Museo Grigio - Archivio Storico

Stagione: 1959/1960
Serie A
06-12-1959 - Giornata: 10 - Alessandria - Giuseppe Moccagatta


Alessandria US - Roma AS 0 - 0 (0 - 0)


Alessandria US Arbizzani Luciano, Nardi Aldo, Giacomazzi Giovanni, Boniardi Umberto, Pedroni Franco, Girardo Antonio, Oldani (II) Tullio, Moriggi Mario, Filini Giancarlo, Migliavacca Giancarlo, Tacchi Juan Carlos All.: Pedroni Franco

Formazione avversaria
ROMA AS: Panetti; Griffith, Corsini; Zaglio, Losi, Guarnacci; Orlando, Pestrin, Manfredini, David, Selmosson. All.: Foni Alfredo.

Arbitro: Rigato Iginio (Venezia)
Note
Angoli: 3-5 (2-4) oppure 3-4 (2-4). Spettatori: 15.000. Giornata serena e fredda, terreno viscido. Inizio gara ore 14:30.

Commento
Vorremmo dirvi che eravamo andati ad Alessandria «per vedere» la Roma e che abbiamo visto invece l’«undici» di Pedroni, ma è un’affermazione, cotesta, che non rispecchia esattamente le nostre impressioni. Diciamo allora che abbiamo visto «una» Roma e «una» Alessandria. Più che due squadre, anzi, più che la loro fisionomia e la loro sostanza, abbiamo visto due diverse e contrastanti maniere di interpretare una partita sul fango. Abbiamo visto cioè una Roma tocchettante, fredda, stilizzata, compiaciuta prigioniera dei suoi schemi chiari e ben studiati (ma su quel terreno, fatalmente, l’arte si traduceva troppo spesso in artificio) e, per contro, un’Alessandria viva, sanguigna, scarna, cosciente dei suoi mezzi modesti, ma tutt’altro che rinunciataria (il calcolo in difesa, l’avventura in attacco). Indubbiamente, su quel terreno, la maniera alessandrina era la più indicata e, a questo proposito, bisogna riconoscere che se Pedroni è stato bravo nell’impostare il problema d’una siffatta manovra, addirittura bravissimo è stato nella fase dell’attuazione e nei suoi vari adattamenti. A nostro avviso, Pedroni è stato nettamente il «numero uno» dell’incontro, anche se in campo avverso l’occhio trovava maggior conforto nei pezzi di bravura dei vari Guarnacci, Zaglio, Manfredini, Orlando e Selmosson (limitati al primo tempo, quelli degli attaccanti giallorossi). Gli è che il gioco di Pedroni e C. era tutto in chiave pratica, là dove quello dei romanisti indulgeva all’accademia, un’accademia in rissa costante e sterile con le necessità del terreno. Gli uomini di Foni diedero all’inizio la sensazione di poter agevolmente passare. Fu quando i grigi sembravano non trovare ancora l’esatta formula nel gioco di disimpegno, complice una certa frattura a metà campo che isolava il robusto tronco difensivo dall’esile ramoscello degli avanti. Questa fase durò esattamente 17’ (durante i quali tuttavia Arbizzani non avvertì l’ombra d’un vero e proprio pericolo). Poi, all’improvviso, Tacchi spezzò il ghiaccio della «zona morta», Filini si rinfrancò, le mezzali acquistarono ritmo e baldanza. La frattura scomparve e la compressione difensiva dei grigi, quasi nascondesse un provvidenziale meccanismo di propulsione, cominciò ad alimentare automaticamente anche le azioni di attacco. La cronaca vi dirà che, nei primi 45’, l’Alessandria ha messo cinque volte Panetti nei guai, mentre Arbizzani ha veduto sì, spesso e spessissimo, maglie avversarie nella sua area ma, all’atto pratico (grazie anche allo scentratissimo mirino di Pestrin e C.), lavoro non ne ha avuto mai. Bisogna dunque concludere che l’Alessandria, partita col prudente proposito di salvare almeno un punto, non aveva tutti i torti, a partita conclusa, di lamentarsi di non averne conquistati due. Il che, più o meno, avveniva anche negli spogliatoi romanisti. Con questa differenza: che gli uomini di Foni, più ricchi di pregi industriali e superiori in fatto di volume di gioco, avrebbero dovuto – a nostro avviso – rimproverarsi il fatto di aver preteso di parlare un linguaggio calcistico assolutamente improprio, assolutamente inadeguato ai bisogni della giornata. Una partita «fuori tema», insomma, insomma, la loro. Ci siamo spiegati? Scendendo a giudizi più particolareggiati, diremo che Pedroni è stato un impeccabile regista della sua squadra, solida ed elastica in tutto il blocco difensivo. Fra gli avanti grigi, Tacchi è stato il più pericoloso, pur eccedendo in personalismi esasperati ed esasperanti; Filini – andatura da… cammello – si è ripreso bene, dopo un inizio incerto; i due interni hanno sgobbato come negri; Oldani ha combinato invece ben poco. Si tratta in genere di ragazzi che meritano comunque un elogio per il coraggio, l’intraprendenza e la tenuta atletica. Per tornare ai difensori, aggiungeremo che ci sembra esagerino un po’ con lo sfruttamento del fuori gioco (è vero che stavolta la Roma ha sempre abboccato con straordinaria ingenuità, così come è vero che in campo c’era un arbitro, il Rigato, pronto, oculatissimo, perfetto). Fra i giallorossi abbiamo visto un Panetti parecchio incerto e scarso nella presa, un Griffith sovente «giocato» dall’elettrico Tacchi, un buon tandem Guarnacci-Zaglio (ma il famoso quadrilatero, per colpa degli interni, specie Pestrin, dov’era?), un Losi massiccio ma non insuperabile e, più avanti, emergenti dal groviglio di cento passaggetti (che l’Alessandria bilanciava con due fendenti), le perline di qualche spunto, ora Manfredini, ora Selmosson, ora Orlando, tutti senza molta sostanza. Detto questo è detto tutto, o quasi, di una partita con due zeri. Ci limitiamo pertanto a darvi, in stile telegrafico, le note di cronaca essenziali. 10’: Manfredini inizia la serie dei fuori gioco; 11: primo corner pro-Roma, senza effetti; 12’: tiro a lato di Pestrin; 15’: punizione di Tacchi bloccata da Panetti; 17’: l’Alessandria esce dal guscio e Tacchi, liberato da un allungo da Filini, avanza stretto da due avversari e spara; Panetti si salva fortunosamente; Losi libera; 19’: discesa di Oldani, tiro di Tacchi, Panetti si salva in due tempi; 20’: altra parata di Panetti su tiro di Tacchi; 24’: ubriacante «assolo» di Selmosson (corner); 26’ improvvisa frecciata di Manfredini, parata agevolmente da Arbizzani; 37’: centro di Orlando, con Arbizzani uscito; Pestrin, a porta vuota, da 10 metri spara alto; un istante dopo, Tacchi invita Pestrin; 39’: ancora Tacchi, eluso Griffith, alza da pochi metri (occasione d’oro!); 42’: Corsini fallisce la palla, Tacchi potrebbe passarla al liberissimo Oldani, ma Tacchi è un «faso tuto mi» (peccato grosso). Ripresa: 3’: una volta di più, Tacchi impegna Panetti, che si salva ancora in due tempi; 13’: Pedroni falcia Orlando in fuga, punizione-bolide di David, «tenaglia» di Arbizzani; 19’: scontro a valanga Griffith-Tacchi; quest’ultimo deve ricorrere alle cure del massaggiatore; 20’: altro salvataggio difficoltoso di Panetti; 26’: tiro di Pestrin alle stelle; 27’: David involontariamente colpisce di piede Moriggi al viso; l’alessandrino lascia il campo; ritornerà «monocolo» dopo 7 minuti; l’atmosfera s’arroventa; 36’: mani di Girardo; Rigato rispetta la regola del vantaggio e lascia proseguire Orlando; niente di niente; 38’: legnata di Manfredini, terribile; Arbizzani si salva in corner. La Roma preme. L’Alessandria si difende bravamente e si libera con «sberle» di 40 metri. Null’altro da segnalare. Bellissima giornata di sole; terreno a tradimento: apparentemente discreto, si è subito… presentato appena le squadre lo hanno toccato facendo il loro ingresso (inutile coprirlo, quando piove, con giganteschi fogli di «cellophane», come si va facendo lungo la settimana; questo è un campo che ha l’acqua in corpo). L’Alessandria ha preferito all’ultimo momento schierare Filini al posto di Maccacaro, sofferente di una forma nevritica alla coscia destra. Lieve incidente a Tacchi al 19’ della ripresa (scontro con Griffith); più grave a Moriggi, al 27’ sempre della ripresa (scarpata di David in piena faccia, ferita all’occhio destro, 7 minuti fuori campo, rientro con abbondante e ingenerosa fasciatura); altro incidente, meno grave, a Girardo a 4’ dalla fine (provvisorio KO ad opera di Zaglio). (Gianni Cerri, «La Gazzetta dello Sport», 7 dicembre 1959) Visto il terreno di giuoco (una distesa di fango) e vista la disposizione tattica delle due squadre (chiusa l’Alessandria, non aperta la Roma), non ci potevano essere dubbi. Il pronostico appariva semplice: pari e patta. E pareggio (0-0) è stato. Risultato giusto. L’Alessandria, che al fango c’è abituata, ha tirato via senza troppi complimenti per il pallone. Ma la Roma ha saputo adattarsi. Cioè. S’è scrollata di dosso i merletti e – spesso, se non sempre – ha organizzato azioni decise. Così, la sua corsa continua: 5 punti in tre partite, due delle quali fuori casa. La Roma è una squadra disposta al giuoco e alla lotta; è una squadra di gente in gamba. Alla vigilia, Foni era preoccupato. Il terreno avrebbe potuto tradire i suoi giuocatori. E poi Panetti, Guarnacci, Zaglio e Pestrin avevano davvero superato lo «choc» di Budapest? Foni temeva che la sosta azzurra spezzasse il ritmo, arrugginisse i congegni, interrompesse lo slancio della pattuglia. Invece, quasi tutto bene. Anche nel fango di Alessandria, la Roma è riuscita ad imporre il suo «quadrilatero», ch’è il punto di forza sul quale si basano i criteri di manovra della formazione. David è la pedina dell’equilibrio, Guarnacci è l’elemento d’ordine, Zaglio è duttile. E Pestrin sgobba, porta il fuoco nella difesa dell’avversario. Ecco: il «quadrilatero» della Roma è formato da uomini che il filo d’oro della classe unisce. Vi è di più. Vi è che Losi è forse il miglior «stopper» del momento. Vi è che Panetti è sicuro, e che pronti sono Griffith e Corsini. Vi è che Manfredini e Selmosson svolgono fantasiosi scambi, rapidi smarcamenti. E Orlando è una spina nel fianco. Il fango, però, li ha traditi nelle conclusioni. E, d’altra parte, le linee arretrate dell’Alessandria non cedono, della difesa conoscono l’arte che insegna Pedroni, «stopper» furbo e intelligente, giocatore attento e gagliardo, allenatore prudente e sagace. Tolto Pedroni, l’Alessandria non spicca per individualità. Ah no, pardon: c’è Tacchi, ed è bravo, molto bravo. Soltanto ch’è egoista, vuole strafare. Gli altri formano un complesso solido, che si chiude con rapidità e con rapidità si distende, e s’affida all’arma del contropiede, un’arma che la Roma ha saputo spuntare. Pari e patti. Il pari e patta che soddisfa tutti, allora. Ecco il film della partita. L’Alessandria alza subito una barriera davanti ad Arbizzani, e la Roma si schiera sul modulo «Brasile», il più congenito per la squadra. Al 3’ Manfredini è solo: «offside», il primo di una lunga serie. Al 14’ Pestrin calcia fuori. Al 15’ Orlando è fermato a quattro passi dalla porta. Poi, l’Alessandria. Tacchi al 18’, al 19’ e al 20’ impegna Panetti, che tutt’e tre le volte respinge con difficoltà. Colpa del pallone viscido. Avanti. Avanti faticosamente… È ancora di scena la Roma. Pestrin al 24’, Manfredini al 26’, Pestrin al 30’ sparano a zero: Arbizzani è spavaldo. Quindi, Orlando giuoca anche il portiere: Pestrin sbaglia. Risponde Tacchi, al 35’. Risponde con una fucilata che sfiora la traversa. La prima parte termina con un errore di Corsini, che libera Tacchi. Tuttavia, la disperata rincorsa del terzino e decisiva. Pestrin e Tacchi, Tacchi e Pestrin. Sono spesso loro, Pestrin e Tacchi, che danno fastidio ai portieri. Intanto, Orlando, Selmosson e Manfredini continuano a cadere nella trappola dell’«offside». E l’arbitro continua a fischiare falli. Colpa soprattutto del terreno. Al 7’ Pedroni interrompe Manfredini e al 14’ interrompe Orlando. Anche Tacchi è a terra. Un malinteso Panetti-Losi al 20’ per poco non decide. Piccolo dramma al 29’: David tenta una rovesciata e colpisce Moriggi alla fronte. La Roma cerca di rompere l’incantesimo. È il suo miglior periodo. Al 30’ David fa bruciare le mani ad Arbizzani. Al 36’ Orlando avanza e Boniardi libera come può. Al 37’ Manfredini scarica una cannonata su Arbizzani, che si salva alla bell’e meglio in corner. Niente da fare. L’Alessandria resiste bene, e finisce com’era cominciata: pari e patta, zero a zero. (Attilio Camoriano, «l’Unità», 7 dicembre 1959) Sul campo fangoso è mancato il bel gioco OCCASIONI SCIUPATE DA TACCHI IN ALESSANDRIA-ROMA Zaglio, con Guarnacci e Losi, tra i migliori in campo - Delude Orlando Ha vinto il fango sul gioco. La Roma avrebbe potuto almeno cercare di evitarlo ed è andata invece a cercarlo. Era la squadra più forte sulla carta e la più forte anche sul terreno, non foss’altro per la prevalenza del suo gioco offensivo, ed è andata invece più vicina alla sconfitta che alla vittoria. Le sole grandi occasioni di segnare le ha avute l’Alessandria e le ha fallite. I due portieri non hanno dovuto svolgere un lavoro di grande impegno, ma ad ogni modo i palloni più insidiosi e le situazioni più allarmanti li ha avuti Panetti, gran portiere e uno dei pochi uomini da salvare nella squadra giallorossa. Il pareggio, tutto sommato, dà alle due squadre il giusto che a ciascuna spetta. Crediamo che nessuna delle due, a parte gli errori, possa ragionevolmente lamentarsi. Il fango si stendeva lungo tutta la striscia centrale del campo, nel senso delle due porte. Alle ali il terreno era scivoloso ma più compatto. Ebbene, la Roma ha preferito la striscia melmosa. Le scarpe affondavano di tutta la suola nella poltiglia, ma evidentemente i giallorossi vi si trovavano bene. Su di un terreno ove era solo possibile attaccare sulle ali, essi hanno praticamente giocato senza le ali. Selmosson, estrema sinistra, in tutta la partita sarà stato al suo posto meno di dieci minuti. Orlando, estrema destra, non si rendeva colpevole di abbandono di posto, ma era come se non ci fosse. Tale era la mediocrità della sua azione che si poteva benissimo, senza danno, ignorarlo. Di sua iniziativa, quindi, la Roma ha portato la manovra nella zona proibita, al centro. Selmosson, invece di dare respiro alle azioni, andava ad ingolfarsi proprio dove l’Alessandria aveva organizzato tutto il suo sistema difensivo e dove essa, anche in virtù del catenaccio, appariva più forte. Naturalmente andava a sbattere contro un muro, vista la impossibilità di smarcarsi, si cadeva fatalmente nel fuori gioco. Pedroni manovrava abilmente i suoi uomini tenendo d’occhio le mosse degli avversari e al momento opportuno, poichè era l’uomo libero della difesa, avanzava d’un passo mettendo fuori gioco gli uomini meglio piazzati. Rigato ne avrà fischiati una quindicina ai romani. Dove la Roma era non solo forte, ma fortissima, era nei laterali e nella difesa, ma questo poteva tutt’al più bastare per non perdere, e così di fatti è stato. Nell’interdizione, Zaglio il migliore di tutti, Guarnacci, Losi coadiuvati dalla due mezze ali, erano pressoché imbattibili. Il centro campo era in loro dominio, apparivano talvolta in tre e magari in quattro in una zona tutta libera e non avevano che la scelta del rilancio. A chi? Orlando andava incontro al compagno che aveva la palla invece di correre e di piazzarsi, tutta la zona sinistra era vuota, non c’era altro da fare che restare nel fango. Nella ripresa si avventurò spesso Manfredini all’ala sinistra, ma era una manovra di ripiego, egli attirava il pallone per rilanciarlo, quando gli riusciva, nella mischia, cioè dove non si poteva passare. Comunque, il miglior tiro della Roma, il solo che abbia messo in pericolo la porta dell’Alessandria, è stato di Manfredini al 38’ della ripresa, appunto dalla sinistra. Arbizzani si buttò istintivamente in tuffo, la palla non trattenuta salì carica di effetto a campanile e sorvolò la traversa. È stato il solo momento in cui la Roma avrebbe potuto effettivamente segnare. Troppo poco. È stata quindi, per Pedroni, una lampante vittoria tattica. Egli è riuscito a calamitare il gioco avversario, portandolo dove gli conveniva di portarlo. Nel fango, stretto fra i suoi uomini, ha distrutto tutto. È stato un lavoro difficile e pesante. La Roma ha infatti attaccato in prevalenza, ma non ha mai avuto una situazione chiara in cui potesse dire di aver battuto, almeno tatticamente, la difesa avversaria. Terzini e laterali alessandrini, ai quali devono essere aggiunti Moriggi, Migliavacca e perfino Filini, hanno costruito intorno agli attaccanti giallorossi una fitta rete difensiva dalla quale questi ultimi non sono mai riusciti completamente a districarsi. La prevalenza territoriale diventava perfino un fatto marginale del gioco, perché la lotta aveva la sua espressione più evidente nell’urto di due sistemi tattici che pareva escludere il possesso del terreno come sintomo di superiorità. Poi, le sventagliate dei contrattacchi grigi che facevano a tratti librare il gioco al disopra della manovra trita. Lasciamo andare tutto quanto alla fine può essere giudicato superfluo, ma quattro volte Tacchi ebbe sui piedi la palla da rete. La prima, al 18’: imbeccato da Filini, egli filò verso la porta al centro, solo, ma il suo tiro venne bloccato in tuffo dal grande Panetti. Tacchi ha sempre atteso troppo a tirare. La sua patema gli consentirebbe anche un tiro improvviso da lontano; cioè prima che il portiere possa piazzarsi, ma ha sempre preferito la distanza ravvicinata, cioè quand’era tardi. La seconda gli capitò due minuti dopo, su azione condotta da Oldani. Anche questa volta giunse a pochi metri dalla rete e il suo tiro incontrò ancora il tuffo del magico Panetti, evidentemente ancor più intelligente che forte. La terza al 3’ della ripresa, dopo aver evitato Griffith ed essersi trovato solo come le altre volte davanti ai pali, e sempre Panetti gli bloccò il bolide. La quarta, a pochi minuti dalla fine, fu la più grossa. Nella posizione di mezzo destro, Tacchi aveva attirato intorno a sé tre o quattro difensori e fu un peccato che il suo orgoglio prevalesse sulla logica del gioco. Filini attendeva solo, del tutto smarcato al centro, ad una dozzina di metri da Panetti, ma Tacchi forse non lo vide nemmeno o non lo volle vedere e finì che ebbero ragione i difensori. Dobbiamo fargliene una colpa. Egli è giocatore troppo generoso per meritarsi un rimprovero. Ma forse, a questa ora, sarà lui stesso a mordersi le unghie. Partita dura, resa anche più dura dal fango che facilitava e aggravava gli urti, ma nessuna intenzione malevola negli atleti. Un solo incidente di rilievo al 27’ della ripresa: David, effettuando una rovesciata, colpiva al ciglio dell’occhio destro Moriggi. Fu lo stesso David a portare l’avversario, involontariamente colpito, fuori del campo; Moriggi rientrò otto minuti dopo con un bendaggio che gli copriva l’occhio. Fortunatamente il male non era grave. Egli seppe essere ancora uno dei migliori della squadra. Bravo Moriggi. (Ettore Berra, «La Stampa», 7 dicembre 1959) È forse saggio principio considerare un pareggio in trasferta come un risultato prezioso. Tanto più contro un’Alessandria che con le «grandi» non ha quest’anno scherzato (ne sa qualcosa ad esempio il Milan battutissimo appunto al Moccagatta) e con quel fango che ha costretto tutti ad una super fatica perché si appiccicava alle scarpe e rendeva difficile qualsiasi movimento. La Roma però ha avuto la partita in pugno per lunghi periodi. Ed avrebbe perciò potuto raccogliere anche di più se i suoi tre uomini di punta – Manfredini, Selmosson ed Orlando – non fossero ingenuamente cascati nella trappola dell’organizzatissimo «catenaccio» grigiazzurro. Sarebbe stato necessario anzitutto allargare il gioco e tentare il gol con palloni improvvisi ed invece specialmente Selmosson non l’ha capito e si è smarrito alla ricerca di impossibili dialoghi di abilità in uno spazio ridotto; e sarebbe stato indispensabile fare bene attenzione al «fuori gioco», specialità della difesa dell’Alessandria, ed al contrario Manfredini si è fatto sorprendere ben nove volte (le abbiamo contate e crediamo sia un record!) dall’abile mossa di Pedroni e dei suoi. Cosicché Arbizzani ha potuto cavarsela con un lavoro di ordinaria amministrazione: due parate vere in tutto, non di più, una assai bella sua calcio di punizione di David ed un’altra, fortunosissima, su una stangata di Manfredini. Ha avuto maggiore lavoro Panetti e più occasioni l’Alessandria; ed al 18’ del primo tempo anzi c’è voluta un’uscita provvidenziale e portentosa del portiere giallorosso per negare a Tacchi, libero e solo, un gol che sembrava ormai fatto. I contrattacchi grigiazzurri, insomma, sono stati più insidiosi della manovra costante ma troppo elaborata dalla Roma. È per ciò che si può dire giusto senz’altro il pareggio anche se è stata evidente la superiorità individuale di classe e di stile dei giallorossi. La Roma ha avuto, al solito, nel centrocampo il suo punto di forza. Qualche iniziale battuta a vuoto di Zaglio è stata compensata dall’instancabile attività di Pestrin spesso sacrificatosi in copertura per mascherare l’incerta condizione del compagno. E Zaglio ha avuto così tempo e modo di ritrovarsi per terminare in tono maggiore. Sulla sinistra, Guarnacci e David hanno dominato il campo. David è stato l’autentico regista del gioco giallorosso, implacabile nell’interdizione, formidabile nel sostegno, forte deciso nei contrasti. Guarnacci ha protetto la retroguardia con tanta autorità da consentire a Losi una partita tranquilla e senza affanni. Anche il «piccoletto» comunque si è battuto da par suo al centro della mediana e nella sua zona ha dettato legge. Qualche squilibrio semmai c’è stato nel settore destro ma non per colpa di Griffith, bensì per la diabolica genialità dello scatenato Tacchi che è stato in grado da solo di gettare più volte lo scompiglio nella retroguardia giallorossa. Tacchi ha fatto il bello e il cattivo tempo per un’ora buona (alla distanza infatti ha accusato il peso della fatica) ma per fortuna della Roma non ha avuto il piede centrato e soprattutto non ha trovato adeguati collaboratori. Avrebbe dovuto pensarci Zaglio a dare una mano a Griffith; ma Zaglio si è detto non era nella sua giornata migliore e, del resto, l’ansia di cogliere il gol di una vittoria che era a portata di mano, lo ha spesso spinto in avanti. Gli spostamenti continui nella prima linea dell’Alessandria hanno messo qualche volta in difficoltà anche Corsini, sempre alle prese con un avversario diverso (ora Oldani, ora Moriggi e talvolta anche Filini); complessivamente, comunque, il terzino sinistro non ha demeritato anche se ha denunciato alcuni sbandamenti evitabili con una maggiore accortezza. È difetto comune di parecchi nostri difensori, anche di quelli che vanno per la maggiore purtroppo, perdere il controllo della zona se non hanno il punto di riferimento di un avversario da marcare. Panetti, si è detto, è stato miracoloso nell’intervento su Tacchi al 18’ del primo tempo; e, per il resto, non ha sbagliato un pallone. In complesso, dunque, il blocco difesa-quadrilatero della Roma ha giocato una notevole partita. Ma gli uomini-gol hanno deluso anche se sono validissime le attenuanti del campo difficile (soprattutto per Manfredini) e della difesa attentissima dell’Alessandria. Il più attivo è stato Orlando, che più di una volta l’ha spuntata di forza contro la vecchia volpe Giacomazzi, ma ha inutilmente portato al centro palloni preziosi. Manfredini non ha commesso errori gravi, ma soltanto raramente si è inserito con profitto nella manovra e troppo spesso invece si è lasciato cogliere in fuori gioco. Selmosson ha fatto gran confusione e ha combinato ben poco di buono; anzi, nel finale, ha fermato con un suo inopportuno intervento uno spunto di Manfredini che avrebbe anche potuto concludersi in gol. Alla Roma, per essere una autentica vedetta – ecco la nostra impressione di Alessandria – manca ancora l’«affondo» irresistibile dell’attimo giusto. E non sappiamo se Orlando, Manfredini e Selmosson saranno sufficienti a garantire quella forza d’urto indispensabile per mantenere costantemente le primissime piazze. Foni ha organizzato benissimo la squadra per otto undicesimi: il suo compito adesso è quello di dare maggiore sostanza alla manovra di offesa. E sarebbe anche necessario, a nostro avviso, cambiare mentalità, acquistare la convinzione di poter fare di più. Una Roma pienamente soddisfatta del pareggio di Alessandria (e negli spogliatoi giallorossi dopo la partita non abbiamo ascoltato alcun rimpianto dai giocatori, né dall’allenatore, né dai dirigenti) non è ancora una Roma da primato. Eppure, tre punti di svantaggio con una Juventus capolista che non è invincibile (ha già perso infatti due volte, come la Roma) non costituiscono un «handicap» incolmabile. L’Alessandria è un modello di organizzazione. Pedroni è riuscito a trarre il massimo davvero dal materiale modestissimo a sua disposizione. È sufficiente scorrere i nomi della formazione grigiazzurra per accorgersene: nessuno, ad eccezione forse di Tacchi, potrebbe trovare posto in prima squadra nella Roma. Ebbene, quest’Alessandria ha costretto la Roma al pareggio ed anzi è arrivata più vicina dell’avversario al gol. Tacchi è il solo pezzo pregiato: è una autentica freccia e sol che avesse il piede più centrato potrebbe competere con gli assi più famosi del ruolo perché ha una varietà di dribblings d’eccezione ed una rapidità di movimenti sconcertanti. Gli altri, però, sono anziani che si «arrangiano» con il mestiere oppure giovani ben dotati ma ancora immaturi. La condizione fisica, però, è eccellente e tutti sono messi in condizione di rendere al meglio delle loro possibilità. Ma spesso Pedroni ha trovato il modo di piazzarsi alle spalle dei compagni e di sfruttare adeguatamente il suo senso della posizione e la potenza del suo calcio. Purtroppo, però, non è facile mettere su una prima linea senza un soldo ed è appunto l’attacco il «tallone d’Achille» dell’Alessandria: se non segna Tacchi, infatti, è difficile che venga il gol. Cielo sereno ma campo pesante per la pioggia dei giorni scorsi. Diecimila spettatori circa. «Catenaccio dell’Alessandria con Pedroni libero, Boniardi centromediano, Girardo e Migliavacca laterali e con scambi frequenti fra gli attaccanti. Nella Roma, nella ripresa, Selmosson si è spostato al centro della prima linea e Manfredini l’ha rimpiazzato all’ala sinistra. Al 28’ del secondo tempo, per un involontario calcio di David, Migliavacca ha riportato un trauma diretto alla regione paraorbitaria destra con ferita lacera alla palpebra superiore ed è stato costretto ad abbandonare il campo per cinque minuti: è rientrato infatti al 33’ con una vistosa benda. Leggermente infortunati, ma senza conseguenze, Tacchi e Girardo. Cronaca. Inizio fiacco al rallentatore. È necessario aspettare il decimo minuto per trovare una nota sul taccuino: è un invito di David a Manfredini in buona posizione, fermato però per un discutibile fuorigioco. Un grossolano errore di Zaglio al 18’ dà a Filini l’occasione per mettere Tacchi solo davanti a Panetti: il gol sembra inevitabile ma il portiere romanista supera se stesso chiudendo all’attaccante lo specchio della porta e rubandogli il pallone con una uscita arditissimo giunto nel momento del tiro. Tre angoli per la Roma ed un tiro al volo di Manfredini lanciato da Pestrin al 26’, agevolmente controllato da Arbizzani. A lato, al 29’, un tentativo di Pestrin da lontano. Un «mano» di Giacomazzi, non rilevato all’arbitro, interrompe al 30’ un interessante dialogo Orlando-Selmosson. Occasionissima giallorossa al 36’, Zaglio scova un corridoio libero per Orlando (da un calcio di punizione) e gli porge una palla comodissima; l’estremo destro ha un attimo d’incertezza ed è costretto perciò per evitare il recupero di un difensore, a portarsi sulla linea di fondo: il cui centro, comunque, è perfetto e sorprende Arbizzani, ma Selmosson non è lesto a sfruttarlo e Pestrin al volo calcia alto a porta sguarnita. Grande azione di Tacchi al 39’ e bersaglio mancato di un soffio (oltre la traversa). Ripresa. Fiacco colpo di testa di Manfredini, parato al 1’. Ancora un efficacissimo spunto di Tacchi che «salta» Griffith al terzo minuto, ma trova Panetti pronto alla parata a terra. Quattro volte consecutive in cinque minuti Manfredini si fa mettere in fuorigioco e rende inutile la supremazia della Roma. Orlando scavalca Giacomazzi al 14’ e punta in gol: Boniardi rimedia falciando letteralmente l’avversario. Batte David la punizione con estrema violenza, ma Arbizzani risponde con bravura. 27’: punizione di Zaglio, corta respinta di Boniardi, replica di Pestrin, sbagliata. Al 28’, l’infortunio di Girardo per un involontario calcio in faccia di David. Al 36’ Giacomazzi si salva da Orlando fermando il pallone con le mani, ma l’arbitro coperto non se ne accorge. Manfredini manca in pieno il tiro al volo su un allungo di Guarnacci al 39’, ma riesce a trattenere il pallone e sul rimbalzo stanga fortissimo: Arbizzani alla meglio fa scudo con il colpo e si salva con la spalla. L’ultimo brivido è al 41’: Manfredini parte nel suo caratteristico stile, liquida un paio di avversari ma Selmosson, nel tentativo di proteggerlo, ne interrompe con un tocco sbagliato la favorevolissima azione. E nel finale Rigato, arbitro eccellente ma non eccezionale, non permette più a nessuno di avvicinarsi al gol. È zero a zero, ormai, ed è meglio evitare complicazioni. Tanto più che è un risultato onesto. (Ezio De Cesari, «Corriere dello Sport», 7 dicembre 1959) PAREGGIO CON LA ROMA DOMANI AL MOCCGATTA IL NAPOLI La catena dei pareggi si è arricchita, domenica, di un altro anello. Si sarebbe potuto realizzare un risultato pieno, se la squadra grigia avesse giocato con maggior intraprendenza e decisione, sfruttando l’infelice giornata degli ospiti, apparsi in evidente difficoltà sul terreno viscido e pesante. Ma l’Alessandria, divenuta da qualche tempo a questa parte una apatica osservatrice della tattica difensiva, non ha ritenuto opportuno desistere dalla sua abituale condotta ed ha, quindi, offerto sopra un piatto d’argento ai giallorossi l’insperata occasione di mettere all’attivo un prezioso punto. La conclusione della gara ha dato comunque eguale soddisfazione ai contendenti, perché se ai romanisti il mezzo successo ottenuto tra le mura di casa nostra concorre a mantenerli nella scia delle compagini che aspirano alla conquista dello scudetto, per i modesti «artigiani» alessandrini del calcio contribuisce a convalidare una discutibile tesi, quella del «primo, non perdere». Noi, invece, siamo tornati alle nostre abitazioni amareggiati e delusi, non tanto per il punto sfumato, quanto per l’aver constatato il sistematico ripetersi della invisa condotta agonistica dei nostri atleti in un incontro casalingo. Pur essendo da tempo avvezzi ad assistere a competizioni disputate dalla nostra squadra nel clima della «paura», speravamo, data la situazione favorevole in cui è venuta a trovarsi l’Alessandria dopo alcuni momenti di gioco, che si decidesse a rompere quel cerchio che ha per nome «complesso d’inferiorità» e, approfittando delle deficitarie velleità combattive avversarie, riuscisse ad aggiudicarsi l’alloro del successo, facendo sfoggi di slancio ed entusiasmo. Effimera illusione! Ad una Alessandria pusillanime e mancante di vitalità non si può chiedere di tirare fuori quegli artigli che denuncia apertamente di non possedere. Siamo perciò propensi a credere che i tecnici grigi abbiano elaborato un piano strategico limitato al solo pareggio, con immediata esclusione di qualsiasi successo. E se quest’ultimo dovesse verificarsi – qualche rarissima volta – dovrebbe venire catalogato tra gli… infortuni capitati alla squadra nel corso del campionato. Non ci rimane, pertanto, che attendere il maturare degli eventi ed aspettare pazientemente la fine di una tanto incresciosa situazione. Per il momento, accontentiamoci quindi di quanto l’Alessandria può palesarci: accontentiamoci del suo gioco monotono e tedioso, sempre eguale, privo di mordente e di orgoglio, e suscitato di «beghe fraterne». […] Sintetizzando la prestazione fornita dall’Alessandria, possiamo dire – ad eccezione della difesa, dove Giacomazzi e Nardi fecero scintille, ottimamente coadiuvati da Arbizzani – che il rimanente della squadra è naufragato nella confusione e nel fango. Lo stesso Tacchi, al cui piede si sono presentate ottime occasioni, ha reso meno del solito. Gli unici ad emergere nel settore di punta sono stati Filini e Moriggi, ma in conseguenza del loro isolamento a metà campo, non sono stati in grado di raccogliere o veder raccogliere i frutti della loro generosa prestazione. (Romolo Vite, «Il Piccolo», 12 dicembre 1959) Questi temibili «romani de Roma» non ci hanno fatto alcuna paura e veramente credevamo fossero più forti: non più scarponi, s’intende, ma più pericolosi, calcisticamente parlando. Hanno molti nazionali nella loro squadra, si capisce che potrebbero essere uno squadrone. Ma invero gli undici «leoni» dell’Alessandria hanno stentato parecchio a portare a casa un punto. Il cuore: questo organo indispensabile non manca davvero ai grigi, che si battono sempre con una volontà, un coraggio ed un orgoglio ammirevoli e commoventi. Là dove manca la classe, si supplisce con il cuore, e davvero, questa squadra meriterebbe di salvarsi, perché sente la partita come di rado capita di poter vedere. Tutto buttano nella battaglia – e su quel fango si tratta davvero di battaglia –: purtroppo hanno le ali tarpate da una tattica prestabilita, ma malgrado ciò, difficilmente possono essere sconfitti. Giacomazzi, il terribile. Mai visto questo giocatore in una forma tanto splendente. Rettifichiamo, giocava così quando era all’apice della carriera, quando era il miglior terzino d’Italia. Oggi quanti terzini giocano meglio di lui? Uno, due. Al massimo, veramente, ed ecco perché le ali destre che hanno la sventura di capitare dopo Giacomazzi fanno regolarmente delle brutte figure. Vedere Orlando: non che sia un fenomeno, ma è certamente un giovane che sa battersi bene, sa «fintare» l’avversario e puntare a rete, andar via pulito. Contro Giacomazzi è stato annullato completamente, come i precedenti avversari di questo generoso atleta. È la seconda giovinezza, ma è anche la bontà d’intento di questo giocatore, che pare aver ritrovato la strada maestra. Se non andiamo errati, Oldani non aveva ancora giocato quest’anno in tale ruolo. Ha cominciato ala sinistra, poi mezz’ala sinistra, poi centravanti, ora ala destra. E poi ci vengono a dire che gioca male, che non rende come dovrebbe. Vorremmo vedere qualche asso cambiare ruolo tutte le domeniche! Abbiamo visto che cosa ha fatto Robotti, spostato al centro della mediana. Non gioca più né da centromediano, né da terzino. Abbiamo visto Boniperti e tanti altri. Come può un allenatore non far giocare due domeniche consecutive nello stesso ruolo un giocatore giovane? E come si può pretendere che lo stesso giocatore renda? Tutti i giovani dell’Alessandria cambiano continuamente ruolo, perché nessuno ha un posto fisso, e tutti debbono arrangiarsi alla meno peggio, andando alla deriva, mostrando chiaramente sul campo le loro tendenze, che però l’allenatore continua ad ignorare. E per di più, dimenticano quel poco che sapevano in fatto di gioco nel reparto avanzato, perché nell’Alessandria di oggi l’attacco non esiste che in virtù degli spunti di Tacchi e delle sgroppate isolate di Filini. Ma quando Tacchi non ha il piede centrato, non si segnano goals, perché lo stesso Tacchi li vuole segnare per forza, ignorando i compagni, anzi… il compagno smarcato in posizione favorevolissima. Moriggi, l’eroe. Povero ragazzo, come lo hanno malmenato! Non bastava il primo colpo, ci voleva anche la scarpata finale per metterlo KO. Ma Moriggi ha superato anche il secondo round ed è rientrato in campo con un turbante degno di un sultano. Sono prove di attaccamento alla squadra che devono far pensare, e che sono di buon auspicio per l’avvenire della squadra. La sua partita non è stata molto brillante, secondo noi, ma qual era il suo compito? Lo sapeva forse, questo ragazzo, ciò che avrebbe dovuto fare sul campo? La difesa formidabile, nulla da eccepire, con quel Giacomazzi, con Boniardi che non molla un attimo, con quel Girardo tuttofare, con un Pedroni più che mai padrone dell’arte del battitore libero. In seconda battuta, capitan Pedro è diventato davvero una colonna, e la difesa che ha saputo crearsi attorno è certamente efficacissima, avvalendosi pure dell’astuto sistema del fuori gioco. Una difesa che si autodemolisce ad ogni partita, perché dopo l’incontro di domenica scorsa i difensori dell’Alessandria non erano più uomini, tanto la fatica li aveva stroncati. L’inverno comincia ora, i terreni fangosi li avremo per dei mesi, speriamo che tutto resista fino alla fine, altrimenti i guai non si conteranno più. (Egi, «Il Piccolo», 12 dicembre 1959) RISULTATI: Bari-Lanerossi Vicenza 0-0 Fiorentina-Milan 1-1 Genoa-Atalanta 1-1 Internazionale-Bologna 2-1 Lazio-Sampdoria 3-1 Napoli-Juventus 2-1 Palermo-Udinese 0-0 Spal-Padova 1-1 CLASSIFICA: Juventus 15; Internazionale 14; Bologna, Milan 13; Fiorentina, Roma, Sampdoria 12; Lazio, Spal 11; Alessandria, Atalanta, Napoli 9; Padova, Udinese 8; Lanerossi Vicenza, Palermo 7; Bari 6; Genoa 4. MARCATORI 7 gol: Charles (Juventus), Firmani (Inter), Pivatelli (Bologna), Sivori (Juventus) 5 gol: Altafini (Milan), Manfredini (Roma), Mora (Sampdoria), Rossi Gu. (Spal) 4 gol: Bettini L. (Udinese), Brighenti (Padova), Cervato S. (Juventus), Nicolè (Juventus), Pascutti (Bologna), Tacchi (Alessandria), Zaglio (Roma) Il punto sul campionato Napoli, la bella vecchia città che ha una religione per il dio sole e che passa con rapidità e facilità dagli stati di depressione piU profonda alle condizioni di euforia più entusiastica, è tutta in festa, anche se oggi è lunedi e non domenica. Ha inaugurato ieri il suo nuovo stadio, che può veramente essere considerato come un colosso del genere sia per la mole sia per la bellezza. Ed ha battuto la Juventus, la migliore squadra del momento, quella che sta in testa alla classifica del campionato. Aveva avuto un inizio di campionato, questo Napoli, che faceva davvero, temere per il suo rotolamento nella categoria inferiore: crisi, cambiamento di direzione tecnica e malcontento profondo e generale in tutti gli strati della popolazione. Ora di colpo tutto è passato: il Napoli è diventato la squadra del momento, la grande squadra. Essa ha travolto l'undici che tutti pronosticano come vincitore del campionato, quello che con l'apporto di tanti suoi uomini ha recentemente salvato la nazionale d'Italia. Coll'impeto dell'acqua che abbia rotto una diga, i partenopei hanno fatto sfoggio d'una velocità e d'una volontà che non ha permesso al gioco dei torinesi d'entrare in azione e di dettar legge. I bianconeri sono stati come tagliati fuori dal loro normale ritmo di lavoro, non hanno potuto dedicarsi a nulla di quello che è per loro consuetudinario, hanno incassato nella prima parte delle due metà tempo due reti quasi di sorpresa si può dire, e non hanno segnato il punto della bandiera che grazie ad un provvidenziale calcio di rigore concesso dall'arbitro proprio nel minuto finale dell'incontro. Al di sopra di quello che è successo a Napoli, sta il fatto che l'undici partenopeo ha effettivamente salvato l'interesse del campionato. Erano in parecchi quelli che dicevano o pensavano che la Juventus, vincendo questo incontro, avrebbe messo un'ipoteca definitiva sul titolo. Essa avrebbe ricostituito il suo vantaggio di tre lunghezze di classifica sul più vicino inseguitore e si sarebbe ancora- maggiormente allontanata — addirittura per quattro punti — dai due competitori più pericolosi, il Milan e la Fiorentina. Era tutto un cammino più agevole che si apriva per i torinesi. La sconfitta subita a Napoli ha invece modificato — forse magari solo provvisoriamente — la situazione. L'Internazionale, che è riuscita un po' faticosamente a ridurre alla resa il Bologna, per due reti a una a San Siro, sta ora ad un solo punto di distanza. E, piena di speranze, se non proprio di euforia, sarà domenica prossima allo stadio di Torino. Diventa così importantissimo l'incontro torinese: vi è in palio il primo posto della classifica, mentre il Milan, che sul proprio terreno avrà che fare col Palermo, minaccia a sua volta di risalire. La undicesima giornata dal campionato, quella di domenica 13 corrente, viene quindi ad assumere un po' la fisionomia di un concentrico ritorno offensivo delle due compagini milanesi alla posizione tenuta dalla Juventus. Da notare al proposito, che i rossoneri, scesi domenica a Firenze, sono riusciti a chiudere alla pari, segnando per primi, con una Fiorentina nelle file della quale facevano il loro rientro elementi del valore di Chiappella e di Montuori. Va considerata però come ancora sempre in lotta per il primato, questa Fiorentina che non segue il Milan che a una lunghezza e che domenica prossima va nella capitale in visita alla Lazio. Chi è decaduta alquanto dalla posizione di privilegio ohe occupava, è la Sampdoria. A Roma, proprio contro la Lazio testé menzionata, essa ha perso — pur avendo segnato anch'essa per la prima — per tre reti a una.. La Sampdoria sarebbe una bella squadra se si potesse presentare al completo di tutti i suoi uomini. Tartassata e perseguitata dagli infortuni la squadra non potrà forse tornare a dire a voce alta la parola che può dire che nel prossimo gennaio, dopo l'incontro internazionale degli azzurri con,gli elvetici. Per intanto, ancora una volta la grande maggioranza degli incontri disputati domenica sono terminati alla pari: tre nulli per 0 a 0 e tre altri in eguaglianza di punteggio. per 1 a 1. Gli attaccanti non hanno brillato di luce viva nemmeno questa volta: sedici palloni in rete essi hanno spedito complessivamente, di cui uno su calcio di rigore. Di essi, ben sei sono partiti dal piede di attaccanti di scuola o di nascita non italiana. La prolificità continua a far difetto fra gli avanti, dei quali una necessità cosi impellente è sentita dalla squadra nazionale. Intanto, il balzo in avanti compiuto dal Napoli ai danni della. Juventus, ha ravvivato l'interesse anche in fondo alla classifica. Qui, proprio in fondo, e tutto solo, continua a starsene il Genoa, che in casa propria non ha potuto questa volta far di meglio che chiudere in parità per 1-1 con l'Atalantà di Bergamo. Un movimento uniforme, tutto di risultati pari, stato realizzato nelle sei posizioni della classifica che sovrastano il povero undici ligure. Tre essendo le squadre che dovranno scendere di categoria al termine della stagione, la lotta sarà dura da questo momento in avanti. E' facile prevederlo. Incontri in programma per domenica prossima — quando tornerà in Uzza anche l'intera serie B che questa volta non ha visto che l'anticipo d'una gara sola vinta dal Catania, il quale balza così al primo posto — incontri che contano agli scopi finali di cui si è detto, saranno il Bari-Udinese ed il Padova-Genoa. Bisognerà rifornire per forza su questo doloroso capitolo del campionato nostro. (La Stampa, 08/12/1959, Vittorio Pozzo)