L’Alessandria, secondo me

martedì, 21 Novembre 2017

Il corsivo di Mario Bocchio

 

Via il tecnico Stellini. Via il diesse Sensibile.  

Non appartengo a quelli che attorno ai Grigi da sempre creano pressione distruttiva. Alessandria è una piazza difficile, dove sono in tanti, dall’alto di una fastidiosa saccenza, ad ergersi ad allenatori se non addirittura a presidenti. Tanta, troppa ignoranza, troppa malafede. Al “Moccagatta” ebbi modo addirittura di sentire urlare con cattiveria a Enzo Contratto, Rocco Pagano e a Massimo Carrera di cambiare mestiere, oppure  apostrofare con il “gentile” appellativo di puttana Paolino Scarrone. Al “Moccagatta” ho toccato con mano come si sia potuto far stancare i fratelli Calleri, che poi, imbottiti di soldi e di progetti ambiziosi, andarono a Roma a salvare la Lazio, ricostruirla  e consegnarla a Cragnotti che poi vinse lo scudetto.

Non appartengo neppure a quella frangia della stampa che quasi prova un piacere orgasmico a trovare il pelo nell’uovo quando le cose vanno bene, per poi imbastire feroci processi quando le cose vanno male. E godere. Mi sembra davvero il marito che si taglia le balle per fare dispetto alla moglie.

Tuttavia senza presunzioni, mi sono chiesto come deve sentirsi in questo momento il presidente Luca Di Masi e cosa farei io se fossi al suo posto. Che le sue squadre non abbiano fatto un buon lavoro lo dicono i risultati. Sicuramente sceglierei un nuovo allenatore intelligente e umile. Non un rambo.

Se fossi il nuovo allenatore, oggi lascerei perdere tutte le tattiche. Punterei tutto sull’istinto più che su uno schema.  Sul dire “fregatevene di me, ma ne va del vostro orgoglio”. Forse gli sfruculierei la memoria. Gli direi di rimonte epocali e di diffidenze sportive. Gli racconterei di Spagna 1982, dove non ci davano una lira, oppure di rimonte spaventose. Liverpool-Milan da 0-3 a 3-3, oppure Bayern-Manchester United, 1-0 per i bavaresi fino allo scadere e poi assalto disperato. L’incisore della coppa stava già scrivendo il nome, mentre il Manchester in due minuti di follia ribaltò tutto. Gli racconterei la storia dell’incredibile vittoria del Barcellona sul Psg  per 6 a 1, oppure dei miracoli cercati e trovati dal Real Madrid, su tutti la rimonta più clamorosa contro il Borussia Mönchengladbach. Dopo aver perso per 5-1 in Germania, il Real trionfa per 4-0 in casa e si qualifica. Tutto va valutato ovviamente con le dovute differenze. Ma la regola del calcio vale per la Coppa dei Campioni come per la Serie C.

Perché il primo viatico di farcela è giocarsela senza nulla da perdere. Il secondo è che il dio Culo, dia una mano. Anche piccola. Rimbalzo fasullo, scivolone del difensore. Cose così.

E poi, se fossi lui, non direi più nulla di mio. Farei trovare negli spogliatoi un proiettore. Dove un mostro di recitazione e bravura come Al Pacino, si trova nella stessa situazione in cui è il nuovo allenatore dei Grigi. Il film è “Ogni maledetta domenica”.

Calerebbe il buio e poi i primi fotogrammi: “non so cosa dirvi davvero non so cosa dirvi davvero

tre minuti alla nostra più difficile sfida professionale

tutto si decide oggi

ora noi…

o risorgiamo come squadra

o cederemo un centimetro alla volta

uno schema dopo l’altro fino alla disfatta

siamo all’inferno adesso signori miei

credetemi…

e possiamo rimanerci farci prendere a schiaffi

oppure aprirci la strada lottando verso la luce

possiamo scalare le pareti dell’inferno

un centimetro alla volta…”.

E così via.

 

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