioco di testa è utilissimo ed efficace, né è facile che la mezz’ala antagonista riesca a superarlo. Quasi sullo stesso livello di Aliverti vanno posti David «mangia chilometri, piccolo mastino buono a tutto fare», Bertani e Cardoni, che pure ebbe a vedersela con il più bravo dei giocatori ospiti. Bene Petersen, Rinaldi e Ghezzani. Jonni non ebbe da dirigere una gara «liscia», ma fu proprio bravo. (Renzo Antoni, «Il Tirreno», 5 gennaio 1953) È stata la partita delle mille emozioni. Una gara veloce, tirata, bella dal lato agonistico e da quello tecnico. Un incontro che ha veduto la resurrezione del Livorno, che sceso in campo in formazione di attacco inedita, ha saputo trovare nei generosi suoi atleti il trampolino di lancio per rimontare uno svantaggio divenuto ormai impossibile. («Corriere dello Sport», 5 gennaio 1953) Dopo il successo di Livorno DOPMANI I "GRIGI" IN CAMPO CONTRO IL FORTE MANTOVA L’Alessandria è riuscita a chiudere alla pari la partita sul difficile campo del Livorno, dopo aver avuto la possibilità della vittoria e dopo aver corso il rischio di essere sconfitta. Il pubblico toscano, dopo la seconda rete segnata dai grigi, umiliato di veder la squadra amaranto perdere le speranze di fermare l’Alessandria con conseguente probabile rinuncia alla promozione alla Serie B – dalla quale è retrocessa lo scorso anno – ha sollevato rumorose proteste per la concessione dell’evidentissimo calcio di rigore, al punto di intimorire l’arbitro sig. Jonni di Macerata. Lasciati a briglia sciolta, i toscani hanno incominciato a mirare alle gambe degli avversari, riuscendo a segnare tre reti ed a sollevare al massimo l’entusiasmo del pubblico. Nella ripresa la squadra di Neri, benché menomata dagli infortuni toccati a Borriero e Mazzucco, si è imposta di forza, ottenendo il pareggio per merito di Bey. Un pareggio quindi che vale una vittoria. (Andrea Canestri, «Il Piccolo», 10 gennaio 1953) RISULTATI: Arsenaltaranto-Stabia 3-1 Empoli-Vigevano 2-1 Lecce-Molfetta 4-2 Maglie-Sanremese 0-0 Mantova-Piacenza 0-2 Pavia-Sambenedettese 2-0 Pisa-Parma 0-0 Reggiana-Venezia 3-1 CLASSIFICA: Pavia 24; Alessandria 22; Arsenaltaranto, Parma 17; Empoli, Livorno, Piacenza, Pisa 16; Mantova, Venezia 15; Maglie 14; Lecce, Sanremese 13; Molfetta, Reggiana 12; Sambenedettese, Vigevano 11; Stabia 10 Il punto sul campionato Quinta vittoria consecutiva del Pavia che aveva sconfitto la Sambenedettese, portando i due i punti di vantaggio sull’Alessandria, che aveva pareggiato a Livorno. L’ArsenalTaranto aveva agguantato il terzo posto grazie alla vittoria sulla Stabia, ultima in classifica, agganciando il Parma, fermato sul pareggio a Pisa. Importante e convincente vittoria della Reggiana sul Venezia e colpo del Piacenza in casa del Mantova.